Censis: online quasi otto italiani su dieci; tra i giovani spopolano web tv e Instagram
Triplicata la spesa per smartphone in dieci anni: 23,7 miliardi di euro per cellulari, servizi di telefonia e traffico dati. Ed è positivo l’uso dei social network in ambito politico per il 47% dei cittadini
Nel 2018 la televisione registra una leggera flessione di telespettatori, determinata dal calo delle sue forme di diffusione più tradizionali. La tv digitale terrestre e la tv satellitare si attestano, rispettivamente, all’89,9% e al 41,2% di utenza tra gli italiani: entrambe cedono il 2,3% di pubblico nell’ultimo anno. Continuano a crescere invece la tv via internet (web tv e smart tv possono contare su una utenza del 30,1%, +3,3% in un anno) e la mobile tv (che è passata dall’1% del 2007 all’attuale 25,9% di spettatori, con un aumento del 3,8% nell’ultimo anno). Lo rivela Censis nel 15esimo Rapporto sulla Comunicazione - I media digitali e la fine dello star system. L’incremento di utenti dei servizi video digitali è uno dei cambiamenti più rilevanti del 2018: in un anno gli italiani che guardano i programmi delle piattaforme di tv on demand sono aumentati dall’11,1% al 17,9%, con punte del 29,1% tra i giovani under 30. La radio continua a rivelarsi all’avanguardia nei processi di ibridazione del sistema dei media. Complessivamente, i radioascoltatori sono il 79,3% degli italiani. Se la radio tradizionale perde 2,9 punti percentuali di utenza (oggi al 56,2%), come l’autoradio (con il 67,7% di utenza, -2,5% rispetto allo scorso anno), la flessione è compensata dall’ascolto delle trasmissioni radiofoniche via internet con il pc (lo fa il 17% degli italiani) e soprattutto attraverso lo smartphone (con una utenza al 20,7%, +1,6% rispetto allo scorso anno). Gli italiani che usano internet aumentano dal 75,2% al 78,4% (+3,2% rispetto allo scorso anno e +33,1% dal 2007). Quelli che utilizzano gli smartphone salgono dal 69,6% al 73,8% (+4,2% nell’ultimo anno, mentre ancora nel 2009 li usava solo il 15% della popolazione). Gli utenti dei social network crescono ancora, dal 67,3% al 72,5% della popolazione. Il Censis sottolinea l'aumento degli utenti di WhatsApp: il 67,5% degli italiani, l’81,6% degli under 30. Più della metà della popolazione usa i due social network più popolari: Facebook (56%) e YouTube (51,8%). Notevole è il passo in avanti di Instagram, che arriva al 26,7% di utenza (e al 55,2% tra i giovani). Mentre Twitter scende al 12,3%.
Un popolo di navigatori, ma non di lettori
Nel 2007 i quotidiani erano letti dal 67% degli italiani, ridotti al 37,4% nel 2018 (anche se nell’ultimo anno registrano un +1,6% di utenza). Il calo non è stato compensato dai giornali online, che nello stesso periodo hanno incrementato l’utenza solo dal 21,1% al 26,3%. Ma gli altri portali web di informazione sono consultati dal 46,1% degli italiani. Restano stabili, secondo il Censis, i settimanali (con il 30,8% di lettori, -0,2% in un anno) e i mensili (con il 26,5% di lettori, -0,3%). Anche i lettori di libri continuano a diminuire anno dopo anno. Se nel 2007 il 59,4% degli italiani aveva letto almeno un libro nel corso dell’anno, nel 2018 il dato è sceso al 42% (-0,9% rispetto allo scorso anno). Né gli e-book (letti solo dall’8,5% degli italiani, -1,1% nell’ultimo anno) hanno compensato la riduzione.
In dieci anni triplicata la spesa per smartphone
Il valore dei consumi complessivi delle famiglie non è ancora tornato ai livelli pre-crisi (-2,7% nel 2017 rispetto al 2007), ma la spesa per smartphone è più che triplicata nel decennio (+221,6%, per un valore di quasi 6,2 miliardi di euro nell’ultimo anno), quella per computer è aumentata del 54,7%, i servizi di telefonia si sono riassestati in basso per effetto di un riequilibrio tariffario (-10,4% nel periodo 2007-2017, per un valore però di quasi 17,5 miliardi di euro nell’ultimo anno) e la spesa per libri e giornali ha subito un collo (-38,8% nel decennio). Complessivamente, nel 2017 la spesa per cellulari, servizi di telefonia e traffico dati ha raggiunto i 23,7 miliardi di euro.
È forte la frattura generazionale nei consumi mediatici
I giovani si muovono con agilità nel sistema della comunicazione digitale, sfruttando più di chiunque altro tutte le opportunità offerte. Secondo i dati Censis, tra gli under 30 la quota di utenti di internet supera il 90%, mentre è ferma al 42,5% tra gli over 65. Più dell’86% dei primi usa lo smartphone, ma lo fa solo il 35% dei secondi. Più del 70% dei giovani è iscritto a Facebook e usa YouTube, contro circa il 20% degli anziani. Più della metà dei giovani consulta i siti web di informazione, contro appena un quinto degli anziani. Quasi il 47% dei primi guarda la web tv, contro appena il 9,5% dei secondi. Oltre il 35% dei giovani ascolta la radio attraverso il telefono cellulare, mentre lo fa solo il 4% dei longevi. Su Twitter c’è un quarto dei giovani e un marginale 3% scarso degli over 65.
Positivo l’uso dei social network in politica per il 47% degli italiani
In merito al ruolo svolto dai social network nella comunicazione politica, secondo il Censis gli italiani si dividono tra fautori e detrattori in due parti quasi uguali. Il 16,8% ritiene che svolgono una funzione preziosa, perché così i politici possono parlare direttamente ai cittadini, senza filtri. Il 30,3% pensa che siano utili, perché in questo modo i cittadini possono dire la loro rivolgendosi direttamente ai politici. Invece, il 23,7% crede che siano inutili, perché le notizie importanti si trovano sui giornali e in tv, il resto è gossip. Infine, il 29,2% è convinto che siano dannosi, perché favoriscono il populismo attraverso le semplificazioni, gli slogan e gli insulti rivolti agli avversari. In sintesi, i giudizi positivi sulla disintermediazione digitale in politica sono espressi da una percentuale che sfiora la metà degli italiani: complessivamente, il 47,1%.
La fine dello star system
Nell’era biomediatica uno vale un divo. Uno degli effetti della disintermediazione digitale è la fine dello star system tradizionale. Con la conseguente rottura del meccanismo di identificazione e proiezione sociale che in passato veniva attivato dalla fascinazione esercitata dal pantheon delle celebrità: prima venerate e oggi smitizzate nel disincanto del mondo. Il divismo aveva impregnato gran parte della cultura di massa del ‘900, legato al medium per eccellenza di quella cultura: il cinema. Oggi la moltitudine dei soggetti, novelli Prometeo dell’era digitale, ha trascinato quel pantheon giù dall’Olimpo. Uno vale un divo: siamo tutti divi. O nessuno, in realtà, lo è più. La metà degli italiani (il 49,5%) è convinta che oggi chiunque possa diventare famoso (tra i giovani under 30 la percentuale sale al 56,1%). Un terzo (il 30,2%) ritiene che la popolarità sui social network sia fondamentale per essere una celebrità (la pensa così il 42,4% dei giovani). Mentre un quarto (il 24,6%) sostiene che semplicemente il divismo non esiste più. E comunque appena un italiano su 10 prende a modello i divi come miti a cui ispirarsi (il 9,9%).