Autore: Redazione
07/06/2016

MMA Mobile Forum 2016 a Londra

Se l’offerta, rappresentata da player molto evoluti è all’avanguardia, le aziende stanno muovendo ora i primi passi, esattamente come in Italia

MMA Mobile Forum 2016 a Londra

Dai pub di periferia, fino ai sempre più futuristici – e numerosi – grattacieli della City nel Regno Unito, la buzzword è una sola: Brexit. E mentre l’intera nazione discute (con molta discrezione, a dire il vero) se continuare o meno a far parte di quell’eterogenea miscellanea di fini chiamata Europa, la rivoluzione digitale, anche nella vecchia Inghilterra non si arresta. Così una piccola parte dei sudditi di sua Maestà, la più digitale, si è incontrata ieri nella City, a due passi da Liverpool Street, in occasione del MMA Mobile Forum 2016, il capitolo europeo dell’evento organizzato dalla Mobile Marketing association per promuovere, come da statuto dell’associazione, lo sviluppo del mobile in tutte le sue forme. Nessuna novità E per la prima volta negli ultimi quindici anni, quando si parla di digital adv, la novità, qui da Londra, è che non c’è alcuna novità. Il mobile, anche per un mercato cosiddetto evoluto come quello Inglese costituisce, allo stesso modo che in Italia, una sfida tanto inevitabile quanto impegnativa, con la maggioranza del traffico media che sta rapidamente migrando sul mobile non accompagnato, esattamente come accade nel nostro Paese, da una proporzionale valorizzazione economica delle inventory. Così anche a Londra, come a Roma e Milano, l’obiettivo è prima di tutto informare, poi educare e infine, se possibile, vendere. Con la medesima consapevolezza di dover fare piuttosto in fretta e di essere, tutto sommato, solo all’inizio del cammino. La differenza sta quasi tutta nella naturalezza con cui gli argomenti vengono affrontati. Segnale che, forse, il primo passo del cammino verso il digitale, quello legato alla comprensione non tanto dei meccanismi quanto all’ineluttabilità dello scenario futuro, qui è già stato fatto.
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La cronaca degli interventi Sotto la supervisione di Chris Babayode, che ha introdotto e presieduto l’intera giornata di lavori, sul palco del Forum si sono avvicendati relatori di rilievo, provenienti sia dal mondo delle aziende sia, naturalmente, dagli operatori del settore ad tech. Ad aprire i lavori è stata Geraldine Calpin, Chief Marketing Officer di Holton Worldwide che ha mostrato alla sala come un’app ben studiata possa fare la differenza anche in un settore che ha a che fare con un utente tutto sommato maturo, come quello del travel & hospitality; dopo di lei, è stato il turno di Hans Helbig, Global Head of Digital Marketing di Reckitt Benckiser, azienda che nel caso di Durex ha letteralmente abbracciato la digital disruption, trasformando il brand da tradizionale con una strategia orientata al digitale in un vero e proprio “digital beloved brand”. Altri spunti e suggestioni sono arrivate nel corso del mattino da Mark Curtis, Chief Client Officer della società di consulenza Fjord (gruppo Accenture) e da Vincent Re, Emea mobile strategy di Ibm Marketing Cloud, entrambi focalizzati sul futuro, in particolare quello dell’Internet of Things. Ma gli interventi più interessanti sono arrivati forse proprio dalla parte sponsorizzata del convegno. Se infatti, la domanda di mobile da parte delle aziende britanniche somiglia molto, soprattutto per quanto riguarda la qualità dei servizi richiesti a quella italiana, non si può dire lo stesso dell’offerta. Lo stato dell’arte delle imprese ad tech oltre la manica è decisamente più avanzato del nostro e i marketer qui possono contare su una serie di strumenti più nuovi e potenti rispetto al nostro. Ne è un esempio AppsFlyer, piattaforma di attribuzione per il mondo delle app, che permette di tracciare con esattezza ogni singolo contributo all’interno dell’attività di promozione del cosiddetto (in UK) native mobile, apparentemente l’unico mercato mobile che sembra contare qualcosa da queste parti, dove il mobile browsing non è neppure preso in considerazione. O Insert, una interessante piattaforma che permette di inserire ogni tipo di strumento di engagement all’interno della propria app senza alcun bisogno di programmazione e quindi, in teoria, di ricorrere in ogni occasione all’ausilio di un’unita, interna o esterna, di programmazione. E ancora, Ad Canvas, piattaforma di mobile ad serving che permette di costruire all’interno di tutti i più comuni formati per mobile, straordinarie interazioni. Soluzioni che, almeno in apparenza, non sembrano essere presenti sul nostro mercato e che le aziende britanniche, niente affatto pioniere nel digitale, adotteranno comunque prima di noi.