Autore: Redazione
27/07/2021

Captify: l’abbandono dei cookie di terza parte è una questione di privacy, non una deadline di Google, chi rallenta ora si troverà in difficoltà domani

Lo spostamento al 2023 non deve frenare l’esplorazione delle opportunità cookieless. Utilizzare nuove soluzioni significa mettere gli utenti al centro, senza però dover rinunciare al raggiungimento di obiettivi, KPI e performance richieste dai brand

Captify: l’abbandono dei cookie di terza parte è una questione di privacy, non una deadline di Google, chi rallenta ora si troverà in difficoltà domani

Vincent Pelillo

di Vincent Pelillo, President EU di Captify

Nei primi mesi del 2020, ormai più di un anno fa, Google ha annunciato che entro il 2022 impedirà l’uso dei cookie di terza parte sul suo browser Chrome. Una scelta che segue quella di Apple, per Safari, e Firefox, per Mozilla, dando il definitivo colpo di grazia a una serie di pratiche comuni nel mondo dell’advertising. Il motivo dietro questa decisione risiede nella ricerca di un maggiore livello di privacy per l’utente, nonostante il duro colpo al targeting tradizionale che getta preoccupazione in tutta la industry. Anche in Italia, infatti, il 71% delle aziende considera “rilevante” o “massimo” l’interesse per le questioni legate al targeting nell’era post-cookie (fonte: Politecnico di Milano, studio “Internet advertising: no cookie no party?”, marzo ’21). Successivamente, pochi giorni fa, la stessa Google ha spostato la deadline per l’utilizzo dei cookie di terza parte su Chrome al 2023. Questa notizia è stata da molti interpretata come un’imposizione di una singola company ma è importante che si faccia la giusta attenzione al vero senso di questa decisione: l’azione di Google, come quelle di Apple, Firefox e molti altri, è diretta a migliorare i livelli di privacy. Aumentare gli standard della privacy è un dovere verso l’utente, farlo in modo organico lo è verso l’open internet, e perdere il senso d’urgenza verso il raggiungimento di sistemi cookieless può rivelarsi un doppio danno per il comparto nel suo insieme. In primo luogo, le aziende che continueranno ad appoggiarsi ai cookie di terza parte senza guardare alle nuove soluzioni si troveranno in una posizione svantaggiosa verso i competitor. Poi, sottovalutare l’importanza della privacy significherebbe non tenere conto dell’utente in un ecosistema sempre più user-centric.

Soluzioni parziali

Per evitare di incappare in situazioni del genere bisogna però conoscere e approfondire le soluzioni sul mercato. Cosa abbiamo a disposizione. Le aziende e i marketer che guardano alle nuove soluzioni all’orizzonte, fanno spesso riferimento al contextual targeting e alle soluzioni di ID condiviso come naturali successori nelle operazioni di pianificazione. Il contextual targeting si basa sulla pertinenza dell’argomento trattato in una pagina, del sentiment e della qualità della pagina stessa con l’inserzione pubblicitaria. Una soluzione che offre una grande reach ma che non è in grado di fornire informazioni rilevanti sul visitatore. Le soluzioni di ID condiviso, invece, utilizzano piattaforme di identity resolution per mettere a sistema i dati di più editori - o data owner - che abbiano trovato un accordo tra loro, attraverso un sistema deterministico (basato sull’indirizzo email con cui si registrano gli utenti) o probabilistico (attraverso le informazioni portati dai cookie di prima parte). In questo caso l’interpretazione delle intenzioni è accurata, ma la reach circoscritta a un gruppo di siti - o di editori - partner.

La terza via

Le alternative offerte dal mercato sembrano mettere i brand davanti a una scelta: se preferire una profilazione più precisa a scapito della reach, oppure raggiungere più utenti senza conoscere le loro intenzioni d’acquisto. Esiste però una terza via. Utilizzando tecnologie di Programmatic Search Intelligence su un network di publisher adeguatamente grande è possibile targettizzare gli utenti in base alle ricerche on-site, profilandoli in base alle loro intenzioni, garantendo una reach estesa e il contesto adatto alla pubblicazione delle loro inserzioni. Il Search Intelligence Engine, il motore che raccoglie dati e li trasforma in insight azionabili in programmatic, permette di analizzare le ricerche che avvengono sui siti partner per creare segmenti sempre aggiornati in base alle intenzioni dimostrate dagli utenti. Un meccanismo che non utilizza cookie di terza parte e allo stesso tempo è in grado di garantire performance misurabili. Secondo uno studio basato sui dati di Captify, ad esempio, la Programmatic Search Intelligence proprietaria supera del 167% le performance della soluzione leader nel contextual targeting. La Programmatic Search Intelligence inoltre non subirà alcuna modifica nel passaggio al post third-party cookie, consentendo ai brand di continuare ad impostare piani marketing che prevedano una pubblicità addressable, capace di abbinare reach, performance e attinenza al contesto. Tutti gli ingredienti necessari per continuare a sviluppare soluzioni creative ed esperienze rilevanti per l’utente.