Autore: Redazione
03/11/2022

Audioboost, l’audio è uno stato d’animo che lo rende un media unico

Cristina Pianura, Ceo e co-founder della prima audio native company italiana specializzata nello sviluppo di una tecnologia per il text to speech, fa il punto della situazione su mercato, esigenze dell’utente e le molteplici possibilità legate a una scelta personale in fatto di dieta mediatica

Audioboost, l’audio è uno stato d’animo che lo rende un media unico

Cristina Pianura

Ti sento forte e chiaro. E non potrebbe essere altrimenti, nel 2022 ‘Audio’ significa trend, irrefrenabile, grazie ai vari format correlati, anche detti podcast. Quasi due anni fa, Cristina Pianura, la “signora del programmatic”, decise di aprire una nuova porta all’interno del settore e fondò Audioboost, la prima audio native company italiana specializzata nello sviluppo di una tecnologia per il text to speech a disposizione degli editori, proposta con una formula SaaS. Il concetto alla base del progetto è dare a tutti i produttori di contenuti digitali una soluzione tecnicamente semplice ma molto qualitativa per trasformarli in podcast. Audioboost propone una via tecnologica innovativa e proprietaria che converte automaticamente i testi in contenuti audio, con un livello qualitativo elevato e con una facilità di implementazione specificamente pensata per la struttura di un siti web: si tratta dello “Speak Up-Article” o audio in-article. In questo biennio di cose ne sono successe tante in casa Audioboost, che ricordiamo sorse con l’apporto di Podcastory, e chi meglio del CEO e co-founder Cristina Pianura (protagonista della puntata di DailyOnAir presente su questo numero) potrebbe raccontarle con più dovizia di particolari?

Fine 2022, quali sono le tendenze de momento e quelle che stanno prendendo piede?

«Siamo in una fase che possiamo definire di ‘podcastmania’. In realtà l’attenzione all’audio digitale si è accesa tantissimo negli ultimi due anni anche grazie al fatto che, non solo i consumatori si sono concentrati su questo media, premiandone la qualità, ma anche perché stiamo assistendo a un notevole miglioramento sul fronte produttivo dei citati contenuti originali, nella conversione in podcast streaming, espressamente studiati per i siti. I trend di ascolto sono legati alle nuove abitudini di comportamento e alla naturalezza nel concentrarsi anche facendo altro. Si abbracciano tanti ambiti diversi, vediamo plasmarsi una nuova dimensione media, un vero e proprio fenomeno socio culturale. Le possibilità di ascoltare temi o musica, anche facendo altre cose, oppure in fase di puro relax, aumentano certamente i touchpoint,  ma soprattutto ci mettono in sintonia con uno stato d’animo; l’audio è connesso emotivamente con le persone, che scelgono cosa vogliono ascoltare. Siamo nel campo della massima concentrazione, e questo rende l’audio digitale un media unico, con potenzialità massime per quel che concerne ricordo e soddisfazione, un vero unicum nel panorama dell’offerta di contenuti digitali. Una scelta simile al video on demand, all’addressable tv. I consumatori vogliono decidere la loro dieta mediatica».

A che punto siete con l‘inserimento dell’audio seeding e quali sono stati i suoi primi risultati?

«Parliamo di una novità assoluta, prima di tutto, ossia l’inserimento di un contenuto all’interno di un contesto appropriato che noi realizziamo mediante con lo speak up article, presente ormai su 120 siti in Italia. Un processo che ha creato i siti audible, ossia spazi che convertono i testi scritti in audio. Inoltre, la presenza di una playlist, entro la quale inserire dei podcast di prodotto o dagli editori o da attività di branded content, ha trasformato i siti audible in una vera e propria piattaforma distributiva di ascolti, una realtà che noi chiamiamo speak up seeding, la disponibilità di ascolti nativi, basati sull’audience organica di siti, rappresenta un unicum, non solo per un target giovane o giovanissimo. Qui abbiamo una disponibilità più verticale. Grazie alla presenza di siti di sport, economia, gaming etc possiamo contare su una tipologia di ascolti verticali, semanticamente orientabili, contestualizzabili in base al contenuto. E i numeri che arrivano, sono aggiuntivi rispetto ad altre forme di ascolto».

Dove vanno questi ascolti e a chi giovano?

«In realtà restano sui rispettivi siti. Di fatto accresciamo l’audience del portale in cui operiamo. Ci troviamo di fronte con lo speak article a un audience che non esce dal sito, è organica a esso, che decide di ascoltare invece che leggere. Una scelta, un atto volontario, nel qui e ora, che fa sì che l’audience non perda mai il contatto con il sito, perché si è spinti a rimanere allacciati. Una volta terminato l’ascolto, l’utente può continuare a navigare nello steso portale».

Si è parlato di un progetto/processo di internazionalizzazione: su cosa si basa? Su quali mercati si focalizza?

«La nostra è una tecnologia molto scalabile, per volumi e lingue. La velocità in cui si può implementare, l’adattabilità e flessibilità all’interno del singolo sito, la rendono molto scalabile, quindi anche attraverso altre lingue, per cui è chiaro e naturale proiettarci su altri Paesi. Entro fine anno, faremo il primo passo con la lingua spagnola. Nel 2023 ci cimenteremo con la lingua tedesca e francese».

Quali saranno i focus de 2023?

«Ci sarà una sempre più forte attenzione sulle metodologie di misurazione e certificazione. Nell’audio focus sul gaming, ossia sull’integrazione di forme di pianificazione audio all’interno del mondo gaming. In generale, la nostra evoluzione non sarà solo in termini di adv ma anche di servizio per chi legge/ascolta, il tutto funzionale alle aziende che vogliono migliorare l’accessibilità dei contenutiti sui loro siti per poi allargarli ad altri device. Un mondo enorme da esplorare».