Autore: Davide Sechi
11/11/2025

Il valore dei media premium: The Trade Desk svela l’impatto sulla pubblicità

Angela Bersini, general manager di The Trade Desk in Italia, illustra come i contesti mediatici premium aumentino fiducia, reputazione e intenzione di acquisto dei consumatori. Lo studio internazionale evidenzia opportunità concrete per ottimizzare le strategie pubblicitarie

Il valore dei media premium: The Trade Desk svela l’impatto sulla pubblicità

Angela Bersini

L’efficacia di un annuncio non dipende solo dal messaggio, ma anche dall’ambiente in cui viene veicolato. Secondo un nuovo studio internazionale di The Trade Desk, realizzato in collaborazione con PA Consulting, i media premium generano risultati tangibili: aumentano la fiducia dei consumatori, rafforzano la reputazione del brand e incrementano l’intenzione di acquisto fino al 40%. La general manager Angela Bersini spiega come le aziende possano tradurre questi dati in strategie concrete e perché investire in contesti di qualità convenga tanto ai brand quanto al pubblico.

Cosa vi ha spinto a realizzare questa ricerca e quali erano gli obiettivi principali nel confrontare i media “premium” con quelli non premium?

«Nel nostro settore si parla spesso di qualità del contesto, ma raramente con un approccio scientifico. Volevamo capire in modo oggettivo e misurabile cosa rende un ambiente davvero “premium” per i brand e per i consumatori. La ricerca nasce da questa esigenza: abbiamo combinato analisi qualitative, quantitative e sperimentali per mappare i driver reali della percezione di “premiumness” e misurarne l’impatto sulle performance delle campagne. Confrontare media premium e non premium ci ha permesso di evidenziare differenze concrete in termini di fiducia, attenzione e rilevanza percepita. Il risultato è una metrica, il Premium Score, che sintetizza in modo chiaro quanto un ambiente media contribuisca al valore di marca».

Come definite concretamente un “media premium”? Quali elementi distinguono un ambiente davvero premium da uno che non lo è?

«Un ambiente premium non si definisce solo per la qualità dei contenuti, ma per l’unione di due dimensioni: il brand del media e l’esperienza dell’utente. Editori autorevoli, ad esempio The Guardian, offrono contenuti affidabili e coerenti, privi di fake news o clutter pubblicitario. Allo stesso tempo, la qualità dell’esperienza utente dipende da aspetti come il flusso dei contenuti, il carico pubblicitario e la coerenza tra ADV e interessi del lettore. Quando queste due dimensioni si allineano - brand credibile e user experience fluida - si creano segnali di fiducia e qualità che si trasferiscono anche sul brand inserzionista. Al contrario, gli ambienti non premium tendono a essere frammentati, incoerenti o invadenti: troppi annunci, poca chiarezza e un’esperienza che riduce l’attenzione e la fiducia. È proprio questa differenza che oggi determina l’efficacia reale di una campagna».

Lo studio parla di un incremento del 40% nelle intenzioni di acquisto: quali fattori contribuiscono maggiormente a questo aumento?

«Quando un brand comunica all’interno di un ambiente riconosciuto come autorevole e coerente, beneficia di un vero e proprio effetto halo: la fiducia e la credibilità associate al media si trasferiscono sul messaggio pubblicitario e, di conseguenza, sul brand stesso. L’efficacia, quindi, non dipende solo dalla creatività o dal formato, ma dal contesto in cui vive il messaggio. Il premium non è un’etichetta, ma una condizione che amplifica la reputazione e la rilevanza del brand, generando risultati di business concreti».

In che modo le aziende possono tradurre questi risultati in strategie concrete per migliorare l’efficacia delle loro campagne pubblicitarie?

«Molti brand concentrano ancora la maggior parte del budget sui cosiddetti walled gardens – quindi in ambienti chiusi o sui social - ma gli utenti trascorrono gran parte del tempo sull’open internet. Qui è dove si costruisce fiducia e attenzione di lungo periodo. Investire in ambienti premium significa beneficiare di un effetto positivo che trasferisce sul brand valori di qualità e credibilità. Per tradurlo in pratica, le aziende dovrebbero scegliere partner media affidabili e coerenti con la propria identità; curare l’esperienza dell’utente, integrando la pubblicità in modo naturale e non invasivo ed adattare il messaggio e il formato al contesto, valorizzando il potenziale specifico di ciascun canale, dalla CTV al digital audio, fino ai media online più autorevoli. Le aziende che sposteranno il focus dalla quantità alla qualità saranno quelle che costruiranno brand più forti e rilevanti nel tempo».

Netflix, Disney+ e Spotify emergono come esempi virtuosi. Cosa possono imparare da loro le altre piattaforme con punteggi inferiori di fiducia e qualità percepita?

«Netflix, Disney+ e Spotify rappresentano esempi eccellenti perché riescono a coniugare un brand forte, coerente e riconoscibile con un’esperienza utente fluida e piacevole. Questo equilibrio genera fiducia e fa percepire la pubblicità come parte integrante dell’esperienza, non come un’interruzione. Le piattaforme che oggi registrano punteggi più bassi devono lavorare proprio su due fronti: la coerenza del brand e la qualità dell’esperienza. Meno frammentazione, meno eccesso di annunci, più rilevanza e continuità. L’obiettivo non è massimizzare l’esposizione, ma la rilevanza. Il futuro della pubblicità passa da ambienti che parlano la stessa lingua di fiducia e qualità percepita».

Il prossimo passo per le campagne pubblicitarie quale potrebbe essere?

«Per troppo tempo la pianificazione si è concentrata su reach e frequenza, mentre oggi la vera sfida è scegliere ambienti capaci di trasmettere fiducia e qualità. Il media premium si conferma 1,3 volte più efficace nel generare intenzione d’acquisto: un dato che spinge i marketer a guardare non solo dove si comunica, ma con chi e in che modo si è percepiti. Vedremo campagne sempre più integrate, basate su un approccio olistico che mette al centro la qualità del contesto, l’esperienza dell’utente e la coerenza del messaggio. Il contesto non sostituisce la creatività, ma ne determina l’efficacia: anche il messaggio più brillante perde forza se collocato in un ambiente disordinato o poco credibile. Il contesto premium, invece, amplifica la fiducia e valorizza la creatività, permettendole di esprimere tutto il suo potenziale».