Gruppo DDB Italia: al Festival di Cannes un Leone che ha qualcosa da insegnare
Ne parlano Michelangelo Cianciosi e Luca Cortesini, direttori creativi esecutivi del Gruppo vincitore
Il Gruppo DDB Italia quest’anno a Cannes si è portato a casa un Leone di bronzo in PR e due shortlist con due progetti molto diversi tra loro, uno per Ferrero e l’altro per Audi. Il Leone per Kinder a colazione, poi, ha un retrogusto particolarmente dolce, perché vinto su un cliente mass-market che altri considererebbero lontano dalla logica dei premi, con una campagna vera e di successo. Michelangelo Cianciosi e Luca Cortesini, direttori creativi esecutivi del Gruppo insieme ad Aurelio Tortelli, raccontano cosa c’è dietro a tutto questo.
Quello di Grandma tested goodness per Ferrero è stato un progetto vincente. Come è nato?
«Per il progetto delle nonne che si è strameritato il bronzo a Cannes si sono allineati tutti i pianeti: c’era un brand italiano storico come Ferrero; un brief che aveva grandi potenzialità; i canali, che non essendo quelli della tv tradizionale, concedevano un po’ più di libertà; un argomento sensibile come quello della qualità del cibo che diamo ai nostri figli (o nipoti); persone entusiaste attorno al tavolo. Serviva solo l’idea giusta e quella ce l’abbiamo messa noi: nel Gruppo DDB non mancano creativi talentuosi che ce la mettono tutta ogni volta».
Cosa c’è dietro la preparazione di una case history di successo come quella di Ferrero?
«Guardando quello che è accaduto col senno di poi, mi viene da pensare che un Leone è fatto dalle ore di cura estrema che ogni fase di preparazione richiede: dal momento della presentazione dell’idea fino al casting (che in questo caso faceva addirittura parte dell’idea), dallo shooting (sette giorni in giro per l’Italia) a una pianificazione attenta, niente è stato lasciato al caso: lato nostro e della casa di produzione Indiana c’erano la passione e la professionalità di persone che credevano fermamente nella forza dell’idea, lato cliente c’era una macchina da guerra come solo Ferrero sa essere che ha deciso di scommettere senza timidezze sulla campagna. Il risultato, ancora prima del Leone, è una comunicazione che ha avuto un impatto straordinario in termini di awareness: le cifre che si leggono alla fine della case sono tutte corrette, parliamo dell’82% di apprezzamento e di un esercizio di comunicazione che doveva essere “piccolo” e che invece ha fatto fare un balzo in avanti nel percepito di genuinità a tutto il brand Ferrero. Per una volta è stato il topolino a partorire la montagna».
C’è un segreto per produrre campagne che vincano premi?
«Non esiste una formula per produrre un’idea vincente. Ci sono però alcuni fatti che scaturiscono dal confronto di più campagne vincitrici, come una sorta di filo rosso che le lega, da cui vengono fuori un paio di caratteristiche comuni interessanti. La semplicità, per esempio, è fondamentale per un’idea che deve essere compresa da giurie composte da persone che provengono da ogni angolo del mondo, con credo e culture molto differenti e a volte opposte. Pensate a Fearless girl, una reazione istintiva, una pernacchia contro la prepotenza machista. La forza della creatività sta in questo caso nel non far mai scadere la semplicità in banalità, perché in quel caso si spezzerebbe l’incantesimo, il patto di intrattenimento che ogni comunicazione instaura col suo pubblico. L’altra è l’emotività, che negli ultimi anni è tornata ad essere elemento essenziale, vincente nei confronti del cinismo che aveva caratterizzato la comunicazione negli anni precedent».