Autore: Redazione
18/03/2019

L’inclusione accelera la crescita nella seconda edizione del Diversity Brand Summit

Le aziende che investono in Diversity&Inclusion registrano una crescita dei ricavi fin del 20% rispetto a brand non inclusivi (+16,7% nel 2018)

L’inclusione accelera la crescita nella seconda edizione del Diversity Brand Summit

I brand che investono in Diversità & Inclusione (D&I) registrano una crescita nei ricavi fin del 20% rispetto a brand non inclusivi: questo uno dei dati più significativi emersi dalla seconda edizione del Diversity Brand Index, progetto di ricerca condotto da Diversity, associazione fondata da Francesca Vecchioni e impegnata nel diffondere la cultura dell’inclusione, e Focus Management, società di consulenza strategica, e volto a misurare la capacità dei brand di sviluppare con efficacia una cultura orientata alla Diversity&Inclusion.

Brand equity e passaparola positivo

Oggi, l’impegno nella D&I non solo ha un forte impatto sulla reputazione delle aziende, ma è tra i fattori determinanti in grado di generare fiducia nei brand e alimentare di conseguenza brand equity e passaparola positivo, indirizzando le scelte d’acquisto di consumatrici e consumatori. Secondo la ricerca, infatti, le aziende percepite come inclusive - cioè quelle più attente alla diversità in senso ampio (genere e identità di genere, età, orientamento sessuale e affettivo, credo religioso, disabilità, status socio-economico ed etnia) - sono più apprezzate dal mercato, attirano più talenti, migliorano le proprie performance economiche.

La ricerca

La ricerca ha raccolto le valutazioni di 1.035 cittadine e cittadini che hanno citato e espresso le loro opinioni su 453 brand, suddivisi per le sette forme di diversità incluse nella metodologia utilizzata: genere e identità di genere, età, orientamento sessuale e affettivo, credo religioso, disabilità, status socio-economico ed etnia.

Gli highligts

Ciò che emerge con forza è che l’impegno sulla D&I non passa inosservato e genera riflessi molto positivi per le aziende: il 51% dei consumatori sceglie con convinzione brand inclusivi; un ulteriore 23% nel percoso di scelta preferisce brand che investono sulla D&I; i brand inclusivi generano un Net Promoter Score (NPS=indicatore del passaparola) più alto rispetto a quelli non inclusivi, con un forte impatto sia sulla reputazione aziendale sia sulla fiducia da parte dei consumatori, più propensi a consigliare o farsi ambassador di un brand percepito come inclusivo. Al contrario per le aziende percepite come non inclusive il NPS scende fino al -81,8% (rispetto al -43% registrato nel 2018). Il Net Promoter Score per i marchi percepiti come più inclusivi quest’anno ha raggiunto quota 85,1% (+14 p.p.) rispetto al 70,8% dello scorso anno, con un potenziale in termini di delta nella crescita dei ricavi del +20% rispetto al 16,7% del 2018, a dimostrazione della stretta correlazione tra D&I, passaparola positivo e crescita economica/ricavi dei brand.

I consumatori italiani

Tre consumatori su quattro sono sensibili al messaggio inclusivo dei brand. Ciò che fa la differenza nel comportamento d’acquisto è il valore che ogni singolo individuo associa a un marchio, a un brand, a un’azienda. Gli italiani però continuano a essere buoni teorici della D&I con una relazione migliorabile con le singole forme di diversità: poco interagiscono (o pensano di interagire) con la diversità e risultano talvolta distaccati dal tema. Su questo fronte i dati non presentano variazioni sostanziali rispetto alla passata edizione. Il livello di familiarità con la diversità è medio-alto (su una scala da 1 a 7) per tutte le forme: tra 5,6 e 5, 7 su una scala da 1 a 7.

Le aziende

Le aziende più inclusive sono risultate: American Express; Barilla; BNL - BNP Paribas; Carrefour; Coca-Cola; Durex; Eataly; Freeda; Garofalo; Google; Helvetia; ING; Lierac; Nestlé; RAI; Sky; Sorgenia; TIM; Vitasnella; Vodafone.