La quarta rivoluzione industriale sarà virtuale
Sono i temi caldi della tecnologia e le grandi ambizioni dell’advertising i protagonisti dell’intervento “The Fourth Industrial Revolution” al Festival of Media di Roma. PHD, Blippar e Oculus sono attivi in prima persona nei rispettivi campi e hanno disegnato le possibili declinazioni future relative al marketing

Prove di futuro prossimo e lontano nel pomeriggio romano targato Festival of Media. A definire “The Fourth Industrial Revolution” sono Mike Cooper, global ceo di PHD, Ariff Quli, chief commercial officer di Blippar e Dillon Seo, ceo & founder of VoleR Creative e co-founder di Oculus. Il tre speaker si sono divisi gli argomenti più caldi e affascinanti che spesso riempiono le prime pagine dei siti di tecnologia e advertising, perché proprio tra queste due discipline si collocano artificial intelligence, realtà virtuale e realtà aumentata. PHD sta investendo molto nell’intelligenza artificiale, e le capacità di deep learning dimostrate dalle macchine negli ultimi anni, e confermate negli ultimi mesi, sono dei risultati che supportano questa scelta. «L’AI ha iniziato ad attrarre grandi investimenti, e anche grandi colossi tecnologici come Facebook e Google hanno iniziato a strutturarsi per sviluppare e introdurre questa novità nei rispettivi business. Il potenziale cross-platform è enorme e presto sarà perfezionato abbastanza da poter debuttare in logiche di marketing. Nei prossimi anni sarà possibile avere un assistente personale virtuale, in grado di prenotare viaggi e alberghi, comprare vestiti e fare la spesa con una semplice conferma vocale da parte dell’utente. Ci sono già alcuni studi avviati sulla corteccia frontale del cervello, dove si prendono le decisioni, per creare dispositivi e integrare tecnologie in grado di sollevare la persona da ogni acquisto. Tutto il processo verrà dunque fatto in autonomia dall’AI. Lo scopo del marketing sarà quello di convincere questi dispositivi a comprare il prodotto sponsorizzato», spiega Cooper.
Solo per i tuoi occhi: dall’internet of things all’internet on things
Mentre il mondo si prepara a cambiare totalmente, ci sono tecnologie già pronte a mutare la quotidianità, come la realtà aumentata. “«L’83% della nostra percezione sensoriale deriva dagli occhi, e le telecamere degli smartphone ne sono una naturale estensione. Il prodotto è il new media, è il packaging l’attrazione più forte. Le parole non sono abbastanza per convincere i potenziali consumatori, tenendo conto che buona parte del mondo è analfabeta, e il resto non parla inglese, è possibile raggiungere, con un messaggio, solo il 10% della popolazione globale». Ariff Quli parte da questi tre assunti per sostenere la sua tesi: «La realtà aumentata rivoluzionerà tante industry prossimamente». Più che internet of things si parla di “internet on things”, e per dimostrarlo ha aperto la app di Blippar e inquadrando un’insalata lo smartphone è stato in grado di definire tutti gli ingredienti, mostrando delle icone che contenevano, se cliccate, informazioni sugli ortaggi. Ma è possibile anche declinarla sul marketing: quando una fotografia di Kung Fu Panda è stata riconosciuta dal dispositivo sono subito apparse le sue declinazioni social e digital. A completare il quadro è stato Seo, con il prodotto più attuale dei tre: Oculus. «Tutto parte dalla dimensione sociale. Volevamo connettere più persone possibili, e come dal pc si è passato al mobile, dove ognuno è sempre raggiungibile, presto sarà possibile condividere anche la propria presenza. Fare in modo che i contatti possano guardare dai tuoi occhi». Ma non solo, attraverso il visore i punti di vista possono essere innumerevoli, reali o costruiti: dalla visuale di un cane che corre in un prato all’esperienza di un luogo inventato. «La realtà virtuale abilita i media a creare dei mondi diversi ma apparentemente veri, portando gli utilizzatori dovunque, anche in mondi di fantasia, ma sempre percepiti in modo completamente immersivo», spiega Seo. Una bella prospettiva per brand e creatori di contenuti, che ora si trovano una nuova arma per fare storytelling e per spostare le esperienze da “vedere” a “sentire”, con una nuova carica emozionale e una aumentata interattività. Certo ci sono anche alcune sfide da superare: «Potendo guardare dove vuole, bisogna trovare il trick che catturi l’attenzione dell’utente sull’adv. E poi, simulare esperienze che possano causare nausea e vomito, data la alta immersività, potrebbe causare un brutto ricordo nell’utente. Il mezzo va gestito con molta cura», conclude Seo.