Autore: Redazione
22/07/2025

Impresa: creatori di senso

Impresa: creatori di senso

Giuseppe Mastromatteo

di Giuseppe Mastromatteo, President & Chief Creative Officer Ogilvy Italy, artista e Vice Presidente ADCI

Viviamo un tempo che richiede visioni nuove e relazioni autentiche. Le imprese hanno oggi un’occasione straordinaria: diventare creatrici di senso. Non più soltanto produttrici di beni e servizi, ma promotrici di cultura, bellezza e pensiero. È l’opportunità di tornare a essere mecenati, come accadeva un tempo, quando arte e impresa camminavano insieme, lasciando segni tangibili nella storia. Molte aziende lo hanno già compreso e si stanno muovendo in questa direzione, molte lo fanno da sempre e oggi la società lo chiede più che mai e con urgenza. È arrivato il momento di riconsiderare il ruolo d’impresa come culturale, colto, attivo.

Un’impresa capace di restituire valore ai territori, di mettersi in ascolto delle comunità, e di avere il coraggio di investire anche in ciò che non è immediatamente misurabile. Diventare quindi promotrice di cultura significa mettersi sinceramente in ascolto della società e dei suoi bisogni, costruendo relazioni forti con scuole, università, curatori, fondazioni, musei, gallerie e naturalmente artisti. È un modo concreto per generare impatto culturale e sociale, restituendo alla collettività qualcosa che va oltre il prodotto: essere protagonisti della cultura significa avere una visione di orizzonti nuovi e possibili. È questo il significato più profondo del tanto citato give back: restituire senso, in termini di conoscenza, opportunità, ispirazione. Le agenzie di comunicazione hanno una responsabilità concreta: accompagnare le imprese in questo percorso di generosità e costruzione di senso. Ogilvy ha già fatto proprio questo impegno, intraprendendo un percorso che va oltre l’advertising. 

Significa aiutare a immaginare visioni, a dare forma a progetti culturali che mettano in connessione impresa, società e bellezza. Perché se l’arte non dà risposte, ma genera domande, allora l’impresa, attraverso il suo ruolo di mecenate, può diventare il luogo dove quelle domande trovano spazio per esistere. Qual è, allora, il KPI del mecenatismo, in un mondo che misura tutto con ossessione? Forse è una domanda che può far sorridere i più cinici, ma che merita una risposta seria. Perché la cultura ha un ritorno. Eccome. Solo che non si misura (soltanto) in numeri: si misura nella reputazione che cresce nel tempo, nella fiducia che si genera, nel talento che si attrae, nelle relazioni profonde che si costruiscono. Si misura in generosità. Il vero KPI, forse, è il solco profondo che si lascia nella società o, ancora meglio, in quell’autostrada che si costruisce per il futuro di una collettività più consapevole, umana e migliore. Un valore difficile da tabellare, ma impossibile da ignorare. Oggi più che mai.

Personalmente credo che si possa partire da una lettura che per me è stata fondamentale: La salvezza del bello di Byung-Chul Han. Un libro che ho spesso regalato, forse perché quel titolo è molto più di un titolo: è una chiamata collettiva. Un grido gentile ma potente, un invito a non arrendersi al brutto, all’indifferenza, alla semplificazione del pensiero, al facile like imperante, al pensiero binario del sì o no, del bianco e del nero. Se vogliamo davvero comprendere la società, l’arte è sempre la prima a intercettarne le crepe, i grigi, i forse.

E gli artisti sono antenne sempre accese: captano prima di tutti le frequenze del cambiamento. Ecco perché le aziende devono nutrire questa necessità, attraverso la cultura, attraverso l’arte.

Lo schema è semplice: l’artista ha la voce. L’impresa deve offrire il palcoscenico.

Le agenzie di comunicazione, essere il megafono. Per chi ancora non ha abbracciato questo ruolo, il tempo dell’indifferenza è finito. 

È tempo di attivarsi, immaginare, osare e soprattutto di darsi un’ambizione più ampia in azienda e in agenzia di comunicazione.

E’ tempo di costruire e di restituire. Perché, sì, lo sappiamo bene: l’arte non dà risposte. E spesso si dice che non serva a nulla. Ma è proprio in questo apparente deserto che si rivelano tracce inattese e prendono forma nuovi significati.