Autore: Redazione
24/09/2022

Sentire la voce: il mondo audio raccontato da GOODmood Editore e dalla factory Goodadd

Il founder e CEO delle due realtà Marcello Pozza rievoca le origini di un settore e fotografa l’attualità, tra spinte creative e difficoltà italiane di monetizzazione

Sentire la voce: il mondo audio raccontato da GOODmood Editore e dalla factory Goodadd

Marcello Pozza, fondatore di GOODmood Editore e CEO di Goodadd

L’audio e i suoi format ormai imperversano, un trend che somiglia a un assedio. Ma quali sono state le origini del fenomeno? Sappiate che, qualora voleste farvi un viaggio nella macchina del tempo non le trovereste proprio dietro l’angolo. E le controindicazioni potrebbero eliminare ogni forma di entusiasmo: siamo infatti di fronte a un settore ricco di iniziative, verve, gioia e creatività ma non facilmente monetizzabile. Può intrattenere, informare e anche motivare, con possibilità che paiono illimitate, ma con esse non mancano le problematiche. DailyNet vuole chiarezza e la trova nelle parole di Marcello Pozza (preotagonista anche della puntata di DailyOnAir presente su questo numero e sulla pagina del nostro sito al link https://www.dailyonline.it/dailyonair) , fondatore di GOODmood Editore (https://www.goodmood.it/) e di goodadd.it; dalla sua un'esperienza quarantennale nel mondo della voce, della radiofonia e delle produzioni audio. Nel 2000 fonda GOODmood e nel novembre del 2018 ecco nascere goodadd.it, la creative factory operante nell'ambito del marketing & comunicazione, specializzata nella realizzazione di branded podcast, digital audio advertising ma anche di company podcast a supporto della comunicazione interna aziendale. Ma il preambolo è un po’ più lontano nel tempo…

Possiamo fare un riassunto dell’avventura di Marcello Pozza? Tutto ebbe inizio nel 1978?

«Nel 1978 nasce a Padova PushPull, no dei primi centri di produzione radiofonica in Italia, nel 1984 lo sbarco a Milano, nel 1986 l’acquisto di una quota da parte di SPER, del Gruppo Editoriale Espresso, il trasloco nella nuova sede, dove a un certo punto arriva anche Radio Deejay, nel 1990. Sempre in quell’anno facemmo i Mondiali 90 con la Gialappa’s, che al tempo si muoveva sulle frequenze di Radio Popolare. Poi, si chiude l’avventura targata SPER, io ricompro le mie quote e le strade con Repubblica si dividono. Niente di traumatico, solo obiettivi e scenari diversi. Parallelamente, avevamo aperto la nostra società editoriale di impronta musicale, molto jazz, poi specializzata in cori gospel (producemmo un coro protagonista dei Natali del Vaticano). A metà anni 90, un altro cambio di passo, decisamente epocale: la produzione di due audiolibri, “Va dove ti porta il cuore”, best seller di Susanna Tamaro, quella volta in regia, letto da Piera Degli Esposti, e “Nico e i suoi fratelli”, con Aldo Giovanni e Giacomo al culmine della forma e improvvisamente divenuti popolari, anche grazie alla tv e al format della Gialappa’s. Era il 1996, sfortunatamente non c’era ancora un mercato legati agli audiobook, sicché i due prodotti non andarono per nulla bene, vendettero poche copie. Molti anni dopo, quello che alla fine era un vero e proprio pregiudizio (“i libri per ciechi”), avviene lo sdoganamento: nel 2008, insieme a Fiat andiamo al Salone del Libro a Torino, l’azienda mette due sue auto nello stand, e presentiamo gli audiolibri all’interno delle vetture. La storia va avanti e con essa il progresso: si arriva al 2016, quando in Italia arriva Audible, azienda enorme, con un progetto molto forte. Subito dopo ecco spuntare anche Storytell. Le cose cambiano… Oggi abbiamo quattro sale, a Milano e Padova e produciamo per conto terzi, ma anche per conto nostro: per fare esempi di successo gli ultimi quattro titoli legati a Corona sono nostri, o anche quelli di Brizzi. Stiamo dando vita a un nostro catalogo e possiamo contare su oltre 700 titoli».

Oggi però è cambiata la parola chiave: podcast. Come siete cambiati  voi?

«Non siamo stati fermi e abbiamo inaugurato un portale, Quattrotracce.com, che vanta già 15 titoli. Vogliamo diventare una nave scuola che mette a punto progetti di qualità e li porta in aree vantaggiose dal punto di vista economico».

A proposito: quanto c’è di vero nelle difficoltà di monetizzazione legate ai format audio in Italia?

«In Italia ci sono 14 milioni di fruitori, ma sono frantumati in migliaia di contenuti. Il mercato sta andando verso progetti di grande qualità, con produzioni incredibili».

E quindi, quali sono i punti cardine sul quale basare un prodotto audio di qualità? Cosa è realmente un podcast e cosa non è?

«I punti base del podcast sono: una bella idea, che faccia la differenza; il suo confezionamento, tra tempi e spazi. Il podcast risponde a un’esigenza proveniente dal pubblico e avrebbe potuto essere un jolly per le radio, ma i costi sarebbero stati inimmaginabili. Non è il reload di una trasmissione, ma qualcosa di nuovo, a parte. Un recente studio ha sancito che la durata non dovrebbe mai superare i 22-23 minuti, ma probabilmente dovrebbe essere intorno ai 10-15 minuti. Certo, poi dipende dai contenuti che proponi, da temi che necessitano di un racconto più esteso, mentre altri son graziati proprio da un minutaggio ridotto».

Quale è la vostra strategia oggi?

«Ci muoviamo tra audiobook e intrattenimento e vogliamo avvicinare le aziende al mondo dell’audio. Recentemente, un’operazione ideata con una grande catena GDO delle Tre Venezie, ossia Despar, ha portato degli ottimi risultati: abbiamo iniziato con un progetto app, abbiamo realizzato un buon ingaggio, abbiamo consigliato una sezione audiobook e poi anche podcast. Nel primo mese di test, dal 24 dicembre 2020 al gennaio 2021, abbiamo contato 230 mila ascolti in media. L’iniziativa è continuata, noi aggiungiamo i contenuti, e si è attestata sui 110mila ascolti mensili. Altro esempio, legato a una serie di audiolibri, sul tema coaching, concessa a Gefran che li ha distribuiti ai suoi 800 dipendenti: ebbene, il 75% di loro li ha consumati. Abbiamo fatto anche un test con un liceo classico sugli audiobook dedicati ai filosofi storici: dieci libri e la conferma finale di come abbiano aiutato l’apprendimento e la capacità espositiva degli studenti, abbiano contribuito a migliorare l’uso del linguaggio»

Quali settori potrebbero fare molto di più sul fronte audio?

Tanti. Mi vengono in mente subito le industrie che si occupano di bellezza, il settore farmaceutico, la moda… Tra farmacia e informazione ci sarebbe da fare tantissimo, le potenzialità enormi. Pensiamo al QR Code: che succederebbe se uno, con la voce di uno specialista, spiegasse il prodotto? Senza sembrare autoreferenziali, Forbes ha premiato i podcast di Banca Ifis, che raccontano le storie di aziende che si sono reinventate durante la pandemia e noi ne abbiamo prodotto ben 12. Magari ci sono società impegnate in qualcosa di particolare, che però non hanno mai avuto l’idea di raccontarlo. Arriviamo noi e creiamo un canale di racconto permanente.

Come vi definireste?

«Non siamo una startup, ma un qualcosa di concreto. Siamo noi e un’altra decina in tutta Italia. C’è troppa gente improvvisata che ruota nel mondo dell’audio, ma ci sono anche bravi, se hai verve, sapienza, tempi giusti. E c’è un progressivo interesse internazionale sui progetti di qualità del nostro Paese. Ancora qualche anno e dovrebbe svilupparsi. Ora occorre avere pazienza, siamo in un momento di stand by dovuto alla guerra. È comunque importante fare rete, per catturare le opportunità anche nascoste così da poterle sviluppare».