Autore: Redazione
19/06/2018

Brief dell’intelligenza artificiale: «Indicazioni chiare servono a rendere più produttivi i creativi»

Quando è un umano a scrivere le linee guida che un brand invia alla sua agenzia di comunicazione, il documento è meno chiaro e più scarso di suggerimenti. Secondo Alicia Hatch di Deloitte Digital e Anthony Reeves di Amazon, le macchine sono già capaci di fare un lavoro migliore delle persone

Brief dell’intelligenza artificiale: «Indicazioni chiare servono a rendere più produttivi i creativi»

dai nostri inviati a CANNES, Anna Maria Ciardullo Francesco Lattanzio

Il processo creativo di un’agenzia inizia con l’account che arriva in un’agenzia creativa con il brief di un cliente. Ma all’interno di questo documento sono contenute già le prime tracce di creatività, le linee guida a cui il team deve attenersi per non disperdere le proprie energie sviluppando idee lontane dai valori del brand di cui prenderanno in carico il progetto. Costruire un brief non è facile: dev’essere chiaro, di immediata comprensione, ma deve anche ispirare i creativi portandoli nella giusta direzione. «Il brief creativo è il punto di lancio di idee e concetti ma a volte viene costruito in modo sbagliato - spiega Alicia Hatch, Cmo di Deloitte Digital -. È il momento di ristrutturare il formato dei brief attraverso l’AI».

Brief creativi: AI vs. tradizione

L’affidabilità di macchine e algoritmi cresce con il passare dei giorni, al punto che già si scorge il momento in cui la traccia creativa di un brand sarà affidata all’intelligenza artificiale. Un paragone diretto tra un brief “tradizionale” e uno prodotto da un algoritmo non è mai stato fatto, ma sono stati testati i risultati provenienti da entrambe le modalità di stesura del documento in campagne diverse. «La tecnologia ha guidato a risultati molto alti - sottolinea Anthony Reeves, global executive creative director di Amazon -. Il processo creativo è imprevedibile, ma si riassume nel collegare elementi inaspettati. L’AI segue dei pattern, ed è capace di prevedere e suggerire modelli comportamentali a chi poi dovrà sviluppare un’idea di comunicazione». continua. «Le idee creative partono da una scintilla - che l’artificial intelligence non è ancora in grado di provocare - e si agganciano a un’execution, a cui gli algoritmi forniscono un forte supporto. I brief però dovrebbero essere “basati su verità oggettive, in questo modo hanno chance più alte di guidare emotivamente lo sviluppo della creatività», commenta.

Una prova pratica

Amazon ha sviluppato due brief, uno nella maniera tradizionale e uno attraverso algoritmi, e li ha inseriti sulla piattaforma di Deloitte Digital. «Oltre alle indicazioni classiche su target audience, single minded proposition e metriche chiave, il brief tecnologico è stato in grado di fornire informazioni sul customer intent, sulla customer voice, sulle abitudini di ricerca e su ciò che vorrebbero sentire dal brand», spiega ancora Reeves. Quando un brief non è immediatamente chiaro, tra i creativi si sviluppa un’area di scetticismo che si riflette negativamente sulla creatività stessa. Gli algoritmi permettono di rimuovere una porzione significativa di scetticismo, potenziare lo storytelling offrendo idee diverse e in maggiore quantità e accelera la velocità di esplorazione dei concetti. Vantaggi evidenti: insight più approfonditi e un carico di frustrazione minore, alleggeriscono i creativi di un lavoro di deduzione (delicato quanto deviante) risparmiandone energie preziose per il lavoro più umano, ovvero far “scoccare la scintilla”. È proprio questo che si chiede - sempre più spesso e con più vigore - alla tecnologia, svolgere il lavoro sporco per lasciare agli esseri umani i compiti che ne sono propri: usare la fantasia.