Autore: Redazione
09/12/2020

Si avvicina il mondo senza cookie. I marketer a caccia di dati per nuove strategie di planning

Serviranno rinnovate modalità per avere a disposizione adeguati elementi di conoscenza sulle audience digitali. E il ruolo degli editori potrebbe essere decisivo. Ma servono alleanze con gli spender

Si avvicina il mondo senza cookie. I marketer a caccia di dati per nuove strategie di planning

Un anno fa il tema era già all’ordine del giorno e tra gli esperti e gli operatori la previsione era ampiamente condivisa: il mondo del marketing e della comunicazione avrebbe presto iniziato a vivere una fase di intenso riposizionamento dopo la scelta di Google di procedere alla graduale eliminazione dei cookie di terze parti connessi al browser Chrome, per proseguire, poi, lungo questo percorso di trasformazione fino alla cristallizzazione definitiva dei nuovi modelli, entro il febbraio del 2022. Così, inesorabilmente, l’opinione comune degli addetti ai lavori iniziava a disegnare un rinnovato quadro d’orientamento, cogliendo differenti scenari per il web direttamente collegati alle modalità di sviluppo dell’advertising digitale e della comunicazione interattiva. Quella del colosso statunitense, in effetti, è stata sicuramente un’operazione di grande impatto, anche considerando la capacità di Chrome di catalizzare, a livello mondiale, una quota di mercato ben oltre il 70%.

L’orizzonte temporale

L’orizzonte temporale indicato dal colosso statunitense ha, in pratica, costretto l’intero ecosistema del web a modificare gli assetti di moltissimi settori collegati e proprio la progressiva eliminazione dei cookie di terze parti dovrebbe rappresentare il compromesso tra l’esigenza di garantire agli utenti un’agevole navigazione insieme alla tutela dell’autonomia informativa. Ma c’è di più, perché questo processo all’insegna del cambiamento, anche se non immediato, dovrebbe tendere anche a garantire agli utenti spazi pubblicitari più trasparenti, privati e sicuri, coinvolgendo l’operato di editori, agenzie, sviluppatori e spender.

Ma è arrivata la pandemia…

Nel frattempo, è arrivata la pandemia, producendo uno tsunami imprevedibile e travolgente che non ha certo risparmiato il panorama della comunicazione e dei media, ma senza stravolgere, però, i progetti del colosso californiano di Mountain View, che ha pienamente riconfermato la tempistica delle proprie decisioni. Dunque, i professionisti, i manager, i decision maker che stabiliscono il destino degli investimenti pubblicitari delle aziende spender sono tornati precipitosamente a occuparsi dell’argomento cookie, sempre con meno tempo a disposizione per allineare le scelte a un orizzonte mutato, proprio tenendo conto dell’imperiosa irruzione del Convid-19, con le enormi conseguenze in chiave di planning, interessi degli utenti, esposizione ai media e abitudini di consumo. Tra i tanti, sta emergendo, prepotente, un quesito essenziale: Come acquisire dati e misurare le prestazioni pubblicitarie in un mondo senza cookie? E tra le numerose figure professionali di rilievo internazionale che si stanno concentrando sulle soluzioni, spicca il lavoro portato avanti ormai da parecchi mesi da Scott Tieman e Brad Herndon, rispettivamente, Global Lead, Programmatic Services e Managing Director, Personalization, Data & Analytics Practice Lead di Accenture Interactive.

La tesi dei manager

Cosa sostengono i due manager? Innanzitutto, che nonostante l'abbondanza di dati relativi ai consumatori, anche in riferimento alla pandemia - che ha spinto tantissime persone a trascorrere molto più tempo su internet e ad amplificare enormemente la quantità di acquisti online -, i cookie di terze parti, e addirittura alcuni cookie proprietari, comprendendo i relativi strumenti di marketing utilizzati per il targeting e l'attribuzione, stavano già diventando obsoleti ben prima della decisione di Big G. Verrà, quindi, a mancare un alleato essenziale: le piattaforme di gestione dei dati (DMP) e le piattaforme lato domanda (DSP), proprio sfruttando i cookie, hanno permesso per lungo tempo ai marketer di identificare, raggruppare e indirizzare il pubblico, aumentando la base di conoscenza in relazione a comportamenti e ipotesi di conversione. Ora, non potendo, ovviamente, rinunciare a monitorare i consumatori e a misurare l'efficacia delle campagne, i marketer dovranno procedere in modo diverso. Si è complicato tutto, allora? Effettivamente, la situazione è complessa. E secondo l’analisi effettuata dall’equipe di Accenture Interactive conviene, già da ora, strutturare un set di dati proprietario per ovviare all’impossibilità di “pescare” da serbatoi riempiti da dati di terza parte originati dai cookie. Ed è il punto di partenza. Per il momento - affermano Tieman e Herndon - ci sono ancora i cookie a disposizione, così come restano attive le procedure per raccogliere ed elaborare i dati raccolti proprio attraverso il meccansimo dei cookie, con la possibilità di arrivare a un’adeguata classificazione e misurazione del tutto conforme alla privacy. Però, nella visione dei manager, è arrivato il momento opportuno, in prospettiva futura e non troppo lontana, per dare la priorità ai dati di prima parte e creare archivi di dati interni che possano essere gestiti in modo indipendente. Occorre predisporre per tempo un rinnovato data base, e particolarmente ricco, che può includere dati demografici, comportamentali, di posizionamento, di interesse, di ingaggio. E l’elenco potrebbe essere lungo. Un patrimonio da sottoporre, poi, ad un’ulteriore revisione per approdare a dati segmentati.

Profilazione vantaggiosa

Tra le priorità per garantirsi una profilazione il più possibile vantaggiosa, ai marketer viene, allora, consigliato di aumentare il volume di ID reiterate, incoraggiando, ad esempio, l'accesso a un determinato sito attraverso migliori esperienze di registrazione oppure utilizzando originali incentivi orientati al consumatore. Poi, appare utile centralizzare il più possibile i dati dei clienti e altri dati proprietari, ad esempio quelli riferiti ai siti web e alla loro frequentazione, da considerare in una visione olistica che metta al centro la figura del cliente/utente, nel tentativo di stabilire un contatto continuo e, soprattutto, multicanale. Inoltre, la gestione dei dati dovrebbe essere organizzata tenendo conto di tutte le piattaforme di contatto per aumentare le potenzialità di segmentazione, targeting e misurazione dell'audience. Così, lungo questo percorso di ottimizzazione, appare chiaro come possa trovare spazio, e utilità, l'integrazione di modelli martech e adtech.

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L’unione fa la forza

Ma la strada indicata dai manager di Accenture Interactive propone altri elementi da considerare con attenzione, a partire dall’universo mobile e, soprattutto, dalla stretta collaborazione con gli editori. Molti publisher, in effetti, hanno raccolto nel tempo dati significativi sugli interessi dei propri sottoscrittori, che vanno oltre l’analisi comportamentale dell’utenza rispetto ai paywall. Con la fine dei cookie di terze parti, quindi, gli editori potranno sfruttare al massimo queste informazioni e costruire strategie efficaci attorno a una proposta di valore molto più esclusiva. Anzi, c’è di più: gli editori stessi avranno successo nella misura in cui riusciranno a generare dati accurati, autenticati e, soprattutto, proprietari. Allora, gli spender dovrebbero valutare con attenzione il patrimonio dei dati a disposizione di ciascun editore, come detto a partire dalla composizione dell’universo dei sottoscrittori, nel tentativo di trovare la migliore corrispondenza possibile con i propri target. Un modo efficiente di procedere prevede, dunque, la condivisione di una serie di informazioni sui clienti per comprenderne la natura e l’origine, i possibili abbinamenti con l’ambito produttivo e dei consumi e l’identificazione di potenziali segmenti di pubblico simili a cui rivolgersi. Pertanto, sarà sempre più importante sia per gli editori sia per gli spender disporre di dati proprietari di alta qualità da sfruttare. Inoltre, anche i volumi e i tassi di autenticazione sono importanti. E risultano preziosi soprattutto, per non dire solo, quando sono attuali. Con i rapidi cambiamenti nelle preferenze e nelle abitudini dei consumatori, in particolare sottoposti alla pressione della pandemia che sta imperversando in tutto il mondo, interpretare con la maggiore precisione possibile i comportamenti, la dimensione, la crescita e l'interazione del pubblico, anche in relazione ai contenuti, diviene pratica fondamentale per valutare il valore dei contatti e la loro pertinenza rispetto alle necessità degli investitori pubblicitari.

Relazione diretta

Gli spender si trovano in una posizione praticamente ribaltata: da una parte, senza più i cookie a disposizione, ma dall’altra nella possibilità di trarre, comunque, il massimo vantaggio da questa rinnovata condizione, proprio grazie a strategie basate sulla conoscenza del pubblico, sfruttando in modo adeguato la relazione diretta con gli editori. E questi ultimi devono saper offrire un raffinato livello di targeting contestuale, destinato a crescere inesorabilmente in un futuro post cookie. I gestori dei brand possono anche attingere ad analisi specifiche e private riguardanti i siti, che tengono traccia delle caratteristiche degli utenti e del rendimento delle campagne correlate. Utilizzando i dati proprietari dei publisher, i brand potrebbero ancora essere in grado di eseguire attività di remarketing, anche se su una scala notevolmente ridotta. Oltre a ciò, anche l'ottimizzazione delle creatività dinamiche dovrà dipendere dall’elaborazione di nuovi data base derivanti da letture interne da parte della sfera editoriale.

Il ruolo della tecnologia

Infine, un ruolo chiave lo giocheranno, ovviamente, le nuove tecnologie disponibili. Una serie di piattaforme tecnologiche performanti, alcune già operative, possono aiutare i marketer a iniziare pratiche di allontanamento dalla “dipendenza” dai cookie. Molte aziende impegnate nella produzione di tecnologie per l’advertising stanno investendo molto in ID conformi alla privacy e basati su dati demografici, che forniscono una visione continuativa e accurata di un utente. In questo momento, alcuni player, come LiveRamp e The Trade Desk, stanno unificando gli sforzi per condividere ID anonimi attraverso framework raggruppati e condivisi. Una strategia che potrebbe rivelarsi particolarmente promettente a lungo termine, anche se è ancora troppo presto per giudicarne la reale efficacia. Tuttavia, un pool sempre più ampio e crescente di player pronti a condividere dati identitari sta già producendo tassi di precisione e corrispondenza più analitici e utilizzabili sul fronte della conoscenza in chiave di marketing e comunicazione, senza più dover fare affidamento sui browser e, quindi, sui cookie; ed è prevedibile che queste opportunità si evolveranno notevolmente, a tutto vantaggio delle strategie di pianificazione. Anche in un “nuovo” mondo senza cookie.