Si è tenuto ieri allo IULM “Deep Impact: il mobile nell’advertising e nel retail”. Diverse le evidenze emerse, su tutte la necessità di tentare, perché deve essere percorsa ancora molta strada
Roberto Brognara
Quando nel 2007 per la prima volta è stato commercializzato l’iPhone, forse nemmeno il suo geniale creatore Steve Jobs avrebbe potuto immaginare i cambiamenti che avrebbe portato con sé. A circa dieci anni di distanza, attorno a quel dispositivo si è autoalimentato un mercato enorme che ha rapidamente conquistato una platea di oltre 2 miliardi di utenti a livello mondiale (dati 2016, eMarketer). Non solo, lo smartphone ha anche mutato i comportamenti delle persone e soprattutto delle aziende, che possono sfruttare questo canale per entrare in relazione con i propri consumatori o prospect. Di questo e di molto altro si è parlato ieri allo IULM, nel corso dell’evento “Deep Impact: il mobile nell’advertising e nel retail”, organizzato da Roberto Brognara, direttore scientifico dell’Executive Course in Comunicazione Mobile di IULM, e da Scuola di Comunicazione. Una mattinata densa, in cui sono stati affrontati numerosi temi inerenti ai due ambiti in cui l’effetto del mobile dovrebbe essere più prorompente: la pubblicità e il retail. Protagonisti dell’incontro, suddiviso in due sessioni: Luciano Cantoni di Google, Alfredo Coco, Mediamond, Diego Farina di Vodafone e Guido Surci, Havas Media Group. La seconda, focalizzata sul retail, ha visto ospiti come Guido Benassi, Il Gigante e IULM, Luca Pellegrini, IULM, Augusto Zumbo, Sony Mobile Communication, Giuseppe Stigliani, H-ART e IULM, e Silvia Stropino di Intesa Sanpaolo, mentre le conclusioni sono state affidate a Daniele Tirelli, IULM e Popai, e Alberto Vivaldelli di UPA.
Guido Surci
A che punto siamo con la rivoluzione mobile?
Dopo aver brevemente introdotto il nuovo Executive Course in Comunicazione Mobile (ECCM) che l’Ateneo attiverà dal prossimo ottobre, Brognara ha lanciato una provocazione: «A che punto siamo con la rivoluzione mobile? - si è chiesto -. Se pensiamo alla sua diffusione e all’ambito tecnologico è in una fase avanzata, ma se facciamo riferimento alla comunicazione e al retail, investimenti e strategie tardano ancora ad arrivare». «Il fatto che i trend incrementali sfiorino valori del 200% - ha proseguito Brognara -, da un lato può essere interpretato come un segnale positivo, dall’altro indica uno sviluppo ancora ridotto del comparto». Una riflessione quanto mai corretta: secondo i dati Fcp-Assointernet il mobile assorbe circa il 7% degli investimenti digital, una percentuale che si alza fino al 20% se si prendono in considerazione le rilevazioni del Politecnico comprensive delle stime di raccolta di Google e Facebook, che drenano la gran parte degli introiti advertising da smartphone e tablet.
Mobile, un mondo ancora da scoprire. E la pubblicità fatica…
Nella prima tavola rotonda, gli ospiti hanno espresso opinioni talvolta convergenti altre in disaccordo ma un tema è emerso su tutti: sul mobile deve essere percorsa molta strada. Perché se è vero, come ha sottolineato Cantoni, che «controlliamo lo smartphone circa 150 al giorno», facendone un compagno fedele e pressoché irrinunciabile della nostra vita, questo settore deve essere compreso meglio. «Dobbiamo provare a fare delle verifiche, perché il mobile apre nuove dimensioni che non sono quelle dei mezzi tradizionali», è intervenuto Surci. Farina ha voluto porre l’accento sull’importanza di adottare una strategia strutturata su mobile, «questo canale rappresenta tutti i momenti di vita del nostro cliente», ha precisato. Coco ha, invece, portato l’esempio dell’audience di Mediamond, una delle concessionarie leader per audience digitale nel nostro Paese dopo l’acquisizione di Banzai Media da parte di Mondadori e l’accordo commerciale con Yahoo. «Oggi sono circa 4,2 milioni le persone che transitano quotidianamente sulle nostre properties». Un numero enorme che fa capire il potenziale del mobile advertising.
Mobile, è tutta questione di linguaggio
Un ostacolo alla crescita del giro d’affari della pubblicità su smartphone e tablet è legato alla difficoltà di adattamento al linguaggio del mezzo, come ha sostenuto Surci. Un fatto che favorisce le company mobile-first come Uber e AirBnb. «La questione è fondamentalmente legata al linguaggio - ha detto il manager di Havas -. Pensiamo alle prime trasmissioni televisive nel Novecento: erano la mera riproposizione della programmazione radio con una videocamera. Poi il piccolo schermo ha sviluppato un proprio lessico che ormai riconosciamo universalmente acquisendo una sua dignità». Uno scenario valido per il mobile, anche se la sfida è integrare il suo linguaggio con quello degli altri media. Quindi, è stato sollevato il tema della misurazione, del Roi, un ambito che non può ridursi a un unico mezzo ma deve restituire una visione complessiva delle attività dei brand. Infine, un ruolo importante spetta alle agenzie creative, perché il livello qualitativo della pubblicità su mobile è ancora troppo basso, nonostante anche qui i margini ci siano: Surci ha citato gli esperimenti sul fronte della realtà virtuale da parte del New York Times. Un tipo di operazioni in grado di dare nuova linfa alla comunicazione e molto interessante in un’ottica futura.
Mobile e Retail
«Nonostante, ancora una volta, atteggiamento dei consumatori e tecnologie siano più che mature per iniziative di rilevanza strategica, non mi risultano attività strutturali e continuative nelle grandi e medie realtà distributive. Tanti hanno l’app, ma con funzionalità limitate». Rispondeva così, poche settimane fa Brognara, intervistato da DailyNet. Nel corso dell’evento di ieri la musica è sembrata essere sempre la stessa. Ancora tanta strada da fare, seppure qualche segnale c’è. Guido Benassi ha raccontato l’esperienza de Il Gigante, marchio della gdo con focus sul grocery che ancora basa la comunicazione sui volantini, così come la maggior parte dei suoi concorrenti. Di spessore è stato anche l’intervento di Stropino, che ha spiegato la transizione di uno dei più importanti gruppi bancari verso una maggior digitalizzazione, con l’obiettivo di migliorare il customer journey. Proprio per perseguire questo scopo, «Intesa Sanpaolo è pronta a rilasciare la nuova app a luglio, con funzionalità aggiornate. E a sperimentare soluzioni di proximity marketing, per fornire informazione, servizi e supporto», ha spiegato.
Giuseppe Stigliano
Dopo ha preso la parola Stigliano, affrontando il tema dei chatbot, una forma di intelligenza artificiale che consente di interagire con dei bot, di recente introdotta sulla piattaforma Facebook Messenger. Secondo Stigliano, in futuro, la relazione consumatore/brand passerà sempre più attraverso questa modalità, grazie alla possibilità di inviare «messaggi iperpersonalizzati e segmentati e all’eventualità di un entrata in campo dell’elemento umano». Per Zumbo, invece, è necessario considerare il mobile alla stregua di un ecosistema con diverse facce, collegate fra loro e non per compartimenti stagni.
Lo stato del mobile marketing
Terminata anche la seconda tavola rotonda, prima delle conclusioni, Brognara ha voluto tracciare un bilancio abbastanza ottimista della situazione mobile italiana. Secondo una ricerca condotta a marzo, tutti i top 50 marketer operativi in Italia hanno un sito responsive, mentre alcuni hanno addirittura un sito mobile. Certo i volumi sono ancora bassi ma almeno le aziende mostrano reattività alla tematica mobile, con BMW e Telecom al top. In ogni caso l’indagine dipinge uno scenario favorevole, l’unica pecca è la spesa in comunicazione ma i tassi di adozione di app, per esempio, sono superiori ad altri Paesi europei. Il mobile, dunque, è qui per rimanere ma per l’adv e una crescita sana dell’ecosistema pubblicitario rimane ancora molto da fare.
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