PubMatic mette di fronte editori e buyer durante la Publisher Academy
L’evento, che si è tenuto ieri a Milano, ha trattato molti temi relativi al programmatic. Al centro delle discussioni lo stato dell’arte, le strategie di un nuovo colosso tutto italiano formatosi quest’anno dall’acquisizione di Banzai da parte di Mediamond, le criticità e i possibili sviluppi futuri della filiera
Editori e buyer sono i due estremi della catena pubblicitaria digitale, ma tra di loro c’è un universo composto da attori e società che svolgono un compito molto definito: massimizzare investimenti e ricavi. Bisogna però che il processo sia chiaro, così come i ruoli svolti dalle tecnologie che vengono applicate per ognuno dei passaggi del funnel che lo compone. La Publisher Academy di PubMatic, che si è tenuta ieri a Milano, è stata un’occasione per fare il punto sulla situazione del programmatic, attraverso la testimonanza di esponenti che occupano i diversi ruoli della filiera. Bill Swanson, vp emea di PubMatic, ha mostrato la forza e le mire della società, e dell’intero sistema programmatico, per il 2017. La tecnologia è forte nella parte del funnel relativa a Consideration e Performance, e deve focalizzarsi sui momenti relativi ad Awareness, Interest e Intent. Per quanto riguarda i sotto-segmenti: il video ha rappresentato un driver importante per il programmatic nel 2016, con un tasso di crescita annuale, a livello globale, del 172%; l’header bidding è stato un argomento molto discusso e ha alzato la competizione sui prezzi delle inventory, consegnando ai publisher più controllo; supply e demand si stanno allineando su un argomento che per entrambi rappresenterebbe un valore aggiunto, la trasparenza, ma ancora non si sono visti cambiamenti radicali in questo senso; i walled garden trattengono l’85% dei nuovi investimenti sul digitale, lasciando ai publisher solo il 15%, e hanno guadagnato un totale di 38 miliardi di dollari (contro 21) dimostrando il loro predominio sul mercato, “ma a noi non interessa combattere contro gli ott, anzi, vogliamo costruire una monetizzazione programmatica vantaggiosa sul medio periodo”, specifica; l’ambiente dei vendor, poi, è molto vasto e capita che i publisher debbano tenere d’occhio molte dashboard differenti, complicando il proprio lavoro. Quest’ultimo fatto potrebbe rappresentare un’inibizione alla crescita.
Mediamond e le sue strategie
Roberto Dragone, head of programmatic and data di Mediamond, ha raccontato, imbeccato da Cristian Coccia, regional director Southern Europe di PubMatic, le strategie della concessionaria. «Mediamond è cresciuta molto negli ultimi 18 mesi, e grazie ad alcune partnership e acquisizioni raggiunge 22 milioni di utenti mensili. Ovvero il 75% della popolazione italiana che ha accesso alla rete. Mediaset è molto forte sui video, e l’acquisizione di Banzai, con i suoi verticali, permette un’offerta completa sia di soluzioni generalistiche sia di verticali”, ha dichiarato Dragone. La roadmap del programmatic, poi, ha svelato l’importanza degli asset acquisiti dall’editore: “Banzai ha introdotto la vendita di spazi in programmatic già nel 2013, e le revenue raccolte dalla tecnologia rappresentano ora il 25% sul totale del fatturato. Su quello di Mediamond, invece, ha subito una forte crescita, e in 2 anni l’incisione sul totale digital è cresciuta dal 5 al 20%. Banzai ha portato grande esperienza sia nel deal sia nel programmatic guaranteed. Dallo scorso settembre, mettiamo a disposizione gli spazi di Yahoo, Mediamond e Banzai». L’integrazione delle risorse e delle tecnologie di Banzai, però, non è ancora finita. «Il personale si è coeso bene, facilitato da uno stile lavorativo molto simile. Ora bisogna integrare le macchine e le tecnologie, per ricreare un sistema snello che viva in un unico container. Le offerte commerciali, poi, dovranno confluire in una sola. Contiamo di terminare il merging delle tecnologie entro il primo trimestre del 2017, mentre l’offerta commerciale sarà disponibile da gennaio». Nel 2017, «Ci concentreremo sui dati, uno dei plus di Mediamond. Sono sempre di più le richieste relative a reach in target e viewability. Tengo a puntualizzare che per dato non intendiamo solo quello socio-demografico, ma anche quello su comportamenti e interessi. Un altro dei nostri focus sarà legato alle tipologie di programmatic, deal, guaranteed e open market. L’expertise di Banzai potrà aiutarci molto in questo», conclude Dragone.
PubMatic, Dynamic Floor Pricing e il Multi-Bid
Amar Goel, co-founder e chairman di PubMatic, ha focalizzato invece l’attenzione su alcune delle best practise della società. Il primo dei consigli riguarda il video, e nello specifico alcuni parametri particolarmente importanti: tra questi spicca il Video Streaming Format, che registra un aumento dei geCPM del 708%, ma anche l’attenzione alla posizione in pagina (+300% geCPM) e la durata, che se mostrata accresce il geCPM del 295%. Il Dynamic Floor Pricing, poi, permette ai publisher di stabilire in modo dinamico le soglie minime di prezzo per le inventory: «Invece di impostare i set precedentemente, giorno per giorno, questa tecnologia permette di automatizzare le azioni. In questo modo si massimizzano le revenue e si riesce a vendere anche l’invenduto», spiega. L’aumento delle revenue tocca il 36%. Goel ha tenuto anche a evidenziare le potenzialità presenti nel multi-bid, una pratica che permette alle dsp di inviare più di una richiesta di bidding, aumentando così le possibili opzioni per aggiudicarsi gli spazi pubblicitari.
Il programmatic tra presente e futuro
A dividere il palco per ultimi sono Marco Trentin, co-founder e presidente di 4Strokemedia, Andrea Di Fonzo, Alessandro Donzelli, head of programmatic di GroupM e Dragone. Il tema è ancora una volta il programmatic, analizzato sotto occhi diversi. Di Fonzo afferma che «Non è un’alternativa al media. Quando lavoravo in GroupM, l’approccio era sfruttare al meglio la tecnologia per fare media. Non esiste una vera e propria competizione tra recomendation e programmatic; nonostante questo non esiste una sola motivazione per mantenere la reservation. Il programmatic stesso, comunque, va inteso come media». «Il pmp già rappresenta quello che acquistiamo. Gli acquisti in questa modalità sono ottimi per il branding», continua Donzelli. Nella panoramica sul segmento, si arriva anche a trattare il rapporto tra buyer ed editori: «Quello che ci ha permesso di scalare sui contenuti è il fatto che le concessionarie ci hanno seguito. Ma deve funzionare meglio la comunicazione tra centro media e concessionaria perchè il controllo delle campagne si sta pian piano spostando. Diventa dunque necessario un continuo feedback. Bisognerà anche cercare di capire con più precisione quanta inventory è disponibile», dice Donizetti. Trentin replica dicendo che «Per quanto riguarda la vendita di inventory rimaniamo con un punto di domanda. Se i buyer possono decidere quando, quanto e quale target acquistare, per noi diventa difficile sapere se abbiamo la potenza di assorbire l’investimento. Ci stiamo attrezzando per proporre il programmatic guaranteed, l’unica soluzione a questo problema». «Noi lo usiamo già da circa un anno - risponde Dragone - . Secondo me è lo strumento massimo di cooperazione. Ce lo chiedono in molti, così come ci chiedono sempre più spesso kpi specifici. Specialmente riguardanti la viewability e la reach in target. Bisogna però educare i buyer attraverso benchmark che facciano capire cosa è tanto e cosa è poco, e quindi quali risultati aspettarsi». Cosa bisognerebbe migliorare nella filiera? Risponde Donzelli, dicendo che sarebbe importante «standardizzare i misuratori e catechizzare tutti nel farsi misurare. Un altro punto riguarda il cross device: il dato dev’essere relativo alla persona, non al device che utilizza».