2026: l’anno in cui i miti dei media e dell’adtech crolleranno
Gli editori dell’open web devono diventare omnichannel per sfuggire all’impatto della ricerca basata sull’AI
Francesca Lerario
di Francesca Lerario, managing director Southern Europe di Ogury
L’AI ha dominato ogni ciclo di previsioni negli ultimi anni e il 2026 non farà eccezione. Ma la vera storia non riguarda più l’intelligenza artificiale, bensì i miti che sta per infrangere nel nostro settore. Nonostante si parli tanto di strategie omnicanale, rivoluzioni nell’ottimizzazione della search, automazione impeccabile nel programmatic o ruoli buy-side e sell-side ben definiti, la realtà è semplice: nessuna di queste narrazioni sopravviverà al contatto con ciò che sta per arrivare. Siamo lontani da un plateau nell’uso delle ricerche AI, e ogni query tramite chatbot implica una visita in meno a un sito web. Il traffico dell’open web diminuirà, soprattutto attraverso la ricerca tradizionale, spingendo gli editori ad ampliare la presenza su ogni canale in cui è possibile intercettare le audience. Gli editori di successo padroneggeranno output multimediali, ampliando talenti e capacità produttive per creare, distribuire e monetizzare contenuti tramite newsletter, social media, podcast, app mobile e persino CTV. La portata delle piattaforme si espanderà e la strategia basata sulle audience diventerà più mirata, supportata da sistemi di intelligence in grado di rivelare segmenti inesplorati capaci di generare crescita di lettori e ricavi incrementali. Diffondere un messaggio ampio sarà fondamentale per assicurare un seguito fedele e duraturo, mentre il traffico occasionale proveniente dai referral si esaurirà. Si prevede un aumento dei servizi in abbonamento, soprattutto tra editori di nicchia e giornalismo investigativo di qualità, così come video e podcast capaci di creare community e offrire un’esperienza intima che l’AI non potrà emulare.
GEO e ottimizzazione
Un numero crescente di consumatori condurrà ricerche di prodotto e completerà l’intero percorso d’acquisto all’interno delle interfacce di ricerca basate sull’AI, grazie alle integrazioni e-commerce. I brand cercheranno visibilità su tali piattaforme e le strategie GEO (Generative Engine Optimization) diventeranno centrali. Se ottimizzare la SEO tradizionale era complesso, affrontare le black box dei chatbot renderà le GEO molto più sfidanti. Gli editori con accordi di licenza AI potranno sfruttare il proprio status per offrire contenuti brandizzati in grado di influenzare le risposte dei chatbot. In assenza di metodi standardizzati per tracciare e misurare la GEO, ci sarà un lungo periodo di test e apprendimento per capire cosa funziona, con modelli AI in aggiornamento continuo che rendono il successo un bersaglio mobile.
Automazione e programmatic
L’efficienza introdotta dall’AI nei flussi operativi, nella gestione delle campagne e nell’acquisto media ha reso la tecnologia essenziale in tutti gli ambiti della pubblicità digitale. Per andare oltre un’interfaccia in linguaggio naturale collegata a un’API, l’intera infrastruttura del real-time bidding dovrebbe essere ripensata da zero. Nel 2026 capiremo se sarà possibile o anche solo desiderabile. Sebbene si stiano compiendo sforzi verso la standardizzazione dei protocolli agentici, scalare questi sistemi in una supply chain che opera in millisecondi, con margini di errore minimi, resta un’impresa monumentale. Costi, efficienza e latenza dell’AI agentica sono ancora largamente non provati alla scala e velocità richieste dal real-time bidding. Nei prossimi mesi si attendono test e progetti pilota promettenti, ma una revisione completa di come gli annunci vengono acquistati o venduti richiederà anni.
Convergenza e audience
Nel 2025 abbiamo assistito alla convergenza tra buy-side e sell-side, con DSP che si avvicinano alle integrazioni dirette con gli editori e SSP che lanciano piattaforme di acquisto proprie. È stata la risposta semplice e trasparente attesa da tempo dai protagonisti del mercato, e i benefici di una supply chain più facilmente verificabile continueranno a emergere nei prossimi anni. La distinzione tra DSP e SSP svanirà, sostituita da una gamma di piattaforme end-to-end in competizione tra loro. A differenza di molti sviluppi della pubblicità digitale degli ultimi decenni, questo rafforza la posizione degli editori. Che si tratti di SSP capaci di attirare buyer grazie alla vicinanza ai consumatori o di DSP in cerca di integrazioni dirette, tutti concorrono per accedere a media di qualità e segnali di audience. Finché le audience non verranno trasformate in commodity, come accaduto nell’era degli ad network, gli editori potranno godere di scambi più equilibrati e reciprocamente vantaggiosi con il buy-side. Il 2026 svelerà la fragilità di molti presupposti. L’AI accelera il cambiamento, ma non porta certezza. La vera guida sarà la comprensione precisa della propria audience e la disciplina nel soddisfarne le aspettative, sia per inserzionisti sia per editori. Le aziende che adotteranno questo approccio come stella polare saranno ancora in piedi quando i miti svaniranno e la realtà farà il suo corso.