Autore: Redazione
19/06/2017

Spotify raggiunge 140 milioni di utenti unici mensili. E nel frattempo il programmatic audio “esplode”

La società unisce un’anima tecnologica, basata su algoritmi, a una umana, che cura le playlist manualmente. Questo, secondo il global head of sales Brian Benedik

Spotify raggiunge 140 milioni di utenti unici mensili. E nel frattempo  il programmatic audio “esplode”

Spotify è stato tenace nella sua delicata offensiva agli advertiser. Nel mezzo del furore alzato dalle questioni della brand safety contro Youtube, la piattaforma di streaming musicale si è posizionata come un’ideale alternativa per le crescenti preoccupazioni dei marketer sulla trasparenza, e ora sta accelerando per mantenere i contatti con le agenzie attorno alla Croisette di Cannes. Vuole assicurarsi che il suo approccio al marketing people-based non passi inosservato. La piattaforma di streaming ora raggiunge 140 milioni di utenti attivi al mese, segnando una crescita anno su anno del 40%. Le tabelle di marzo indicano che 50 milioni di utenti si sono abbonati alla versione ad-free, ma è chiaro che la grande maggior parte del business è ancora basata sull’advertising.

Crescita esplosiva

Lo streaming online è indicato come la maggiore fonte di ricavo, a livello globale, per le vendite della industry musciale per il 2017, e le revenue provenienti da servizi come Spotify o Apple Music supereranno la vendita dei cd e dei vinili per la prima volta, secondo una ricerca di PwC. I ricavi dallo streaming toccheranno 9,1 miliardi di dollari quest’anno, con una crescita guidata dalla maggiore adozione dei servizi in giro per il mondo. Sebbene Brian Benedik, global head of sales di Spotify, sia a conoscenza del fatto che l’eccitante crescita della sua azienda è in parte generata dall’allargamento di utenza per servizi relativi allo streaming online, crede che ci siano altri fattori in gioco.

Le due anime di Spotify

Accenna al fatto che l’approccio del marketing è data driven e orientato al divertimento , ma anche alla profondità del catalogo, che ora conta 30 milioni di canzoni. Mantenere aggiornato il prodotto è molto importante secondo Benedik. “Come leader del settore, abbiamo sulle spalle il fardello dell’innovazione, gli utenti si aspettano da noi una continua capacità di innovare. Il nostro approccio al prodotto è duplice: crediamo che l’algoritmo e il machine learning possano davvero aiutare a scoprire nuova musica e nuove playlist, e quando hai 140 milioni di utenti sparsi per il mondo, è molto difficile creare playlist manualmente per ognuno di essi; quindi siamo convinti che gli algoritmi e le macchine possano farlo in maniera più efficiente. Ma allo stesso tempo crediamo che la cura umana sia altrettanto importante”, spiega indicando che playlist come RapCaviar e Throwback Thursday sono curate dal team interno. “Credo dunque che questo approccio bilaterale al prodotto e alla scoperta ha certamente aiutato la nostra crescita”.

Audio e programmatic

Quello che Spotify stesso ha scoperto nell’ultimo anno è un sempre crescente appetito per le digital audio ads automatiche. La piattaforma ha provato a fare da guida nel servire audio ads dalla firma degli accordi con Rubicon Project, AppNexus e The Trade Desk, attraverso cui ha aperto le sue inventory all’acquisto programmatico circa un anno fa. Spotify non ha mai tenuto segreto il suo desiderio di essere il venditore dominante di inventory audio automatiche, ma Benedik ha ammesso di essere stato travolto dalla crescita del marketplace. La società offre anche l’acquisto in programamtic di ads display e video, che sono significative per la piattaforma ma che fanno parte di un’arena piuttosto affollata.

“L’audio marketplace è esploso e stiamo assistendo, in parte, al passaggio dei budget dalla radio tradizionale al placement in programmatic audio”, continua Benedik. “Credo che i brand e le agenzie stiano godendo di un approccio all’investimento molto più legato ai dati, molto diverso dal piazzamento manuale del budget audio. Hanno la possibilità di allocare gli investimenti dividendo i fondi su diversi layer legati a evidenze provenienti dai dati che prima non potevano avere”, continua.

Approccio people-based

Queste evidenze sono il fulcro dell’approccio al marketing people-based di Spotify. Dopo aver siglato un accordo, negli USA, con LiveRamp, che da inizio anno riesce a riconoscere gli individui nei loro percorsi cross-device, la company sta levigando la sua strategia. Stringerà il suo focus sull’abilità di riconoscere le persone dalle loro abitudini più che dalle informazioni raccolte dai cookies, e attraverso questo costruirà i suoi target.

Negli scorsi 12 mesi sia Google sia Facebook hanno subito accanite domande sulla transparency, nel doppio significato di brand safety e misurazioni. Dai dubbi che sono cresciuti attorno ai due colossi, Benedik e la sua società hanno tratto largo vantaggio consentendo accesso a dati di prima parte e ad abitudini di ascolto, che possono aiutare Spotify a raccogliere parte dei fondi che prima erano dedicati al duopolio.

La piattaforma di streaming è al centro di diversi rumors che suppongono una sua quotazione in borsa, oltre che diverse nuove assunzioni del peso delle due nuove risorse provenienti da WPP.