Autore: Redazione
26/06/2023

Oltre le complessità di scenario, le risposte di Adform per un adv digitale efficace ed efficiente

Presente e futuro della comunicazione digitale nelle parole di Riccardo Brambilla, Country Manager Italy di Adform

Oltre le complessità  di scenario, le risposte di Adform per  un adv digitale efficace ed efficiente

Riccardo Brambilla, Country Manager per l’Italia di Adform

Non si può più dare nulla o quasi per scontato, ancor di più nel mondo della comunicazione che fa rima con marketing, anche perché, nel frattempo, strategie, scoperte, spartiti cambiano con una rapidità che, sebbene ormai usuale, spesso ci trova ancora impreparati, soprattutto quando ci si inoltra nel campo del digital. Giusto allora fare un bel punto della della situazione, che apra una breccia, come il sole che fa definitivamente capolino tra le nubi ad annunciare l’estate. Ci rivolgiamo allora ad Adform, società globale di tecnologia pubblicitaria sui media digitali, specializzata in tecnologie di automazione del marketing programmatico in tempo reale. Chiediamo un incontro con Riccardo Brambilla, Country Manager Italy di Adform (ospite anche di DailyOnAir - The Sound Of Adv), lo otteniamo.

Quali saranno le principali sfide che il mercato dovrà affrontare in questo 2023?

«È uno scenario sempre più complesso quello della pubblicità che non è immune dalle incertezze dei mercati internazionali, dagli scossoni finanziari e dagli eventi bellici. In più il nostro settore deve tenere conto anche dei cambiamenti specifici che riguardano l’advertising digitale, in particolar modo la gestione dei dati e dell’identity che si accompagnano alla scomparsa dei cookie, al controllo dei costi, alla misurazione e a una crescente richiesta di sostenibilità che, finalmente, è approdata anche nel nostro mercato. Se per i primi fattori viviamo tutti l’attesa delle evoluzioni, per gli altri aspetti, Adform lavora instancabilmente per dare delle risposte ai propri interlocutori attraverso soluzioni di advertising digitale efficaci ed efficienti, in grado di rispondere ai criteri di rispetto dell’ambiente e delle audience permettendo la pianificazione di campagne pubblicitarie sostenibili in tutti i sensi e che tengano conto delle variabili dato, trasparenza e carbon neutrality. Adform lavora da anni allo sviluppo di soluzioni flessibili ed efficaci per gli advertiser: una scelta premiata dai dati dell’Annual Report 2022 di Adform, che delineano un’azienda solida, pronta a dar seguito alle strategie di continuare a intensificare gli investimenti e le assunzioni: con un fatturato record di 92 milioni di euro, prevediamo, infatti, di sviluppare un piano industriale che darà un’accelerazione agli investimenti nel 2023 e favorirà l’assunzione di altri 100 dipendenti sia nella divisione vendite sia nello sviluppo del software».

Cookie, finisce un’epoca? Quale la soluzione definitiva?

«In realtà siamo già nella cookieless era se consideriamo che Safari ed Explorer hanno già abbandonato i cookie da tempo. È di pochi giorni fa l’annuncio di Google finalmente pronta a testare l’1% dei suoi utenti in un ambiente privo di cookie. Non è la prima volta che Google presenta calendari sul tema, innescando nel mercato pubblicitario confusione, con gli advertiser costretti a operare senza sapere quale sarà il risultato dei cambiamenti annunciati. Non c’è da stupirsi se ancora oggi non tutti si trovano pronti ad affrontare lo scenario. C’è ancora poca chiarezza sugli aspetti di Sandbox e gli inserzionisti non dovrebbero lavorare in una condizione di attesa. Al contrario, per costruire le loro strategie dovrebbero adottare le tecnologie già disponibili per gli ambienti senza cookie come Safari e Firefox. Nonostante i ritardi, la fine dei cookie su Chrome arriverà e gli inserzionisti dovrebbero prepararsi già da ora. Non ha senso attendere, bisogna essere pronti e misurarsi sin da ora con quella metà degli utenti di internet che si trovano già in ambienti che ne sono privi. Da tempo, sono disponibili soluzioni e tecnologie che supportano la pubblicità basata su ID di prima parte. Consentono alle direzioni marketing di raggiungere il pubblico cookieless in modo mirato e permettono di farlo nel rispetto della privacy, del dato, della trasparenza dei costi e delle performance. Da anni, Adform lavora allo sviluppo di soluzioni per ambienti cookieless e ha introdotto nel mercato ID Fusion: prima nel suo genere ad attivare sia gli ID di prima parte sia quelli di terze parti. Una soluzione che mette al centro la privacy e fa da ponte tra gli ID di prima e terza parte su tutti i browser e i dispositivi, abilitando il data-driven targeting, l’ottimizzazione e la misurazione in ambienti come Firefox e Safari, già privi di cookie di terze parti. Uno studio di PricewaterhouseCoopers LLP (PwC) dell’anno scorso ha evidenziato come un approccio “attendista” o troppo lento equivalga oggi a una tangibile perdita di opportunità e di business. Un utilizzo agnostico degli identificatori di prima parte, infatti, è già in grado di produrre numeri davvero notevoli: secondo l’analisi, che ha coinvolto in un test Adform con OMD Norway e Renault, l’addressable reach è incrementata di un sorprendente 669% accompagnata da un incremento del 161% del CTR, con una conseguente crescita della viewability e dell’eCPM, e a una riduzione del CPC del 65%. Un’altra nota casa automobilistica ha ottimizzato i costi (-27% CPM) e ha aumentato la reach (+43%). Sono molti i progetti italiani e internazionali in cui ID Fusion dimostra la sua validità in tutto il mondo e in ogni settore, come utility, telecomunicazioni, agenzie media e altro ancora». 

adform_logo_darkblue_rgb

Cosa significa oggi innovazione e in che modo la si può cavalcare nel mondo della pubblicità?

«Innovare significa non solo cogliere i segnali di cambiamento ma anche anticiparli contribuendo a costruire un pezzetto di futuro. Adform dal 2002 sviluppa tecnologie capaci di potenziare la collaborazione uomo-macchina e mette a disposizione soluzioni di augmented intelligence, contribuendo all’amplificazione dei risultati dei propri clienti in tutto il mondo. Flow e ID Fusion sono due esempi del nostro impegno verso l’innovazione continua che non trascura nessuna degli elementi che compongono l’ecosistema dell’advertising digitale: ad server, DSP, SSP e DMP. Questo impegno ci viene riconosciuto da importanti istituzioni: lo scorso novembre Adform è stata votata la miglior DSP dai lettori di Adweek, ID Fusion ha ricevuto The Drum Digital Advertising Award “Best Response to Change” e Adform Flow nel 2021 ha ricevuto il Red Dot Design Award Communication Design nella categoria Interface and User Experience e l’IF Design Award».

Come controllare l’impatto in termini di carbon footprint lungo la catena del valore del programmatic?

«La necessità di un cambio di passo è imposta sia dai consumatori sia dalle normative, per prepararsi adeguatamente alla Corporate Sustainability Reporting Directive sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale diramata dall’UE. La direttiva stabilisce un dovere di due diligence in materia di sostenibilità per promuovere comportamenti aziendali sostenibili e responsabili lungo le catene del valore globale e obbligherà gli Stati membri a recepirla in diritto nazionale a partire dal 2024. Adform ha già un programma ESG in atto da tempo che lavora sulla riduzione del carbon footprint (per esempio il 97% dei nostri server usano energia da fonti rinnovabili) e per questo motivo ha deciso di applicare la propria vision di sostenibilità anche lungo la catena del valore del programmatic integrando, come prima DSP a livello globale, Scope 3: il principale fornitore di dati sulle emissioni della supply chain. Forse non tutti sanno che il programmatic genera all’interno di 5 economie primarie come USA, Gran Bretagna, Germania, Francia e Australia ben 215.000 tonnellate di CO2 su base mensile, di cui ben 33.500 tonnellate di CO2 sono prodotte dal 10% dei domini con peggiori performance in termini di emissioni. Il motivo è semplice: anche una sola impression genera centinaia di chiamate ad altrettante adtech company, con il risultato di scatenare il consumo di elettricità da parte di migliaia di server. Secondo il Greenhouse Gas Protocol (GHGP) ci sono 5 stadi su cui focalizzare il ciclo di vita di un prodotto e, pertanto, i momenti su cui si può intervenire per ridurre l’impatto ambientale dello stesso. Per quanto riguarda il programmatic, Scope 3 si focalizza sullo stadio 3 (distribuzione e stoccaggio) e sullo stadio 4 (utilizzo del consumatore), in quanto sono quelle più facilmente migliorabili in maniera scalare, ovvero grazie alla tecnologia stessa. In particolare, fatto 100 il totale della sorgente di emissioni di un ad impression ben il 61% deriva dal processo di ad selection e quindi in particolare dalla supply path del programmatic. In base ai dati di Scope3 è emerso che eliminando il 5-7% dei domini con le peggiori performance dal punto di vista di impatto di CO2, si può arrivare a ridurre fino al 25-30% la carbon footprint di una campagna, senza causare alcuna modifica alle prestazioni (addirittura in alcuni casi migliorandole) e consentendo pertanto di operare la decarbonizzazione sistemica. Grazie al nostro accordo con Scope3, gli inserzionisti hanno a disposizione un database che assegna un punteggio, in base alla carbon footprint, ai gestori / proprietari dei media e ai partner della supply chain. Un esempio tangibile sono i risultati della prima campagna di programmatic advertising in collaborazione con Scope3, sviluppata per la promozione della gamma dei veicoli elettrici e-tron di Audi per il mercato ceco dall’agenzia media PHD, che ha permesso di ridurre del 52% le emissioni di anidride carbonica di una campagna garantendo al contempo un aumento del 65% delle performance. Attraverso questo esempio pratico, i brand hanno la possibilità di valutare l’impatto ambientale delle loro campagne e di bilanciare le performance e le emissioni di anidride carbonica, il tutto senza cambiare la strategia e gli obiettivi digitali, poiché la riduzione delle emissioni è attivata insieme ai KPI dei marchi».

Come si sta evolvendo il programmatic? E la standardizzazione dell’offerta CTV può accelerare la trasformazione del programmatic in una completa offerta multicanale?

«A causa della forte centralità della TV lineare nelle pianificazioni media con differenti standard di misurazione basati sul calcolo della reach e dei GRP, tradizionalmente, l’offerta multicanale digitale ha giocato un ruolo da gregario. Il modello tradizionale omnicanale composto da TV + digitale è centrico - a stella, dove la TV lineare è nel mezzo e i media digitali in tutte le loro espressioni (Display, Mobile, DOOH, Digital Audio adv) sono l’assist incrementale: si parla infatti di digitale che opera a supporto e fa “extended reach”. Quando la televisione diventa “connessa” può utilizzare gli stessi proxy di misurazione degli altri mezzi digitali e quindi consente di utilizzare un modello circolare, dove non c’è più al centro un canale privilegiato rispetto agli altri, bensì tramite un controllo di frequenza cross canale, tutti i mezzi digitali assumono pari dignità e porteranno ciascuno il proprio contributo in funzione della loro diversa fruizione da parte dei consumatori/degli utenti finali. Un’indagine di Samsung ads condotta in Gran Bretagna dice che tra la Gen Z più focalizzata su YT, e baby boomers con parte della Gen X ancora affezionati alla tv lineare c’è un gap, sostanzialmente identificabile nei Millennials, in pratica il tanto osannato responsabile degli acquisti 25-44enne, prevalentemente presente sulla CTV. Da questo consegue come la TV connessa abbia iniziato a colmare il divario tv/digitale diventando un canale integrato nel panorama dei media digitali omnicanale e come il programmatic possa essere un ulteriore assist per questa convergenza. Per questo motivo, oggi, molti inserzionisti che vogliono andare sugli schermi televisivi per raccontare le loro storie possono anche contare sui vantaggi della pubblicità programmatica, in particolar modo sulla sua misurabilità, anche per le pianificazioni su Connected Tv. Tecnicamente, uno spot televisivo digitale non è altro che uno spot video online in un browser web. Di conseguenza, l’RTB, gli standard di misurazione VAST e l’OM Web Video SDK possono essere applicati anche agli spot televisivi riprodotti su una smart TV. Inoltre, c’è anche l’opportunità di applicare il Transparency and Consent Framework e di affrontare con consapevolezza le frodi pubblicitarie. È di questo tipo l’approccio omnicanale a cui sta puntando Adform: grazie a un’offerta multicanale digitale completa, supportata dall’utilizzo di ID Fusion, la nostra soluzione agnostica cookieless di gestione dei first party ID, che una volta portati anche sulla CTV rendono possibile la realizzazione di campagne con frequency capping cross-channel e campagne integrate di brand e performance. In conclusione, va sottolineato che manca ancora un passaggio di maggiore consolidamento nella standardizzazione della CTV sotto molteplici aspetti, ma questo sembra che potrà succedere a breve e sicuramente la sessione sulla TV 2.0 che conosceremo successivamente, saprà svelarne il relativo stato di maturità».