L’AI e i suoi risvolti sostenibili: tecnologia, innovazione ed etica nella visione di FairMind
La società che si occupa di consulenza avanzata in progetti di ricerca e sviluppo basati sulla GenAI racconta un mondo giunto a una svolta determinate: le parole del CEO Alexio Cassani
Alexio Cassani
AI, GenAI, IA, insomma intelligenza artificiale che prende sempre più piede, ovunque, anche nelle chiacchiere tra amici a bar. Negli scorsi giorni, la grande svolta normativa dell’AI Act che ha riordinato le carte in un tavolo particolarmente affollato. FairMind (https://www.fairmind.ai/), società che si occupa di consulenza avanzata in progetti di ricerca e sviluppo basati sulla Generative AI, a seguito dell’approvazione dell’AI Act si esprime sull’argomento, e non solo, con le parole del CEO Alexio Cassani (ospite di DailyOnAir - The Sound Of Adv).
FairMind: chi si rivolge alla società e che risposte trova?
«Il nostro target si sta definendo, in maniera anche imprevista, grazie al posizionamento che abbiamo scelto di indossare, ossia l’AI vista in chiave etica, un qualcosa che possa essere di aiuto sia all’uomo sia all’ambiento che lo circonda. La nostra è una società giovane e al momento operiamo soprattutto con banche e PMI. Veniamo cercati proprio per il nostro essere ibridi, tra tecnologia e sensibilità nel trovare un incastro, una dinamica con gi aspetti etici».
AI, a che punto siamo in quanto a consapevolezza e utilizzo?
«Continua a crescere, anche grazie alla rivoluzione apportata da ChatGPT, un prodotto vero con cui maneggiamo quotidianamente l’intelligenza artificiale, una strumento che ha democratizzato l‘AI e l‘ha fatto in modo semplice. Anche se poi, l’AI la usiamo da moltissimi anni, tra e-commerce, streaming, tv e i suoi contenuti proposti da algoritmi che ci consigliano e ci guidano. E poi ci sono diverse intelligenze artificiali, generativa, legata ad algoritmi e questo provoca anche qualche equivoco, come un AI vista come magia. Come FairMind dobbiamo supportare le aziende e spiegare loro che non c‘è magia, ma statistica, matematica, regole molto chiare di funzionamento. C’è molta curiosità e voglia di sperimentare, ma dobbiamo tarare le aspettative».
Con l’AI Act cosa potrebbe cambiare e che vantaggi ci sono?
«Facciamo una premessa di natura tecnica: quando si parla di AI si discute di una tecnologia difficilmente interpretabile; non siamo di fronte a un software che può essere comodamente letto e analizzato, con l’intelligenza artificiale siamo a ciospetto a reti neurali, ricche di numeri e l’AI Act va a sensibilizzare sugli impegni di questa tecnologia molto più potente di un software, anche di difficile lettura sulle decisioni che può prendere. Insomma, ci sono strumenti precisi e l’AI Act ci spinge a capirli e a usarli. E poi c’è il problema della trasparenza riguardo le reti neurali che si comportano secondo i dati che noi abbiamo inserito e che dobbiamo curare. In sintesi: occhio ai pericoli ma anche alle enormi opportunità che potrebbero essere trascurate per scarsa conoscenza e per timore. L’AI Act va a interagire con temi quali trasparenza, comprensione, sicurezza, privacy, interpretazione degli scopi. L’AI sarà sempre più rilevante e quindi occorrerà studiarla per poterla maneggiare in maniera sicura, senza avere timore per non vederne svanire i vantaggi».
Cosa vuol dire utilizzare l’Ai in modo etico?
«Se riteniamo che un progetto non porti benefici all’uomo e all’ambiente, visto che parliamo di tecnologie che, oggi come oggi, non sono proprio amichevoli in quanto consumano molta energia, non lo accettiamo. Se, per fare un esempio che confina con i paradosso, un’azienda ci dice di sviluppare un’AI che serva a licenziare le persone è chiaro che non sarà per nopi un qualcosa di accettabile. L’importante è che le innovazioni non creino danni».
Quali sono i limiti odierni e quali potrebbero essere i prossimi risvolti legati GenAi?
«C’è un limite di gestione di contenuti, che sta passando da decine di migliaia di caratteri a milioni, il che porterà questi strumenti a essere sempre più integrati nella nostra vita. Lo step decisivo sarà quello di far diventare le tecnologie AI consapevoli; attualmente possono essere definite come sistemi probabilistici, anche chiamate pappagalli stocastici, con contenuti coerenti che vengono generati un pezzo alla volta: a una determinata richiesta ChatGPT risponde con una frase e poi attende da noi un ulteriore impulso; tutto cambierà quando diventeranno consapevoli di quello che stanno raccontando. Una grande sfida, soprattutto dal punto di vista tecnico. Sarà un’AI più efficace, potente e per questo motivo soggetta a maggiori controlli di natura etica».
Cosa attende FairMind per il 2024?
«Siamo nati da poco, puntiamo a essere sempre all’avanguardia tecnologica, ma sempre dal punto di vista etico, un posizionamento che abbiamo scelto ma dobbiamo conquistare definitivamente. Facciamo già molto, ma puntiamo a intensificare, per crescere in una sul fronte della GenAi. Abbiamo anche intenzione di aprirci in chiave internazionale, senza dimenticare il nostro DNA italiano».