Facebook e Google non forniranno più pubblicità ai siti che diffondono bufale
È questa la risposta dei giganti hi tech alle polemiche emerse dopo l’elezione di Trump. Ma se sul fronte advertising qualcosa è stato fatto, a livello editoriale tutto rimane come prima: le notizie false continueranno a circolare su social e motore di ricerca
“Senza Twitter, Trump non avrebbe vinto le elezioni”. Lo ha detto Marc Benioff, ceo di Salesforce, società che è stata interessata a rilevare l’azienda dietro alla piattaforma dei 140 caratteri, sul palco della Code Conference in corso questi giorni a San Francisco, facendo emergere ancora una volta un tema di grande attualità negli Stati Uniti e nel mondo. Sì, perché nell’ultima settimana diverse testate si sono interrogate su come i social media e i motori di ricerca hanno influito sul risultato finale delle presidenziali, specialmente in relazione alle bufale circolate in rete prima e dopo le elezioni.
Perché se è vero che è scaturita un’intensa polemica attorno a Facebook, reo di aver permesso la circolazione di notizie false prima delle elezioni dell’8 novembre e di aver così alterato le decisioni di voto degli americani, anche Google è incappata in un incredibile autogol. Big G, infatti, ha messo in cima ai risultati di ricerca per le keyword “election final count” il sito 70news.wordpress.com, non certo comparabile a più autorevoli fonti come il New York Times, con informazioni errate in merito alle elezioni.
Per questo i due colossi hi tech hanno affermato di voler modificare la propria policy pubblicitaria, per interrompere la fornitura di servizi che consentono di monetizzare il proprio traffico ai siti che diffondono bufale. Nel frattempo in Europa, secondo un report di Euractiv, la Commissione sarebbe pronta a chiedere maggiore trasparenza ai giganti del web californiani in merito al funzionamento degli algoritmi, in modo da rendere pienamente consapevoli i miliardi di utenti che in qualche modo vi entrano in contatto quotidianamente.
Facebook
Di particolare interesse è il ruolo di Facebook, la prima fonte di informazione per la maggior parte degli americani. Un portavoce della società ha affermato che l’azienda “bannerà” i siti contenenti bufale, inserendoli nella categoria che comprende i portali fuorvianti, illegali e ingannevoli di Facebook Audience Network. Questa scelta mira a danneggiare questa tipologia di editori, tagliandone le fonti di monetizzazione. "Facciamo rispettare rigorosamente le nostre politiche e agiamo rapidamente contro i siti e le applicazioni che si trovano a essere in violazione. Il nostro team continuerà a controllare da vicino tutti i potenziali editori e monitorare quelli già esistenti per garantirne la conformità", ha spiegato un portavoce.Google
E così, alla luce delle diverse polemiche, anche Google ha annunciato che non fornirà più AdSense a quei siti che fanno disinformazione, promuovendo notizie false. La novità non dovrebbe avere un grande impatto sulla società di Mountain View in termini di mancate entrate ma dovrebbe averlo sui siti contenenti bufale, anche se questi potranno rivolgersi a prodotti concorrenti ma meno remunerativi. La società ha detto che prevede di evitare la distribuzione degli annunci “su pagine che travisano, riportano informazioni errate o nascondono informazioni sull’editore, il contenuto del publisher, o lo scopo primario”. In altre parole, i siti che riportano notizie false. Come Facebook, anche Google continuerà a indicizzare i siti che diffondono bufale.