Il search evolve: ecco le sfide per Google
Un articolo di Search Engine Land esamina i fronti caldi per l'azienda: la sfida non è solo con Bing ma coinvolge anche Amazon, Apple, Facebook e le app di messaggistica
In Italia il search advertising è valso nel 2015 il 33% del mercato digitale, circa 700 milioni di euro (fonte PoliMi). In questo contesto non è un mistero che il monopolio del settore sia in mano a Google, con le revenue del gigante stimabili attorno a 1 miliardo di euro solo nel nostro Paese. In Usa la situazione è un po’ diversa: Big G ha in mano il 63,8% del mercato mentre Bing, considerando anche l’apporto di Yahoo, ha il 33,5%. Una percentuale che fa del motore di ricerca Microsoft un competitor reale. In altre zone del mondo, invece, è sempre il colosso di Mountain View a farla da padrone, a parte in Cina (Baidu), Russia (Yandex), Korea (Naver) e Repubblica Ceca (Seznam). Ma le minacce allo strapotere search di Google arrivano da più fronti, come ben evidenzia un interessante articolo di Eric Enge su Search Engine Land.
Fonte: Search Engine LandSearch, verso la contaminazione di tutti gli ambiti quotidiani
Prima di passare ad analizzare i competitor, attuali e soprattutto potenziali, Enge si è chiesto come le persone intendono Google. Per il columnist la gran parte di noi vede Big G come un “search engine” in cui inserire una query all’interno di un box dedicato. Una visione un po’ riduttiva se si tiene conto delle ultime evoluzioni, come per esempio l’introduzione dei comandi vocali, ma sempre efficace. “La mission di Google è organizzare le informazioni a livello mondiale e renderle universalmente accessibili e utili”, si legge nella pagina di presentazione dell’azienda. Un’asserzione che suggerisce come la società rivendichi una dignità più ampia rispetto alla sola funzione di ricerca. A tal proposito, Enge cita il suo continuo scambio di opinioni con Stefan Weitz, senior strategy director di Bing, per cui le funzionalità di ricerca sono destinate ad abbracciare qualsiasi ambito di applicazione, arrivando a essere distribuite ovunque e a riempire la nostra quotidianità. In ogni caso è l’utente a determinare le scelte dei motori di ricerca e lo user di oggi vuole poter accedere alle informazioni nel modo più veloce, semplice e vario.
Amazon
Sicuramente non tutti pensano ad Amazon come diretto concorrente di Google, cosa che invece il motore di ricerca giustamente fa. Parlando a Berlino nel 2014, Eric Schmidt ha detto: “Molte persone credono che i nostri main competitor siano Bing o Yahoo. In realtà, il nostro più grande avversario nel campo search è Amazon”. L’area in cui i due giganti si scontrano, infatti, è quella della ricerca di prodotto e in questo senso Big G ha di recente varato importanti novità proprio in logica anti-Amazon. Secondo Forrester, un terzo degli utenti web comincia la ricerca prodotti sull’ecommerce, un valore di gran lunga superiore al 13% di un normale motore. Per comScore, poi, le ricerche di prodotto su Amazon sono incrementate del 73% l’anno scorso mentre per Big G l’andamento è stato flat. In sintesi, quando si parla di “ricerca di prodotto”, per una volta Google non si trova in una posizione di predominio.
Apple
Nonostante Google versi ad Apple 1 miliardo di dollari all’anno per essere il motore di ricerca predefinito su Safari, la Mela Morsicata si contende la leadership di company con maggior capitalizzazione con Alphabet, la holding che controlla Google. Uno status symbol che ha anche risvolti concreti: nel Q4 del 2015 la quota di Android è stata superiore all’80% mentre Apple è seconda, lontanissima, al 17,7% (fonte Gartner). Una situazione apparentemente tranquilla, con Cupertino in difficoltà in Cina. Ma la grande capacità d’innovazione della società guidata da Tim Cook può riservare sorprese interessanti. Inoltre, da quando Apple ha cominciato ad accettare applicazioni di ad blocking su iOS 9, DoubleClick for Publishers e DoubleClick Ad Exchange hanno subito danni in termini di mancate revenue. Il rischio è che prodotti come Apple News e Instant Articles, non soggetti per ora al blocco della pubblicità, possano attrarre editori e pubblico, a discapito di Google.
Facebook è visto da più parti come il principale competitor di Google, soprattutto da una prospettiva mobile. Se si prende in esame la quota pubblicitaria mobile, Google assorbe il 33% degli investimenti su smartphone e tablet, Facebook si ferma al 19%. Si tratta di percentuali che dovrebbero far dormire sogni tranquilli a Google ma analizzando con attenzione il tema del referral sui siti di news, cioè il processo di guidare traffico su un portale, la palma d’oro va a Facebook. Un altro punto caldo è quello relativo alle applicazioni. Secondo comScore, in Italia il mercato delle app è molto concentrato mentre negli Usa gli utenti spendono circa la metà del loro tempo digital in-app (44%). Questa è una importante indicazione di come il web si stia trasformando e l’ambiente delle app, in grado di offrire una esperienza migliore, stia crescendo forte. In quest’ambito sia Facebook sia Google sono leader indiscussi con ben 8 applicazioni nella top 10 delle piattaforme più usate a luglio in America (comScore, luglio 2015). Un campo in cui Google sembra però essere sfavorito è quello delle app di messaggistica dove Facebook fa la voce grossa: WhatsApp ha 1 miliardo di utenti e Messenger ha superato i 900 milioni. Per Enge, il tema del confronto con le app di messaggistica merita un capitolo a parte.
App di messaggistica
È risaputo che amici e familiari influenzano in modo importante le scelte di acquisto, un fattore importante e collegato alla fisionomia stessa delle app di messaggistica. Secondo Pew Internet, infatti, la messaggistica è l’attività più frequente su smartphone, con il 97% degli americani che compie azioni di questo tipo ogni giorno. Per Portio Research, solo quest’anno, nel mondo, le persone invieranno 8,3 trilioni di messaggi, cui 23 miliardi al giorno e 16 milioni al minuto. Per Connect Mogul il tempo medio di risposta per persona è di 90 secondi, molto meno dei 90 minuti di una email. Il 90% dei messaggi di testo è letto entro tre minuti dalla consegna. Insomma, sottolinea Enge, il rischio è che tra i competitor di Google possano esserci amici e familiari, perché il passaparola è la forma di comunicazione più longeva del mondo.
La competizione e il suo impatto
Google rimane il motore di ricerca leader a livello globale e lo sarà per molto altro tempo ma non è questo l’ambito di sfida principale nonostante la gran parte delle entrate di Big G avvenga dalla voce “search”. Insomma, non è più solo questione di SERP e di competizione con Bing, ci sono moltissimi altri luoghi in cui Big G deve farsi trovare. Cosa significa tutto ciò per i marketer? Il Seo rimane una via importante per attrarre traffico ma per Enge ci sono cinque fattori da non tralasciare.
- Amazon Seo: ideare una strategia volta a rafforzare il proprio business e le vendite su Amazon
- Native Advertising: se gli ad blocker minacciano il web, il native advertising è la soluzione migliorare per entrare in contatto diretto con i consumatori
- Facebook Advertising: Facebook è sempre più grande e lo stesso vale per le sue app controllate. Inoltre le capacità di targeting del social sono davvero avanzate
- App: se il 44% del tempo speso su internet avviene su digitale, significa che diversi consumatori sono presenti in questi ambienti. Le aziende devono pensare a sviluppare la propria app e a essere presenti in piattaforme terze
- Branding: Se il passaparola è un veicolo di comunicazione formidabile, bisogna fare continuamente branding e avviare conversazioni in modo spontaneo.