Smart working, innovazione e natura umana: Mudra spiega cosa non ha funzionato
Incontro con la advisory company italiana che ridefinisce la consulenza strategica e pone al centro gli asset intangibili come leva fondamentale per la crescita aziendale; le parole della co-CEO e founder Carlotta Silvestrini

Carlotta Silvestrini
E all’improvviso… le nostre giornate cambiarono il loro aspetto tipico, classico: sveglia, colazione, frenesia, corsa verso l’ufficio, scrivanie e ore che trascorrono in attesa del tramonto che sancisce i risultati. L’ormai celeberrimo smart working ci ha messo poco a tramutarsi in qualcosa di naturale, quasi come bere un bicchiere d’acqua, come se ci fosse sempre stato. ‘Evviva!’ esclamarono in molti, eppure qualcosa non è andato per il verso giusto o, come si suol dire, non è tutto oro quel che luccica: a distanza di un lustro, analisi varie raccontano che la produttività non è aumentata, tutt’altro, e il numero di scontenti, anche quando non dichiarati, parrebbe in crescita. Ne parliamo con Carlotta Silvestrini, co-CEO di Mudra (ospite di DailyOnAir - The Sound Of Adv), advisory company italiana che ridefinisce la consulenza strategica e pone al centro gli asset intangibili come leva fondamentale per la crescita aziendale; la sua missione è cambiare il sistema economico, a partire dall’idea che “ciò che è invisibile conta davvero”.
Riannodiamo i fili: come è cambiato il mondo del lavoro con l’’istituzionalizzazione’ dello smart working?
«È cambiato radicalmente per non cambiare affatto. Abbiamo digitalizzato la disfunzionalità. Avevamo tutti una nostra routine e poi abbiamo capito che potevamo cambiare, un sogno di molti: lavorare da casa. Grande entusiasmo iniziale, ma la verità è un’altra, abbiamo creato un nuovo mondo che non è così compatibile con il lavoro e con l’esistenza umana in toto».
Su quali basi si poggiava, come si è evoluto e cosa è venuto a mancare?
«Abbiamo una realtà lavorativa in Italia da sempre basata sul concetto di tempo, sul divieto, sugli obblighi e cosa abbiamo fatto di punto in bianco? Abbiamo chiesto alle persone di comportarsi in maniera opposta dal giorno alla mattina e lì è nato il primo momento di frizione. Poi ci sono i problemi legati agli aspetti neurobiologici: abbiamo bisogno dell’aspetto verbale, degli spazi fisici e del comportamento delle altre persone che interagiscono con noi, tutte cose che vengono a mancare nelle famigerate call online, dove facciamo fatica e ci distraiamo anche solo per controllare la nostra immagine. Quando siamo a casa non agiamo come dipendenti di un’azienda ma come protagonisti solitari all’interno di un’abitazione. È venuto a mancare il concetto di gruppo. Ci chiedono buona volontà, ma noi siamo costruiti in maniera diversa, praticamente opposta quando agiamo da remoto, un modo di lavorare molto comodo, senza dubbio, eppure estremamente innaturale. In una situazione come un’agenzia creativa o strutture come la nostra che fanno advisory, il confronto è fondamentale, la condivisione non può mancare; succede allora che occorra pianificare riunioni online dove passiamo il tempo a parlare del nulla, poi affrontiamo i temi giusti alla fine ma portiamo a casa solo la metà del lavoro, in mancanza soprattutto di interazione».
Quali caratteristiche base dovrebbe avere uno smart working portato avanti in maniera appropriata?
«Occorre prima di tutto entrare nel mindset della difficoltà piuttosto che della comodità; da remoto la comunicazione interna è fondamentale e occorre lavorare duro per metterla sempre in risalto; ci vogliono poi obiettivi definiti e sistemi di verifica; c’è un’alternativa? Sì, avere focus chiari e una fiducia ben riposta in chi svolge il lavoro; diviene allora fondamentale una selezione del personale che porti a persone autonome e responsabili, nonché preparate a una gestione proficua dello spazio e del tempo; in caso contrario, i problemi si moltiplicheranno».
Innovazione, digitale e AI: come dovrebbero essere utilizzati per dare un ulteriore senso allo smart working? O il rischio è quello di relegarci ancora di più nell’isolamento?
«Le persone si stanno impigrendo, c’è una sorta di appiattimento cognitivo causato dall’uso dell’AI. Ci si relaziona di più con l’intelligenza artificiale piuttosto che in un confronto costruttivo con un collega e l’intelligenza artificiale non la sappiamo neanche utilizzare bene. Abbiamo una tecnologia utile e velocizzante, ma in realtà non sta creando il valore che ci si attendeva».
Quali tipologie di aziende vi contattano e cosa offrite loro nel dettaglio?
«Grandi gruppi o chi lo è diventato molto velocemente; ci chiamano per capire come interpretare il cambiamento, a decifrare il contesto, dopo che, magari per anni, hanno sempre cercato la classica consulenza manageriale standard. Noi partiamo dalla natura dell’essere umano e dalle sue resistenze ai cambiamenti, con analisi comportamentali e di contesto. Un processo funziona quando vi è un allineamento delle persone che se ne occupano».
I prossimi focus che interesseranno il mercato e Mudra?
«Approcciare aziende sempre più grandi e espanderci all’estero, soprattutto in USA, Paese molto ricettivo su simili argomenti legati alle neuro scienze e neuro biologie. Occorre essere chiari: solo con la reale comprensione dell’agire umano si possono creare mercati performanti».

La nuova frontiera della consulenza strategica
Fondata su un modello innovativo, Mudra è specializzata nella valorizzazione degli asset intangibili, quei fattori spesso non rilevati dai bilanci tradizionali, ma che oggi rappresentano il vero motore della crescita e del successo duraturo. La società nasce dalla visione di Carlotta Silvestrini (xo-CEO), frutto di anni di esperienza imprenditoriale maturata in contesti complessi e sfidanti, affiancata dal co-fondatore Diego Barbisan (co-CEO e presidente). Il nucleo fondatore originale includeva anche Nicola Mosca, che oggi porta la sua esperienza nel team come Senior Advisor. Insieme, hanno riconosciuto nella valorizzazione dell’invisibile, capitale relazionale, cultura aziendale, identità, la chiave per la trasformazione sostenibile delle imprese. Integrando competenze scientifiche nella strategia aziendale e trasformando la variabile umana in un asset strategico misurabile, Mudra si differenzia dalla consulenza tradizionale grazie a un metodo strutturato e multidisciplinare che unisce neuroscienze, economia comportamentale e design organizzativo e pone al centro il concetto di interaction field: un ecosistema dinamico in cui persone, tecnologie e stakeholder co-generano valore in modo sinergico e consapevole. Mudra affianca imprese italiane dei settori manifatturiero, tecnologico e dei servizi, guidandole in percorsi strategici centrati sul valore degli asset intangibili. Invece di agire sui sintomi, l’azienda va alla radice del problema, propone percorsi di advisory su misura che partono sempre dal “REC checkup”, un’analisi preliminare di 28 variabili intangibili che rivela cosa realmente non funzioni; da qui, un advisory board dedicato che costruisce un percorso su misura e dimostra la sua efficacia sia quando si tratta di sbloccare il potenziale inespresso di aziende con calo di vendite, sia nel guidare complesse trasformazioni digitali. Allo stesso modo, il metodo si adatta per intervenire sulle dinamiche umane e risolvere le tensioni nei team, o per affiancare le famiglie imprenditoriali nei delicati passaggi generazionali, garantendo una transizione che preservi il valore e la continuità aziendale. L’approccio di Mudra è radicato in un solido sistema di valori, il “Dharma”, che definisce il comportamento etico e armonioso dell’azienda. Principi come il rispetto per il tempo, la ricerca della saggezza, la disciplina e la consapevolezza dell’impatto generato da ogni azione guidano ogni scelta strategica, il che si traduce in un ambiente di lavoro basato sul merito, sul rispetto reciproco e sulla condivisione di valori interiorizzati.