Autore: Redazione
29/06/2016

Per rispondere all’attacco dei colossi digitali, Spotify punta sulle sue peculiarità

Apple, Google e Amazon potenziano i servizi di streaming e hanno la forza necessaria per competere con la piattaforma. La struttura guidata da Daniel Ek manca di un business parallelo che assicuri stabilità, ma compensa queste mancanze con un articolato piano di marketing

Per rispondere all’attacco dei colossi digitali, Spotify punta sulle sue peculiarità

Spotify ha perso la sua caratteristica disruption ora che i flussi di streaming sui device sono così vasti, e questo aumenta le pressioni sulla sua divisione marketing, adesso ancora più responsabilizzata verso il compito di creare valore ulteriore nella musica e trasmetterlo alle persone.

Spotify minacciato

Non sembra abbastanza il tentativo di stringere un legame tra playlist e brand, né il principio di combattere la pirateria musicale che ne aveva fatto le fortune ai suoi inizi. Apple, Google e Amazon stanno emergendo nel segmento, diventando vere e proprie minacce per Spotify che potrebbe essere inghiottito in un ecosistema di brand all’interno del quale è proprio quest’ultimo a non avere caratteristiche specifiche al di fuori dello streaming. Apple produce gli hardware, Google l’advertising, Amazon è un gigante dell’ecommerce, e Spotify poggia solo sulla musica. Il suo valore relativo è quindi quasi nullo, dato che i contenuti non sono di sua produzione. La piattaforma siede in una postazione precaria, dove un brand più ricco o più strutturato potrebbe attrarre un numero maggiore di abbonati e offrire più stabilità, data appunto dalle attività parallele (nei casi citati primarie).

Le soluzioni

Per rispondere alle criticità del suo impianto strutturale Spotify ha bisogno di migliorare il suo sistema di advertising. I dati sono stati il core del campo vendite della piattaforma, e saranno critici anche per le future strategie di marketing. Il possesso delle informazioni sugli utenti facilita la comprensione di quali inserzioni siano più efficaci per ognuno di essi. Ad esempio: un sondaggio ha riportato che il 28% degli americani considererebbe di trasferirsi in Canada se Donald Trump venisse eletto presidente, e contemporaneamente è stata creata dagli utenti della piattaforma una playlist chiamata “moving”. Qualche giorno dopo, il brand ha usato la top track della scaletta musicale in una video ad in cui una coppia si trasferisce portandosi dietro l’intera casa. “L’audience è il nostro asset chiave; non la sua proiezione, ma il dettaglio dei dati che abbiamo raccolto su ognuno, che definisce ogni utente. Non dobbiamo necessariamente raccontare il brand Spotify, ma vogliamo raccontare la storia di un fan della musica”, spiega il chief marketing officer Seth Farbman.
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Seth Farbman, cmo Spotify

Moments e strategia

La creazione di diverse comunicazioni legate ai momenti e agli umori delle audience, secondo Farbman, trasformerà la community nella maggiore attrazione per gli utenti, sia free sia a pagamento. Invece di spingere le revenue per-iscritto, la società sembra più preoccupata di convincere sempre più gente ad utilizzare il servizio, e convincere i free user ad abbonarsi. “Abbiamo visto che gli utenti hanno ridotto i tempi in cui scelgono di pagare per Spotify, ci mettono poche settimane. Gli serve solo rendersi conto che questa piattaforma è il prodotto che cercano. Arrivano da noi cercando musica di più alta qualità e offrire questi contenuti è il proposito su cui l’azienda si fonda”, continua Farbman. Un messaggio che sembra funzionare, e infatti se il numero di iscrizioni medie si è abbassato del 4,5% nel 2015, la conversione al premium è cresciuta del 6,5%. Dati importanti per bilanciare i due tipi di utenze e per il bilancio, considerando che il 90% delle revenue arrivano da meno di un terzo (31,4%) del totale utenti, per un valore di 1.96 miliardi di dollari. Mentre dai free user e dalla pubblicità che li raggiunge, Spotify ne ricava solo 222 milioni.
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Taylor Swift

La spinta degli artisti

Il supporto di personalità di spicco nell’ambiente musicale potrebbe essere un boost ulteriore per la società. Bjork e Taylor Swift hanno già espresso il proprio placet per la società, e Troy Carter, uno dei manager più influenti che gestisce cantanti come Lady Gaga, è stato assunto a giugno per “proteggere le voci” dei suoi artisti. Una mossa che potrebbe rivelarsi fondamentale. Un’altra carta che Spotify è pronta a giocarsi è una comunicazione migliore dei mezzi offerti agli artisti stessi per la gestione del proprio business. “Abbiamo gli strumenti per fare in modo che gli artisti identifichino i fan più accaniti o per suggerirgli come potrebbero strutturare i propri tour in maniera alternativa, in modo da raggiungere luoghi dove i fan sono più numerosi”, spiega Farbman. Per facilitare il marketing shift, è cambiato il modo di lavorare con le agenzie: da accordi della durata di un progetto, la società ha scelto Weiden + Kennedy, con la quale ha sottoscritto un contratto globale. Ma Spotify sta anche assumendo una schiera di creativi che lavoreranno internamente e cercheranno di far fruttare i budget allocati ai media tradizionali