Autore: Redazione
23/05/2016

Al via ricerca UPA su ad blocking

La realizzano GroupM, comScore e ContactLab; l'iniziativa coinvolge IAB, AssoCom, FCP e Fedoweb

Al via ricerca UPA su ad blocking

Al via ricerca UPA su ad blocking: è partita il 26 maggio 2016 la ricerca dell'associazione che indaga sull’ad blocking, il sistema che blocca la pubblicità sul web, in collaborazione con IAB, AssoCom, FCP e Fedoweb. Si tratta di una ricerca di sistema, spiega il direttore generale di UPA, Giovanna Maggioni, che risponde alla necessità degli investitori pubblicitari di sapere chi decide di avvalersi di questa opzione per non essere più soggetto a comunicazione pubblicitaria su internet. Il tutto avviene dopo che a febbraio è stato annunciato un white paper sulla viewability da parte di FCP e UPA.  

Al via la ricerca UPA su ad blocking: Maggioni «Fenomeno non è problema economico per le aziende investitrici»

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Giovanna Maggioni «L’ad blocking, in realtà, non sarebbe un problema - commenta Maggioni - perché si tratta di pubblicità non erogata, pertanto l’azienda non la paga. Però, a noi interessa molto conoscere il profilo di chi lo applica, e quante persone lo fanno». La ricerca è condotta con metodi CATI e CAWI da GroupM, comScore e Human Highway, e dovrebbe produrre i primi dati entro la fine di giugno, per poi essere ripetuta a novembre. La ricerca sull’ad blocking è solo uno dei servizi che UPA sta creando per i propri associati in tema di pubblicità digitale. La commissione mezzi in UPA, presieduta da Valerio Di Natale (Mondelez), da un anno si occupa di dare regole e guideline sulle metriche relative al mondo, per molti versi ancora sconosciuto, della comunicazione sul web.

Al via la ricerca UPA su ad blocking: focus sulla viewability

Tra i temi al centro dell’attenzione di UPA c’è in primo luogo la viewability, su cui l’associazione degli utenti pubblicitari, insieme con FCP-Assointernet, ha prodotto un documento lo scorso febbraio: «Gli standard Usa, per noi, sono troppo blandi - dice Maggioni -. Un secondo di permanenza e il 50% dei pixel non bastano, e infatti dopo il nostro documento gli Usa hanno introdotto la parola “minimo” davanti ai requisiti». Per cominciare a misurarla, due aziende UPA hanno pianificato online con la collaborazione di FCP, e la misurazione affidata a comScore, Nextplora, Nielsen e Moat. Altro fronte è quello delle audience generate dai robot e, infine, c’è il tema del programmatic, verso il quale «noi non nutriamo alcun pregiudizio, anzi lo consideriamo un ottimo strumento, ma data la sua complessità ci preoccupiamo che la filiera del programmatic sia trasparente». Anchei big data sono oggetto di studio: «Ai nostri associati consigliamo, dove possibile, di mantenere la proprietà delle informazioni  raccolte online».