Autore: Davide Sechi
17/09/2024

Beintoo ‘accende’ il retail media, tra dubbi e qualche certezza: è necessaria l’aggregazione tra i player per risolvere gli arcani

Incontro ricco ed esaustivo su uno dei nuovi temi del marketing globale. La data driven company di Mediaset ha ospitato l’illustre parere di cinque specialisti

Beintoo ‘accende’ il retail media, tra dubbi e qualche certezza: è necessaria l’aggregazione tra i player  per risolvere gli arcani

Il mistero del retail media: un titolo che quasi rimanda alla cinematografia avventurosa, tra misteri e trappole, opportunità e conquiste. In effetti, la situazione tricolore sul tema vive un po’ nell’incertezza, tra timori, rischi e la voglia comunque di spingersi oltre, di cavalcare l’innovazione; da soli? O è meglio essere accompagnati? Se l’è chiesto, e lo ha chiesto agli intervenuti, Beintoo, data driven company del Gruppo Mediaset, che venerdì scorso ha organizzato nella sua sede milanese l’ormai classico ‘Talk’ dedicato all’argomento, graziato da una bella partecipazione di pubblico (sala sold out, si direbbe da altre parti) e da un gruppo di ospiti di primo livello, condotti per mano dal CEO Andrea Campana

Sara Kuller, Principal di Boston Consulting GroupBoston Consulting Group

«Quello del retail media è uno degli argomenti più chiacchierati in ambito marketing e dintorni, è ovunque, vissuto come un qualcosa di assodato, eppure rimane un tema ambiguo. Dobbiamo chiederci cosa voglia dire retail media e come dovrebbe essere usato. Viviamo e operiamo in un mercato in cui le dimensioni del digital e dell’e-commerce viaggiano in modo molto rapido, in cui si interagisce sempre più in Rete, luoghi dove i retailer possono percorrere strade inedite; nel mentre, come è normale che accada, aumenta la competizione, questo perché i brand hanno ormai in mano svariate alternative per poter vendere il loro prodotti in maniera diretta, il che provoca una discreta pressione sugli stessi retailer, costretti a diversificare le proprie azioni. Il punto di partenza diventa allora essere consci che gli acquirenti siano alla ricerca continua di tragitti personalizzati, un contesto in cui i dati diventano fondamentali (chi conosce meglio i consumatori del retailer?). I dati però sono divenuti più difficili da ottenere. Siamo quindi di fronte a un’ecosistema molto più complesso, ricco di tanti modelli operativi differenti per arrivare a gestire un’attività di retail media; ecco perché manca ancora un modello definitivo. Senza contare che esistono differenze profonde da Paese a Paese: Amazon è senza dubbio il player più noto, ma all’estero sono presenti anche realtà molto competitive, si pensi a Wallmart; in Italia invece l’offerta è ancora limitata. I numeri americani parlano di una crescita del settore intorno ai cento miliardi di dollari nel prossimo triennio e anche in UK le cose vanno a gonfie vele. Le domande però rimangono aperte: Qualcuno vincerà? O ci sarà un mercato frazionato? Chiediamoci anche e prima di tutto che cosa sia l’offerta retail media: riguarda il negozio fisico? L’e-commerce? Cosa possono offrire i retailer agli advertiser? Il primo passo per entrare e operare nel retail media è creare un percorso che dia la possibilità di monetizzare spazi pubblicitari e dati, sia in chiave online sia offsite. Si tratta di un mercato allettante per i retailer, ma per gli addetti alla pubblicità ci sono anche dei problemi da risolvere, tra la misurazione dei dati e la gestione organizzativa: non si è ancora ben capito chi debba gestire i budget del retail media. In Rete il massimo raggiungibile è legato al traffico, offsite, invece, la crescita si sta dimostrando più veloce e complessa, con i dati che possono essere utilizzati per trovare il consumatore in più situazioni, oppure non solo per definire audience e targeting ma anche per ottenere consumer insight; un utilizzo più evoluto, legato anche a servizi di consulenza e di strategia. Sia come sia, si investe sempre di più nel settore, quasi come accade in ambito social, è un pezzo nuovo del budget da tenere in considerazione. Un tempo, il retailer era solo il distributore e l’advertiser lo portava fuori a cena, per arrivare a una migliore sistemazione dei prodotti all’interno del negozio, oggi accade l’opposto, il che porta a una riorganizzazione lato advertiser molto importante».

Matteo Giarrizzo, Head of Media & Digital Italy and Greece di Henkel

«Il retail media è già molto importante in mercati maturi, Usa ma anche UK, in generale a livello europeo scontiamo ancora qualche ritardo; in Italia siamo più legati alla dimensione fisica e attendiamo i risultati di una campagna televisiva. Tentativi mirati sono già in essere e citerei quello che stiamo facendo con Lidl, con un’offerta che abbiamo già sperimentato con successo in Germania. Quello che però conta è che il retailer sia pronto a condividere il dato, altrimenti si rimane all’interno di un semplice investimento commerciale che non permette un reale salto dal trade al media. Non ci sono problemi di ordine tecnologico, le infrastrutture adatte sono presenti, manca la cultura per fare il passo decisivo. Una soluzione sarebbe l’aggregazione fra player, magari non solo tra competitor, ma anche tra soggetti complementari, per poter progredire sul tema».

Erik Rosa, Chief Digital Officer di Mindshare

«Come ci poniamo noi in quanto centro media? Riteniamo che il cliente possa essere sia il brand sia il retailer, e l’agenzia potrebbe essere un abilitatore della relazione tra le due parti, ma non è ancora avvenuto. Dal nostro punto di vista, il budget è media, tendenzialmente digitale, perché il retail media è soprattutto onsite. I retailer ci sembrano più evoluti, hanno delle proposte concrete, pensiamo a Mediaworld o anche a Glovo. Ci sono anche dei parallelismi tra retail media e Search: in America, Wallmart è il secondo motore di ricerca. Google stesso è in evoluzione, magari calerà il suo impatto e crescerà quello dei retailer? In Usa sono convinti che andrà così. Diamo uno sguardo ai big: Amazon non è più come prima, ha diversificato in maniera estrema, come del resto Google, che però è più legato alla tecnologia; Amazon è una realtà omnichannel, che comprende social, tv, non ha più solo un posizionamento, da Twitch e Prime Video, che sono realtà retail media, fondamentali sul fronte dati, con la dimensione tv che può raggiungere 11 milioni di contatti».

Laura Maridati, Chief Product and Operations Officer di Beintoo

«Quali opportunità può portare ai vari attori il retail media? Siamo di fronte a una nuova ondata digital, in cui c’è sempre più bisogno di strumenti che sappiano misurare, che diano la possibilità di individuare i consumatori e magari di infoltirne attraverso un uso corretto dei dati, ma su questo fonte in Italia siamo un po’ in ritardo, ma l’ottimismo regna. Pensiamo agli effetti sul singolo prodotto, ma anche sull’intero portfolio che porterebbero gli insight sul consumatore, dati che verrebbero poi usati sul trade, sul marketing, si aprirebbe un mondo più esteso, un allargamento del panorama. Ma per fare questo, i retailer devono uscire dalla paura della condivisione dell’infrastruttura dei dati e, magari, affidarsi a amni esperte».

Pierre Polonelli, Digital Director di Sofidel Spa

«La nostra è una grande realtà italiana capace di muoversi a livello globale, che vanta tre miliardi di fatturato ed è in espansione, grazie a operazioni americane che hanno spostato i prossimi obiettivi e quindi il progetto di un fatturato sopra i quattro miliardi. Siamo organizzati e abbiamo definito presto i nostri ambiti digital e e-commerce. Per noi quello del retail media è un budget trade gestito da competenti sul media. Parliamo di un ambito che si basa tutto sulla conversion, sulle vendite e un po’ sulla consideration, ma devi portare vendite, sia online sia offsite per parlare correttamente di retail media, ecco perché occorre definire prima di tutto gli obiettivi. Il retail media non è una passeggiata, anche perché non pochi retailer hanno dimostrato di non sapersi ancora muovere all’interno della nuova dimensione e questo rappresenta un freno, un effetto che viene smorzato dalla consapevolezza di altri addetti che si affidano a esterni specialisti in materia».