Autore: Redazione
13/07/2016

YouTube, per case discografiche e artisti revenue dimezzate

Nonostante un aumento delle views, vengono stimate perdite per circa 755 milioni di dollari per l’industria musicale a fronte di un abbassamento del valore del singolo stream

YouTube, per case discografiche e artisti revenue dimezzate

Se da un lato le views dei video musicali su YouTube nel corso del 2015 sono aumentate a dismisura, dall’altro, nonostante questo trend, gli artisti hanno guadagnato molto meno rispetto a quanto non avessero incassato l’anno precedente. Le entrate registrate delle etichette musicali e dagli stessi artisti si sono letteralmente dimezzate, in confronto al numero di contenuti trasmessi sulla piattaforma musicale, con una stima di perdite che si aggira intorno ai 755 milioni di dollari per l’industria musicale. YouTube, infatti, che condivide gli introiti pubblicitari derivanti dai video musicali con artisti e case discografiche, lo scorso anno ha pagato 740 milioni di dollari in diritti musicali, che equivale a un 15% in più rispetto al 2014. Ma vanno considerati due fatti: i flussi su YouTube e Vevo hanno subito un importantissimo incremento (+132%) portando a guadagni per 751 miliardi e il valore di un singolo stream è sceso da 0,002 a 0,001 dollari a views. Dunque, soppesando tutti gli elementi si nota quanto in realtà le revenue provenienti dai diritti musicali siano alquanto ridotta. “E i tassi effettivi che riceviamo dalle piattaforme di video online sono ancora più basse di quelle registrate dalla ricerca”, ha commentato un dirigente appartenente a una grande casa discografica. Questo è quanto riporta una recente ricerca dell’Istituto Midia Research diffusa dal Financial Times, che stima inoltre in quasi un miliardo e mezzo le revenue effettive se il tasso fosse rimasto a 0,002 dollari per stream.
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YouTube è innanzitutto un business pubblicitario

YouTube rappresenta per le case discografiche il futuro a cui guardare con speranza se vogliono cercare di uscire da tanti anni di crisi del settore musicali e altrettanti di stallo. Ma per farlo devono comunque cercare di strappare accordi abbastanza equi e che rendano giustizia al loro lavoro, senza sminuirlo. Mentre Spotify paga ai titolari dei diritti musicali una tariffa base minima per ogni stream, indipendentemente dai guadagni pubblicitari generati, YouTube e Vevo invece rendono una percentuale in base al fatturato, notoriamente soggetto alla salute del mercato e dell’industry adv. Nel 2015 così come sono scesi i prezzi delle singole inventory, gravati dalla cattiva salute del mercato pubblicitario, allo stesso modo anche i ricavi generati dagli annunci YouTube hanno subito una battuta d’arresto, nonostante l’esplosione dello streaming musicale. “YouTube è innanzitutto un business pubblicitario, anche se le etichette musicali non sono abituate a essere retribuite in base alla redditività della company”, ha affermato Mark Mulligan, l’analista di Midia Research. YouTube e Vevo pagano il 55% delle entrate provenienti dai video musicali alle etichette, a fronte di un 83% versato da Spotify.