Pride Month: Pulse Advertising illustra quattro tips per non cadere nel rainbow washing
Con giugno arriva la ricorrenza appetibile per i brand di legarsi all’evento, ma attenzione a comunicare senza portare alcun valore aggiunto alla comunità LGBTQIA+
Da quella notte di scontri fra il 27 e il 28 Giugno 1969 a Stonewall, la storia del Pride Month, l’evento di maggior rilevanza sociale per la comunità LGBTQIA+, si è arricchita di molti capitoli. Nonostante questa simboleggi il momento di nascita del movimento per i diritti delle persone queer, ci sono numerose pietre miliari che segnano l’evoluzione della coscienza e della sensibilità verso questi temi e molto passa anche dalla comunicazione e da come i brand si sono esposti negli anni. Da Armani a Versace nei primi anni 90, che diffondevano una nuova visione dell’uomo, a Ikea con il suo adv Dining room table che mostrava una coppia gay nella sua quotidianità, sono molti i brand che hanno preso una posizione al riguardo. Vanno ricordati sicuramente gli interventi di Absolut, sempre presente con la sua comunicazione pride, fino ai più recenti: Netflix che colora la fermata della metropolitana di Porta Venezia, Lego con il suo set Ognuno è Meraviglioso ed H&M Beyond the Rainbow. Nonostante sia una ricorrenza appetibile per i brand, il rischio più grande rimane quello di cadere nel rainbow washing, ossia di sfruttare in maniera impropria il mese del pride month per un’attività di comunicazione che non porti alcun valore aggiunto alla comunità LGBTQIA+. Il Pride, infatti, porta con sé un intrinseco messaggio politico, di cui i brand devono essere a conoscenza prima di sposarne pubblicamente la causa. Per la comunicazione è una sfida ancora aperta e molto delicata e Pulse Advertising ha stilato quattro consigli per affrontarla nel migliore dei modi
Pride con tutt*!
Usare l’italiano non è più così semplice, ma non si tratta solo di aggiungere un asterisco o di adottare la schwa. Il tema del maschile sovraesposto è la punta di un iceberg sociologico: dalla decolonizzazione del linguaggio all’inclusività, dall’abilismo all’eteronormatività, è importante studiare bene gli argomenti di cui si parla e cosa sta accadendo alla nostra società . Di norma, che si scelga di usare la schwa, l’asterisco o delle circonlocuzioni, sarebbe sempre bene iniziare le conversazioni in modo inclusivo, facendo sentire tutt* parte della conversazione. Non dev’essere un assoluto, con il rischio di cadere nell’immobilismo per paura, ma piuttosto una dimostrazione d’impegno all’apertura, perché in fin dei conti un “tutti” e un “ognuna” possono scappare a chiunque ma è la volontà quello che conta.
Pride di tutt*!
La comunità LGBTQIA+ è ampia e mutevole, le sue molte voci emergono dal basso e si confrontano orizzontalmente, è un tessuto sociale vivo e in continuo cambiamento. Quando selezioni il roster di talent, fallo con spirito aperto e inclusivo. Tutti i mesi, non solo a giugno, ricordati di includere content creator e influencer di background, etnie e lifestyle diversi tra loro.
Pride davvero!
Le creatività simpatiche e i reels coinvolgenti piacciono sempre ed un sorriso apre mille porte, ma ti stai rivolgendo a una comunità esigente e molto attenta. Investi in un’azione concreta che possa avere rilevanza per le persone LGBTQIA+: una campagna di advocacy intelligente e ben orientata potrebbe fare la differenza.
Pride tutto l’anno!
Arriva luglio e poi? Attenzione agli scivoloni che possono minare la coerenza del brand. Scegliere di appoggiare la causa LGBTQIA+ significa portare avanti non solo una comunicazione coerente durante tutto l’anno, ma anche una politica aziendale che riconosca diritti e che faciliti l’inclusività. Meglio allora dire un po’ meno durante il pride month ma essere costanti anche negli altri undici mesi dell’anno. “Il tema ci appassiona molto - afferma Paola Nannelli, Executive Director di Pulse Advertising Italia - e quando ho chiesto a Marco Taliercio e Tommaso Dragoni di pensare insieme ad un vademecum per comunicare bene questi temi, il dibattito è stato molto sentito e vivace e ne sono felice perchè è solo col confronto che si cresce e si impara. Avendo ben presenti queste regole si può fare comunicazione durante il Pride Month in modo efficace ed efficiente, ma se davvero si vuole che questo periodo amplifichi il proprio messaggio è bene tenere sempre presente che si sta usando una piattaforma comunicativa con forti implicazioni sociali e politiche. La comunità LGBTQIA+ ha lottato e lotta tutt’oggi per questo spazio e, se si vuole inserire la propria voce in questo flusso, bisogna farlo con la consapevolezza di star prendendo una posizione. Facendolo le priorità devono essere ben chiare: l’obiettivo primario è muoversi in primo luogo a sostegno di chi il Pride Month lo vive tutto l’anno”. Pulse Advertising ha maturato importanti expertise su questi temi grazie a campagne social mirate realizzate ad esempio durante gli scorsi appuntamenti della moda milanese. Le squad selezionate di esponenti social del mondo LGBTQIA+ rappresentano la volontà di comunicare con uno sguardo più inclusivo, dando voce al desiderio di uguaglianza, autoaffermazione e visibilità del mondo arcobaleno.