Autore: Redazione
20/02/2023

Tavolo Editori Radio: apertura al confronto con il mercato per l’evoluzione della ricerca sugli ascolti

Parla il presidente Federico Silvestri: «CdA compatto sull’attuale impianto che abbiamo confermato all’unanimità per il 2023; siamo costantemente alla ricerca di potenziali miglioramenti all’insegna dell’evoluzione, lavorando per evitare strappi»

Tavolo Editori Radio: apertura al confronto con il mercato per l’evoluzione della ricerca sugli ascolti

Federico Silvestri, presidente di TER e direttore generale media e business del Gruppo 24 ORE

Negli ultimi tre anni, la radio ha subìto una serie di cambiamenti che non hanno eguali nel mercato dei media, cambiamenti sostenuti all’accelerazione tecnologica che hanno restituito, in questa nuova era post pandemica, un mezzo rinnovato sul fronte della fruizione. Dall’auto all’apparecchio radiofonico, passando per lo streaming su computer o su app e dalla televisione, e per l’on demand dei podcast, i punti di contatto sono moltiplicati e si fa strada l’idea che tutto debba essere in qualche modo misurato per fornire un quadro davvero accurato dell’ascolto. Nel tempo, questa idea ha prodotto qualche rilievo critico nei confronti della ricerca sugli ascolti RadioTER, realizzata da Tavolo Editori Radio (TER), ritenuta da alcuni non completamente adeguata a rappresentare questo mondo cambiato: critiche compensate dalla convinzione, condivisa da tutti gli editori soci, che questa ricerca sia, comunque, con i suoi pregi e i suoi difetti, l’unica ‘moneta corrente’ valida per il mercato. Tanto è vero che anche nel 2022 il mercato pubblicitario radiofonico chiude con un segno positivo e che per il 2023 ne è stato confermato l’impianto, con metodologia CATI, condotto da GfK, Ipsos e Doxa.

UPA e UNA più vicine

Resta sul piatto, in ogni caso, il tema della ‘total audience’ che pervade un po’ tutto il settore delle ‘audi’, ovvero le ricerche prodotte dalle cosiddette JIC, Joint Industry Committee, di cui fanno parte esponenti di tutti gli operatori del mercato. Ma TER è una MOC, una Media Owner Contract nata per iniziativa degli editori radiofonici e solo da questi partecipata, accettata dal mercato degli investitori, e validata dall’Authority per le comunicazioni. A sette anni dalla sua costituzione, la società infatti è nata nel 2016, è probabilmente arrivato il tempo di riavvicinarsi alle componenti che istituzionalmente rappresentano il mercato, e infatti il convegno RadioPlus del 12 e 13 aprile prossimi, evento che raccoglie l’eredità di Radiocompass organizzato da FCP con Mindshare e per la prima volta con la collaborazione di TER, vede un’ulteriore novità nella partecipazione di UPA e di UNA.

L’evoluzione di TER

«E’ un momento importante e delicato» commenta Federico Silvestri, presidente di TER e direttore generale media e business del Gruppo 24 ORE. «La radio in questi ultimi anni è il mezzo che è cambiato più di tutti, si è riconfigurato con una accelerazione straordinaria che è avvenuta nel periodo pandemico: un trend che stavamo osservando ma che nel giro di un paio d’anni pare aver velocizzato il cambiamento dei consumi e delle abitudini degli utenti che, stando a casa a lungo, si sono abituati più rapidamente a una fruizione multidevice, che ora avviene attraverso svariati punti di ingresso come tv, cellulare, tablet, desktop e che si affianca a quella tradizionale, ovvero in mobilità (sull’auto, ndr) e tramite apparecchio radiofonico. A tutto questo poi si aggiungono i podcast, ovvero la nuova modalità di fruizione non lineare». Con Silvestri abbiamo parlato di come TER stia affrontando questi cambiamenti.

In che modo questa trasformazione influisce sulla misurazione degli ascolti?

Oggi il mezzo radio va osservato in maniera diversa. Il nostro compito è fare in modo che la ricerca sia il più possibile adeguata alle attuali modalità di fruizione del mezzo, in un’ottica di evoluzione e continuo adattamento, rispetto al quale TER è sempre attiva; tenendo sempre presente, però, che è necessario procedere con cautela, evitando fughe in avanti che potrebbero creare problemi nella rilevazione. Per esempio, dopo il fenomeno pandemico che ha temporaneamente spostato gli equilibri in termini di abitudini di fruizione, ora si è tornati ad ascoltare la radio prevalentemente attraverso apparecchi tradizionali e in auto; il cambiamento in parte rimane con il fenomeno della fruizione attraverso le diverse e nuove modalità tenendo presente che, però, al momento queste ultime non rappresentano le abitudini di consumo prevalenti.

La ricerca è in grado di fotografare correttamente l’ascolto in Italia?

Con i suoi pregi e i suoi difetti, non c’è dubbio che l’attuale metodologia sia la migliore possibile, al momento, anche perché va considerato che l’emissione avviene ancora prevalentemente in modulazione di frequenza, cioè in FM. Il DAB ha fatto passi in avanti ma il percorso è ancora lungo. Non mi pare che sia ancora matura la possibilità di un eventuale switch off (da modulazione di frequenza a digitale, ipotesi che non piace a Confindustria RadioTv, ndr) perché ora, tra le altre cose, potrebbe creare problemi di rilevazione, in primo luogo a causa della copertura della rete che è ancora incompleta; e, in secondo, a causa del processo di ricambio del parco auto italiano che è ancora lontano dall’essere prevalentemente costituito da auto munite della tecnologia digitale. Allo stesso tempo, come dicevo prima, stiamo lavorando a una possibile evoluzione di RadioTER orientata a monitorare tutte le possibili integrazioni, compresa la misurazione digitale, proprio per poter fotografare fenomeni non prevalenti ma che, tuttavia, esistono.

Come vi state muovendo per effettuare le eventuali integrazioni?

Vanno fatti approfondimenti metodologici e test accurati e anche in questo percorso è auspicabile confrontarsi con il mercato, infatti è nostra intenzione tenere vivo il dialogo con UPA e UNA. Ovviamente il compito di TER non è solo quello di lavorare per migliorare l’indagine, ma anche quello di fare in modo che qualsiasi cambiamento faccia salvo il principio di misurabilità e accessibilità all’indagine di tutti i soggetti rilevanti.

A questo proposito, è in atto un avvicinamento tra TER e le associazioni che rappresentano investitori e operatori della comunicazione; state aprendo la strada per la costituzione di una JIC?

Direi che la fase di avvicinamento è superata, oggi è già in corso un dialogo positivo, ma negli ultimi mesi come sappiamo UPA è stata impegnata su molti tavoli che peraltro hanno portato a cambiamenti importanti come ad esempio Audicom. Pensiamo quindi che ora ci possano essere contatti più intensi e frequenti per confermare l’avvio di un percorso che possa portare a un confronto teso al miglioramento dell’indagine con un contributo del mercato. Rispetto all’ipotesi JIC, sicuramente TER non ha una posizione di chiusura né alcun pregiudizio. Ma per arrivare alla costituzione di una JIC va verificata la disponibilità di tutte le parti in causa e trovato l’equilibrio adeguato in termini di governance che rappresenti adeguatamente anche le diverse componenti del comparto come oggi nel MOC costituito da TER. La costituzione in JIC è percorribile nella misura in cui si riesca trovare la migliore configurazione per garantire questo equilibrio a cui auspicabilmente si devono aggiungere le istituzioni che rappresentano il mercato.

Tornando a RadioTER: rientrata la polemica sulla metodologia di qualche tempo fa, alcuni editori sembrerebbero aver attivato iniziative parallele con l’obiettivo di integrare i dati sulle audience. Come si deve leggere questo segnale?

Voglio chiarire un punto: all’interno di TER non esiste nessuna divisione tra le sue componenti, siamo compatti e l’intento univoco è produrre l’indagine più efficace per fotografare gli effettivi trend della radiofonia italiana. tanto è vero che l’indagine 2023, partita da qualche settimana, è stata varata all’unanimità da consiglio di amministrazione e assemblea. Poi, è nell’ordine naturale delle cose che possa capitare che qualcuno faccia marketing o parli a titolo personale e faccia delle riflessioni a ‘voce alta’ anche se sarebbe auspicabile che le dichiarazioni fossero sempre misurate e che le riflessioni rimanessero all’interno del consiglio di TER, che è e rimane la sede più opportuna per il confronto.

Nell’ottica di miglioramento di cui parlava, in che direzione si sta muovendo il comitato tecnico?

Come detto il CdA è costantemente attivo nel monitoraggio dell’indagine e di possibili sue evoluzioni, il comitato tecnico è un validissimo supporto che, grazie ai professionisti che ne fanno parte, ha la competenza per supportare il CdA nelle analisi.Nel 2022, per esempio, abbiamo attivato una serie di gruppi di lavoro dedicati per esaminare diverse ipotesi metodologiche e tecnologiche. Questi tavoli coinvolgono CdA e comitato tecnico ma anche istituti di ricerca, se necessario. Ovviamente, analizzare la situazione non vuol dire che ogni volta si arrivi a un cambiamento anche se pochi, ad esempio, si ricordano di sottolineare come la stessa CATI nel tempo si sia evoluta e adeguata anche attraverso cambiamenti molto rilevanti; in sintesi quindi è importante che sia chiaro che TER non è immobile rispetto ai nuovi scenari, anzi semmai il contrario. Le critiche, interne o esterne che siano, sono sempre un contributo costruttivo, purché siano accompagnate da dati oggettivi, osservazioni scientifiche e auspicabilmente proposte attuabili e garantiste. Le critiche filosofiche, di principio o generiche purtroppo non aiutano l’indagine a migliorare.

Infatti, quest’anno è stato confermato l’attuale impianto di ricerca, basato sulla metodologia CATI

Si, riteniamo che attualmente sia il miglior impianto possibile. Come ho detto, recentemente è stato migliorato: abbiamo affinato il campione, effettuato un bilanciamento tra telefonia fissa e mobile, integrato il questionario. Un lavoro profondo che ci ha consentito di fare un passo in avanti in termini di accuratezza dell’indagine. Ma nell’introdurre cambiamenti dobbiamo tenere conto, soprattutto, che TER produce l’unica indagine ufficiale per una industry che vale circa 400 milioni di euro, intorno a cui gravitano e si sostengono numerose imprese, molti lavoratori e tantissime famiglie. Quindi non dobbiamo e non vogliamo fare rivoluzioni a prescindere o incontrollate, ma favoriamo l’evoluzione della ricerca. Nel frattempo, e anche questo credo sia un bel segnale, stiamo studiando la possibilità di realizzare una nuova ricerca di base da mettere a disposizione del mercato, cosa che potrebbe avvenire prossimamente.

Da qualche settimana, il MIMIT ha aperto un tavolo dedicato allo sviluppo della radiofonia in Italia. Qual è la posizione di TER in proposito?

Non è un ambito che abbraccia direttamente la mission di TER, anche se auspichiamo il confronto con gli operatori. Ovviamente osserviamo il lavoro del tavolo e, se utile, siamo pronti a contribuire, sperando si possano fare passi in avanti sui temi più rilevanti come l’adozione di una normativa puntuale e garantista per chi da anni opera e ha investito ingenti risorse, e il completamento della rete DAB, che è essenziale ma che pare un punto di atterraggio ancora molto lontano. A valle di questi poi ci sono anche altri punti molto rilevanti come quello degli apparecchi di ricezione e dunque del monitoraggio dell’aggiornamento del parco auto italiano data la prevalenza dell’ascolto in mobilità e lo status quo della trasmissione in FM con la questione legata agli equilibri trasmissivi con gli Stati confinanti, rispetto a cui l’attuale assetto deve essere auspicabilmente conservato.