La scommessa sui dati di Sadoun porta Publicis, che ha quasi triplicato il valore di mercato a 21,6 miliardi di euro, alla leadership
L’A.D. e Presidente del Gruppo francese parla con The Times di digitale e AI, e del suo rivale britannico WPP in difficoltà
Arthur Sadoun
Arthur Sadoun, sotto forte pressione, presentò la sua proposta di investire miliardi per sopravvivere alla rivoluzione digitale che stava travolgendo l’intero settore pubblicitario. I dirigenti approvarono senza esitazioni. Nello stesso anno WPP cedette la quota di maggioranza di Kantar, una delle sue principali risorse di dati. Sadoun sottolinea in una lunga intervista al Times la differenza strategica: mentre WPP rinunciava a un asset cruciale, Publicis decise di acquisirne uno di grande potenza. Da quasi un decennio alla guida del gruppo, il manager francese rivendica così una scelta che ha segnato la traiettoria dell’azienda. A sei anni dall’acquisizione da 4,4 miliardi di dollari di Epsilon, la più grande acquisizione di Publicis fino ad oggi, e i cui set di dati permettono al gruppo di indirizzare con precisione gli annunci ai singoli individui, il valore di mercato di Publicis - quotata alla Borsa di Parigi - è quasi triplicato, raggiungendo i 21,6 miliardi di euro. Il colosso francese ha superato WPP sia per fatturato sia per valutazione, conquistando clienti di alto profilo dal rivale londinese, recentemente retrocesso dal FTSE 100. I confronti sono inevitabili. Arthur Sadoun fu nominato un anno prima di Mark Read, fino a poco tempo fa suo equivalente a WPP. Nel 2017 entrambi hanno raccolto l’eredità di leader storici che, per oltre trent’anni, avevano costruito i rispettivi imperi pubblicitari con accordi commerciali tenaci.
La strategia divergente
Tuttavia Sadoun, 54 anni, ha scelto una rotta diversa rispetto al suo rivale d’oltremanica. Invece di ridurre la struttura e restituire capitale agli azionisti tramite riacquisti, ha puntato su massicci investimenti in dati e tecnologia, convinto che fossero la chiave della crescita. Una scommessa che si è rivelata lungimirante. Fu un approccio accolto con scetticismo dal mercato, aggravato da due avvertimenti sulla crescita organica dei ricavi - un indicatore molto seguito nel settore - nel 2019. “All’epoca eravamo pesantemente penalizzati dal mercato finanziario, massacrati dalla stampa - soprattutto quella britannica - e derisi dai concorrenti in modo esplicito e spesso molto duro”, ricorda Sadoun. A ottobre il gruppo ha rivisto al rialzo, per la seconda volta nell’anno, le previsioni di crescita del fatturato, portandole tra il 5 e il 5,5%. A trainare i risultati sono state alcune acquisizioni di rilievo, tra cui un contratto globale di pianificazione e acquisto di spazi pubblicitari con Mars e un accordo analogo con Coca-Cola in Nord America, entrambi sottratti a WPP. “La stampa ama parlare di nuove attività. Alcuni dei nostri concorrenti amano fare molto rumore intorno alle nuove attività. Noi no”, afferma Sadoun, pur sottolineando con orgoglio un tasso di fidelizzazione del 98%.
La successione storica
Sadoun è soltanto il terzo amministratore delegato nella storia di Publicis. Ha preso il posto di Maurice Lévy nel 2017, dopo un decennio di incarichi dirigenziali che lui stesso definisce con ironia “un colloquio lungo dieci anni”. Il tema della successione lo porta a tracciare un’altra distinzione tra Publicis e WPP, ricordando le improvvise dimissioni nel 2018 di Martin Sorrell, fondatore e amministratore delegato di WPP. “L’improvvisa partenza di Martin Sorrell ha danneggiato molto WPP. Penso sia stato un grave errore. Martin, come Maurice, ha costruito WPP e credo che il consiglio di amministrazione avrebbe potuto essere più rispettoso e meno brutale in quel momento”. Per il settore, aggiunge, è un problema avere “una WPP ferita”, che ha affidato a Cindy Rose, ex dirigente di Microsoft, il compito di rilanciare le fortune del gruppo. Cosa farebbe al posto di Rose? “Mi concentrerei sul tornare a gennaio con un piano rivoluzionario, perché un cambiamento graduale non sarebbe sufficiente. E so che lei lo sa”, afferma. Da evidenziare che nelle settimane scorse Omnicom ha completato l’acquisizione da 13 miliardi di dollari di Interpublic, rivale americano, facendo scivolare Publicis al secondo posto per fatturato. Sadoun appare imperturbabile. “Abbiamo sempre avuto una mentalità da sfidanti, forse perché siamo nati in Francia, che non è certo il posto ideale per il nostro settore se si pensa a dove vengono spesi i soldi”. La sua passione per gli affari resta intatta, soprattutto nei campi dei dati, della tecnologia e dell’intelligenza artificiale. Esclude qualsiasi interesse per WPP, così come per il ramo internazionale di Dentsu, la società giapponese che secondo indiscrezioni potrebbe essere messa in vendita. A suo avviso, il vero concorrente è Accenture, colosso dei servizi professionali da 169 miliardi di dollari, perché la “trasformazione del marketing” sta diventando sempre più cruciale. Negli ultimi dieci anni, l’azienda con sede a Dublino è stata più volte indicata come potenziale acquirente di holding pubblicitarie, tra cui WPP e Dentsu International. Sadoun ritiene però che il divario di valutazione tra Accenture e le holding sia tale da risultare inaccettabile per gli investitori. “Sarebbe impossibile per il mercato finanziario comprendere una cosa del genere. Quindi non credo che accadrà mai”.
Guardare oltre
Publicis non è rimasta immune alla turbolenza che ha colpito il mercato pubblicitario quest’anno. Le sue azioni hanno perso il 18% dall’inizio dell’anno, appesantite dai timori di un calo della spesa dei grandi marchi per effetto della recessione macroeconomica e dalle incertezze legate al boom dell’intelligenza artificiale. Sadoun è consapevole della pressione, ma invita a guardare oltre: “So anche come mettere il prezzo delle azioni nella giusta prospettiva”, osserva. L’ascesa dell’AI ha sollevato interrogativi sul futuro del settore, con la possibilità di svolgere alcune attività in modo più rapido ed economico. Secondo lui, i marchi stanno riducendo i budget di marketing, ma proprio per questo le agenzie con i dati giusti hanno l’opportunità di guidarli su dove investire e dove tagliare. Alcuni posti di lavoro scompariranno, altri nasceranno. “È semplicemente progresso. È sempre stato così con ogni innovazione”, afferma, ricordando però che il personale di Publicis è cresciuto da 70.000 a 110.000 dipendenti da quando è alla guida. E ammette: “Nel nostro settore è in atto una nuova rivoluzione. Guardando le cose da questa prospettiva, ci si rende conto che c’è ancora molto da fare e che il mio lavoro non è affatto finito”.