La conoscenza tecnica per dare valore ai contenuti: l’approccio di Lotrèk, cooperativa digitale
La storia della digital agency nata quasi dieci anni fa a Pistoia che guida e supporta le aziende e garantisce un approccio sinergico e integrato tra dato, tecnologia e creatività, raccontata dal founder e CEO Filippo Gruni
Nascere in provincia, con i suoi pro e contro, maturare una filosofia precisa che abbraccia prima di tutto gli aspetti tecnici, ritrovarsi a operare con grande consapevolezza all’interno di un mercato che invece sulla conoscenza ha ancora limiti e molti margini di miglioramento: si chiama Lotrèk (https://www.lotrek.it/) ed è una digital agency che guida e supporta le aziende e garantisce un approccio sinergico e integrato tra dato, tecnologia e creatività. La struttura ha approvato il bilancio per l’anno 2023 in cui ha registrato una crescita del 30% sul fatturato e ha sfiorato così i quattro milioni. L’agenzia, fondata a Pistoia nel 2015, conferma e supera gli obiettivi di esercizio grazie soprattutto all’acquisizione di crescita organica di player a vocazione internazionale tra cui Chiesi Farmaceutici, IBSA, Sella Personal Credit, Signify (Gruppo Philips), Alfaparf, WBA Group e il consolidamento di partnership strategiche tra le quali Aboca e SDF. Pioniera dell’approccio SXO in Italia, la struttura ha rafforzato nel corso dello scorso anno la propria competenza nei servizi di comunicazione, service design e di data intelligence, grazie alla capacità di strutturare modelli econometrici a presupposto delle strategie di performance marketing. Filippo Gruni, CEO e founder, ci racconta i percorsi dell’agenzia.
Quasi dieci anni di Lotrèk: come si è evoluta l’agenzia e in cosa consiste la sua offerta odierna?
«Nasciamo come sviluppatori di siti web e specialist SEO. Sin dal principio ci siamo caratterizzati come un gruppo tecnicamente molto avanzato. Con il trascorrere delle stagioni abbiamo abbracciato il modello full service e oggi la nostra è una digital agency a tutti gli effetti, che offre servizi su performance, tech, experience, marketing. Abbiamo costituito anche una piccola casa di produzione video interna, un progetto che chiude il cerchio. La nostra natura è focalizzata sul dato».
L’approccio tecnico ha causato qualche resistenza sul nostro mercato?
«La mia professionalità si è evoluta attraverso esperienze internazionali, ma in Italia quello che proponevo sembrava non funzionare, ma non perché il mercato italiano fosse indietro, semplicemente era ed è diverso, incentrato soprattutto sul contenuto. Le cose però sono progressivamente cambiate e con esse le persone che vi operano intorno. Un tempo neanche si sapeva che cosa si stesse facendo, si vendevano servizi web senza avere la cultura necessaria, la consapevolezza. Oggi si respira molta più competenza».
Chi si rivolge a Lotrèk e con quali settori vi piacerebbe collaborare?
«Siamo cresciuti in maniera sostenibile, da una realtà provinciale che comporta tutta una serie di difficoltà, grazie al settore farmaceutico, ambito di per sé molto chiuso; non abbiamo abbassato la testa, abbiamo continuato a cavalcare la nostra filosofia tech che ci ha reso riconoscibili e ci ha regalato prestigio. Oggi lavoriamo con aziende molto grosse, vere e proprie multinazionali, con cui magari non stringiamo rapporti in esclusiva, non siamo gli unici fornitori, ma parliamo comunque di budget importanti. Lotrèk non è comunque un’agenzia vertical sul Pharma, abbiamo maturato altre competenze e operiamo anche nel campo dell’automotive, delle assicurazioni, delle banche. Ci piacerebbe allargare lo spettro operativo su territori più commerciali, dove la strategia di comunicazione ha margini più ampi di intervento. Siamo 85, siamo full service, anche se non copriamo tutti i settori, siamo in grado di gestire budget completi come pure attivarci su progettualità specifiche, come il design e la SEO».
Quanto è diventato preponderante l’ambito digital nella comunicazione italiana?
«Gli investimenti sono sempre più importanti, ma il nostro mercato è particolare e non dà valore reale a quello che viene realizzato; c’è un disequilibrio enorme tra quello che capita all’estero e quello che avviene in Italia. L’espansione è sotto gli occhi di tutti, ma il nostro è un mercato molto frazionato. A mio avviso, occorrerebbe accendere i riflettori anche sulla preparazione del cliente, che rappresenta il vero ago della bilancia. È anche difficile capire chi siano i competitor diretti, tra strutture da 3000 persone e altre da cinque. Attenzione però: lo scenario è selettivo, molto diverso anche solo rispetto a cinque anni fa, sta maturando una maggiore consapevolezza nelle aziende ma, oltre la teoria, serve una pratica costante. E non dimentichiamo lo stress causato da costante bombardamento di novità».
Innovare e essere sostenibili: qual è la vostra ricetta?
«La nostra è una cooperativa e come tale è sempre molto concentrata sugli equilibri economici, sociali e al fatturato viene preferito un approccio che implichi la crescita costante. L’innovazione? Noi vendiamo servizi, idee, la vera innovazione la fa chi si occupa di ricerca e sviluppo, chi costruisce strumenti medici, chi porta avanti progetti che possano limare o evitare l’inquinamento. Certo, siamo di fronte alla rivoluzione della GenAI, abbiamo un ruolo come agenzia, ma siamo consapevoli che tutto parta dall’essere umano e dalla sua gestione della modernità. L’intelligenza artificiale ha provocato un grande entusiasmo, ma certe cose vanno sapute gestire, anche perché quella che viviamo al momento è una vera e propria rivoluzione industriale. Oggi come oggi è ancora difficile proporre e vendere strumenti AI, c’è paura più che desiderio di provare, perché le novità scardinano le certezze; tutto appare più facile in ambito startup, ma in generale non c’è grande consapevolezza. Manca ancora qualche step ma sarà inevitabile. Ci vuole tempo prima che l’AI diventi mainstream, come accaduto nel passaggio da sms a WhatsApp. Un giorno i motori di ricerca diventeranno motori di risposta e non sarà un qualcosa di positivo: potrebbero diventare strumenti pericolosi per lo sviluppo del senso critico, per chi fa paragoni, comparazioni; i maggiordomi non devono andare oltre e occuparsi di tutto. Scenari che Isaac Asimov aveva previsto e non c’è di che stupirsi, la fantascienza è sempre stata una forma di realtà che poi si è realizzata. Oggi l’AI non ha ancora una coscienza e quindi non è veramente intelligenza, viene venduta così. Cosa possiamo fare come Lotrèk? Intervenire anche sul fronte della consulenza».
Un piccolo passo indietro: come è stato il vostro 2023?
«Un anno in cui abbiamo inserito una linea manageriale senior, quindi maggiore esperienza, fondamentale in una realtà di livello medio-alto. I nuovi manager hanno portato una maggiore strutturazione e l’agenzia ha reagito bene, è più forte. Nel 2023 abbiamo conquistato budget sul lato performance e comunicazione».
Cosa vi attendete dal 2024 e quali saranno i prossimi step?
«L’attuale è una stagione molto più sfidante e a volte non conviene passare in serie A, devi essere pronto ed è il mercato a dirtelo; noi, al momento, non abbiamo questa esigenza, non è il nostro focus. Il passaggio di categoria richiede anche una rivoluzione nei valori della cooperativa e potrebbe mettere le. persone a disagio. E allora, prima viene la sostenibilità e poi il responso del mercato. Puntiamo a consolidarci più che crescere e volgiamo aprire nuove linee di prodotto. Continueremo a lavorare sul dato dal quale far scaturire la creatività, il bello che funziona».