Autore: Redazione
04/09/2025

Videogiochi a 219 miliardi di dollari. Oltre il gioco, potere ai gamer: creatività, community e business

Dopo il boom avvenuto in epoca pandemica, le piattaforme crescono a doppia cifra, mentre le realtà tradizionali arrancano; i prodotti odierni non sono più solo intrattenimento, gli utenti cercano veri e propri spazi di creatività, socializzazione e narrazione. Lo studio di Bain & Company

Videogiochi a 219 miliardi di dollari. Oltre il gioco, potere ai gamer: creatività, community e business

Mauro Colopi

Il mercato dei videogiochi ha registrato un incremento del 5% lo scorso anno e ha raggiunto 219 miliardi di dollari di ricavi. Le previsioni indicano una crescita media annua del 4% fino al 2028, senza considerare hardware, pubblicità ed e-sport. Come evidenziato nella nuova ricerca di Bain & Company, la quarta annuale sul settore, lo studio ha analizzato preferenze, motivazioni e abitudini di spesa dei giocatori, aspetti che comportano diverse implicazioni per le aziende lungo l’intera catena del valore. L’indagine ha coinvolto oltre 5.000 consumatori in sei Paesi: Stati Uniti, Brasile, Indonesia, Giappone, Regno Unito ed Emirati Arabi Uniti. “Il mercato dei videogiochi - spiega Mauro Colopi, partner e responsabile italiano telecommunications, media & technology di Bain & Company - si concentra sempre di più nelle mani di pochi titoli già affermati. I giochi che hanno avuto successo negli anni passati continuano a dominare. Oggi, i primi 10 giochi di ogni piattaforma arrivano a rappresentare più della metà di tutti i ricavi generati su quella piattaforma e più del 70% della polarizzazione delle preferenze delle fasce più giovani della popolazione (tra i 2 e 17 anni)”. I videogiochi di oggi non sono più solo intrattenimento: sono veri e propri spazi di creatività, socializzazione e narrazione. I titoli che sapranno abbracciare un ruolo più ampio guideranno la prossima era del gaming; chi non lo farà, resterà indietro”. Per chi ha meno di 18 anni, infatti, i videogiochi non sono solo un passatempo: sono il principale mezzo di intrattenimento, più importante della tv, dello streaming o dei social. A differenza degli adulti, i ragazzi vivono costantemente connessi e tendono a condividere tutto con gli amici, il che fa sì che un titolo di successo diventi virale in fretta e si trasformi quasi in una moda di gruppo. Il risultato? I gusti dei più giovani sono molto più concentrati su pochi grandi titoli rispetto alle altre fasce d’età. In particolare, chi ha tra i 2 e i 17 anni ha circa il 20% di probabilità in più, rispetto ai gamer over 35, di giocare e preferire proprio quella manciata di videogiochi che spopolano tra i coetanei.

Le piattaforme crescono

Secondo un report di Bain, i giochi “piattaforma”, cioè quelli che offrono mondi vasti, spazi social e strumenti per i creator di contenuti, vivono una crescita a doppia cifra e attirano giocatori, sviluppatori e persino brand; si tratta di titoli che aumentano i loro utenti attivi del 10%-20% all’anno e diventano il nuovo “centro di gravità” dell’intero ecosistema videoludico. Al contrario, i grandi giochi AAA si trovano sempre più in difficoltà: i costi di sviluppo aumentano, i margini si riducono e la concorrenza si fa serrata. A prosperare sono invece gli sviluppatori indipendenti, più agili e senza il peso delle strutture tradizionali. Dal 2018 al 2024, i giochi PC creati dagli indie hanno registrato un tasso annuo di crescita composto del 22%, contro appena l’8% dei titoli AAA/AA. Oggi i contenuti generati dagli utenti (UGC) stanno diventando protagonisti in tutti i settori dei media, conquistando sempre più tempo e attenzione rispetto ai contenuti professionali. “I modelli di business basati sulle piattaforme stanno erodendo terreno alle realtà tradizionali, trasformando in profondità l’intero panorama dei media. E il gaming non fa eccezione. Quello che un tempo era un fenomeno di nicchia, appassionati che creavano fan art o modifiche ai giochi, oggi è diventato mainstream. Gli utenti non si limitano a giocare: sempre più spesso vogliono contribuire a creare nuovi contenuti e a plasmarne l’esperienza. Gli sviluppatori e produttori che valorizzeranno la creatività degli utenti, creeranno vere community e modificheranno la monetizzazione per venire incontro alle crescenti aspettative dei consumatori, guideranno l’industria nella sua prossima evoluzione”, sottolinea l’esperto. Dalla nostra ricerca emerge come lo scorso anno circa l’80% dei gamer abbia dichiarato di aver provato almeno un gioco con livelli, modalità o oggetti creati dai giocatori. E non solo: quasi la metà dei creatori ha detto di dedicare più tempo alla creazione rispetto all’anno scorso. Il dato è ancora più alto tra i più giovani, ma la crescita riguarda anche chi ha 35 anni e oltre.

Nuovi modi per monetizzare

La socialità è uno degli stimoli maggiori, poiché giocare con i propri amici risulta uno degli elementi principali che spinge i giovani ad interfacciarsi a questi videogiochi, così come avere la possibilità di modificare e personalizzare il mondo di gioco, come anche la presenza di un buon gameplay. Risulterebbe, dunque, che ad invogliare al gioco non sia tanto una grafica realistica o dettagliata, quanto un gameplay valido e accattivante. “In poche parole”, prosegue Colopi, “stiamo assistendo a una vera e propria rivoluzione creativa: i giocatori non sono più solo consumatori, ma sempre più protagonisti della produzione di contenuti”. I gamer giocano sempre di più, ma spendono sempre meno: è il grande paradosso dell’economia del gaming, che mette in difficoltà l’industria. Il prezzo dei videogiochi “tradizionali” è fermo da vent’anni: 60-70 dollari a titolo. In realtà, se si considera l’inflazione, oggi un gioco da 70 dollari costa ai giocatori circa il 30-40% in meno rispetto a una cartuccia degli anni 90. Allo stesso tempo, molti titoli sono diventati gratuiti (“free-to-play”), offrono centinaia di ore di contenuti senza alcun costo iniziale. A finanziare lo sviluppo è una minoranza di giocatori disposti a spendere di più per sbloccare contenuti o funzioni extra. Per compensare il tetto al prezzo di copertina, gli editori hanno introdotto gli acquisti in-game, ma il rischio è la reazione negativa della community. Alcuni sperimentano formule in abbonamento, ma resta da capire se i grandi titoli riusciranno davvero a fare il salto. In molti, nell’industria, aspettano il prossimo Grand Theft Auto per vedere se sarà l’occasione giusta per alzare il prezzo massimo, con beneficio per tutto il settore. Intanto, il mobile gaming ha trovato una via redditizia nella pubblicità, mentre sulle console e PC gli annunci non hanno ancora preso piede. E qui emerge un’altra contraddizione: i giocatori dichiarano di odiare la pubblicità perché rompe il ritmo di gioco, ma allo stesso tempo le pubblicità mirate portano ad acquisti sempre più frequenti. Nel nostro sondaggio 2025, il 64% dei giocatori ha detto che gli annunci interrompono l’esperienza di gioco (in crescita di 5 punti rispetto all’anno precedente). Ma nello stesso tempo, il 46% ammette di aver fatto acquisti in-game proprio grazie a quelle pubblicità, un aumento del 6% rispetto all’anno scorso. “I top manager del settore sanno che le regole del gioco sono cambiate: i vecchi fattori di successo non bastano più. Oggi gli utenti non vogliono soltanto giocare: vogliono anche contribuire a creare l’esperienza. Chi saprà dare spazio alla creatività degli utenti, costruire vere comunità e ripensare i modelli di monetizzazione per stare al passo con le nuove aspettative, guiderà l’industria verso la sua prossima era”, conclude Colopi.