Autore: Redazione
11/03/2021

Centromarca: nel 2021 previsioni spesa adv vicine al +4%, ma la vera sfida sono i nuovi equilibri tra mezzi

Per la associazione delle aziende di marca, più del trend quantitativo è importante il cambiamento nel media mix; una ricerca Althesys rivela che le associate esprimono un valore condiviso di 73,1 miliardi di euro, pari al 4% del PIL

Centromarca: nel 2021 previsioni spesa adv vicine al +4%, ma la vera sfida sono i nuovi equilibri tra mezzi

Roberto Bucaneve, Direttore Centromarca

Le aziende di marca in Italia esprimono valore condiviso, vale a dire la capacità di generare e distribuire ricchezza, benessere e occupazione per il sistema socio-economico, per 73,1 miliardi di euro, pari al 4% del PIL 2019. Lo dice una ricerca Althesys Strategic Consultants condotta per Centromarca; il dato si confronta con una crescita del prodotto interno lordo, sempre nel 2019, dello 0,3% secondo Istat. Complessivamente, si tratta di un terzo dei fondi del Recovery Fund e al 119% dell’intera produzione italiana di agricoltura, silvicoltura e pesca.

nestle-marco-travaglia_dentro

Marco Travaglia

 

 

«I prodotti di marca riempiono ogni giorno la vita di milioni di persone, che ne apprezzano valori percepibili come qualità, innovazione, prestazione e accessibilità», sottolinea Marco Travaglia, Vice Presidente Centromarca e Presidente e Amministratore Delegato del gruppo Nestlé in Italia. «Ma il cittadino chiede alle marche qualcosa di più: vuole conoscere i valori che le animano, il valore che generano per il mercato e la collettività, l’impegno per la sostenibilità ambientale e sociale. Gli studi che abbiamo presentato documentano l’ampia portata e la concretezza dell’attività delle nostre industrie su questi fronti».

Le previsioni sull’adv

Tuttavia, le aziende di marca si muovono in un contesto a due velocità, a livello internazionale – con USA e Asia avviate verso una ripresa più veloce di quella europea – e locale, poiché in Italia il primo semestre sarà ancora negativo come emerge dall’osservatorio sullo scenario macroeconomico di Intesa Sanpaolo. Ieri, intanto, sono circolate le previsioni di UPA sulla spesa pubblicitaria nel 2021 emerse dalla survey annuale condotta sugli associati, secondo cui gli investimenti in Italia dovrebbero crescere del 4% a fronte di un -11% registrato l’anno scorso.

A questo proposito, Centromarca si dichiara piuttosto in linea, precisando che «la sfida non è solo la crescita quantitativa degli investimenti – spiega il Direttore Roberto Bucaneve -, ma la trasformazione del media mix, con una perdita di importanza dei canali generalisti e una crescita del digitale. Il punto è quindi il nuovo equilibrio tra diversi canali e operatori». Secondo i dati presentati da Gregorio De Felice, Chief Economist di Intesa Sanpaolo, la campagna vaccinale renderà più stabile la ripresa dal terzo trimestre.

Nel 2021 si attende un incremento globale del PIL del 5,3%, a fronte del -4,1% del 2020. Il commercio internazionale, su cui punta molto l’economia italiana anche perché, spiega De Felice, «le nostre aziende hanno capito che il nostro mercato asfittico non è più strategico. Questa ripresa va bene per l’Italia che ha un modelli di crescita guidati dall’esportazione», dovrebbe segnare un +12,4% contro il -9,4% dell’anno scorso. Il PIL crescerà del 6,2% negli USA, del 4,1% in Europa e del 7,8% in Cina.

Prospettive per l’Italia

E l’Italia? Per quanto riguarda il PIL è prevista una crescita del 3,7%, «un parziale recupero» afferma De Felice perché non riguarda tutti i settori. Per esempio, restano penalizzati i servizi come turismo, cultura, tempo libero. I consumi sono rimasti lenti a fine 2020, e l’incertezza delle prime settimane di quest’anno non giova all’andamento del primo semestre, che si chiuderà ancora in ribasso, per poi recuperare nel secondo. Le previsioni dei prossimi anni indicano un andamento “a gobba” con un picco al 3,9% nel 2022 per poi scendere piuttosto velocemente.

«L’Italia deve fare riforme strutturali per non tornare a tassi di crescita modesti dopo l’iniezione di Next Generation UE. Deve intervenire su concorrenza, semplificazione della pubblica amministrazione, sui tempi della giustizia civile e sulla giustizia fiscale, per evitare che nel 2025 torniamo a livelli modesti di crescita del PIL». Dalla movimentazione dell’eccesso di risparmio – 84 miliardi di euro presso le famiglie – si potrebbe generare un 5% di PIL ma «bisogna ricreare la fiducia».

Principali evidenze della ricerca Althesys

L’obiettivo della ricerca Althesys è valorizzare gli impatti positivi dei prodotti delle aziende grocery associate a Centromarca e dalla catena del valore a monte (fornitori) e a valle (distribuzione e vendita). Il perimetro è quello del 2019. Rispetto al totale, 12,5 miliardi di euro sono generati con il ricorso a fornitori italiani, 16,2 miliardi nella fase di produzione delle industrie di marca, 1,3 miliardi con la logistica e 43,1 miliardi con i diversi canali distributivi, di cui 10,3 con la moderna distribuzione.

È parte del valore condiviso anche la contribuzione fiscale: 30,2 miliardi di euro, pari al 6,4% delle entrate fiscali italiane del 2019. Secondo le stime di Althesys, ogni addetto dell’industria di marca genera 7 occupati nella filiera e 10 nell’intera nazione. «Quest’ultimo è probabilmente il dato più significativo – fa notare Alessandro Marangoni, amministratore delegato di Althesys Strategic Consultants -. L’industria di marca italiana è un motore di sviluppo per l’intero sistema economico, che pervade l’intera filiera e crea ricchezza e benessere oltre i confini delle imprese. Questa capacità di creare valore è un elemento concreto per la resilienza e il rilancio dell’Italia».

tab_1

I diversi settori

Con un valore condiviso di 28 miliardi di euro, il comparto alimentare genera oltre il 38% del totale. Di questi, 1,8 miliardi sono generati da agricoltura e allevamento. Il comparto alimentare contribuisce alla fiscalità con 11,7 miliardi, e all’occupazione con oltre 290mila posti di lavoro. Il 49% del valore generato nella fase di distribuzione e vendita è per la moderna distribuzione, dove passano i maggiori volumi. L’industria rimane, tuttavia, la principale creatrice di valore condiviso se comparata alla GDO, che supera del 57%.

Le bevande creano 34 miliardi di euro di valore condiviso, 14 miliardi di contribuzione fiscale e oltre 359mila posti di lavoro. Il comparto crea un cospicuo valore per la distribuzione‐vendita, in particolare nell’Horeca (canali di consumo fuori casa) dove si concentra il 57% della ricchezza generata nella filiera, pari a oltre 19,3 miliardi di euro. Infine, i prodotti chimici per la cura della persona e della casa creano 11,1 miliardi di euro di valore condiviso, 4,5 miliardi di contribuzione fiscale e oltre 103mila posti di lavoro.

tab_2

La sostenibilità come occasione di sviluppo

Un altro tema su cui si concentrano le riflessioni rispetto ad aree di sviluppo è quello della sostenibilità: «Se ne parla moltissimo – commenta ancora De Felice -, non consideriamolo una moda né un costo ma una grande opportunità che il capitalismo ha per tornare a crescere». Osservando cosa stanno facendo le grandi potenze economiche sul tema «è chiaro che la domanda di green sarà importantissima nei prossimi anni. Crediti e investimenti si orienteranno in maniera sempre più esclusiva sulle aziende attive nel settore della sostenibilità».

Secondo le evidenze dell’indagine redatta dal dipartimento di Economia aziendale dell’Università Roma Tre (nel 2020 sulla base di dati pubblici) il 74% delle industrie aderenti a Centromarca dà conto pubblicamente, attraverso internet della sua attività nel campo della sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Il 57% di queste aziende diffonde un bilancio di sostenibilità contro il 19% delle imprese italiane (dato Istat). Il 65% delle industrie che rendicontano dichiara i suoi impegni futuri, indicando obiettivi quantitativi misurabili.

Le industrie di marca sono attive nei settori dell’approvvigionamento responsabile delle materie prime; del contenimento dei consumi energetici; dell’utilizzo responsabile della risorsa idrica; della riduzione di sprechi; del riciclo degli imballaggi. In area economico aziendale il 42% delle industrie di marca ha al suo attivo iniziative di formazione/aggiornamento del personale; il 43% per le quote rosa; il 42% per la prevenzione infortuni; il 37% per incrementare l’occupazione. In area sociale il 61% delle industrie di marca destina risorse economiche alla comunità e ai territori.

Nel 2020, secondo stime elaborate da Centromarca, circa 53 milioni di euro sono stati destinati dalle industrie associate a donazioni economiche, acquisto di attrezzature medico-scientifiche, forniture gratuite di materiali ad alto consumo per sostenere ospedali, enti ed istituti di ricerca impegnati nell’assistenza ai malati e nelle attività di studio per contrastare Covid-19. «Tutte le industrie di marca sono consapevoli del fatto che la competitività è legata all’impegno non solo sui versanti economico e della governance, ma anche sui fronti ambientale e sociale», rileva Carlo Alberto Pratesi, professore di marketing, innovazione e sostenibilità all’Università Roma Tre.