Here, there and everywhere: l’adv migliore si muove insieme all’utente. Lo schema Ogury.
Come liberare il potere positivo della pubblicità, nel rispetto del consumatore e dei formati. Le parole del Head of Publishing Development per il Sud Europa, Fabio Zoboli
Fabio Zoboli
Un dilemma dai risvolti classici, ingiallito dall’inesorabile scorrere delle stagioni eppure paradossalmente e perennemente rinverdito dallo scorrere del tempo: la pubblicità disturba, nel migliore dei casi annoia, spesso causa attacchi d’ira. Sembra quasi il contenuto di un bugiardino farmacologico. Leggere attentamente le avvertenze, ma soprattutto capirne le cause. Il nostro medico di fiducia in questo caso si chiama Fabio Zoboli, Head of Publishing Development per il Sud Europa di Ogury, l’adtech anglo francese che promuove un modello di pubblicità basato sull’esplicito consenso degli utenti alla raccolta dati.
Perché l’adv causa poca simpatia nell’utente?
«Occorre subito fare una distinzione, che implica un’altra domanda: questo disturbo dipende dal formato e quindi dalla veicolazione del messaggio o invece deriva dal suo contenuto? C’è un contenuto, accattivante, interessante, che magari riporta a un’esperienza di tipo televisivo, un qualcosa a cui siamo abituati da 40 anni, un contenuto che deve essere sempre rispettato. Poi c’è l’ambiente in cui il contenuto di cui sopra viene veicolato, che deve avere un determinato formato, adatto al target sul quale viene indirizzato. Trovare scorciatoie, facilitazioni, compromessi, significa avere poco rispetto sia dell’utente sia dello stesso messaggio. La conseguenza è il fallimento».
Ogury ha delle soluzioni?
«Il Thumbnail Ad, un formato proprietario, unico, nato in ambito app, gestito direttamente dall’utente, in grado di generare ricavi incrementali. Al contrario dei formati standard, che occupano il 100% dello spazio, in cui i messaggi sono fissi e pagano un affitto all’editore che li ospita, Ogury ha sviluppato un format che paga il costo di permanenza, che si chiude subito dopo che il video è finito, assicurando così all’utente un’esperienza tutt’altro che asfissiante. Il messaggio si manifesta in un punto all’interno dell’app, da lì può essere allargato, spostato, ma anche ignorato».
Qualcuno dice che determinate innovazioni possano attecchire maggiormente al di fuori dell’Italia, il solito mito da sfatare?
«Credo di sì. In realtà, secondo la mia esperienza, gli italiani sono più propensi a sperimentare, il che non vuol certo negare i noti ritardi che ci contraddistinguono. L’esposizione all’adv viene vista in maniera più positiva e questo fa sì che l’Italia sia più performante e capace di testare le nuove soluzioni. È anche una questione geografica: Londra, per esempio, è troppo grande perché si possa eccedere in sperimentazioni, il nostro è invece un Paese dai connotati più periferici e quindi maggiormente disponibili all’apertura e alle novità».