Brexit: le reazioni del mondo della pubblicità in Italia
Sassoli, Girelli, Bonori e Cavalli illustrano a DailyMedia i possibili scenari e le ripercussioni sul mercato pubblicitario della scelta delle Gran Bretagna di uscire dall'UE

Articolo a cura di Giacomo Broggi e Vittorio Parazzoli
Se sul tema del Brexit sono intervenuti i principali manager dei grandi gruppi pubblicitari mondiali, anche in Italia le reazioni sono state diverse e perlopiù abbastanza preoccupate. DailyMedia ha raccolto il parere dei principali protagonisti del panorama della comunicazione del nostro Paese, a partire dal presidente di UPA, Lorenzo Sassoli De Bianchi.
Sassoli, presidente UPA: «Brexit rischia di riportarci dentro una crisi da cui stiamo uscendo»
«Un evento gravissimo, per l’economia e la comunicazione, che rischia di riportarci dentro una crisi da cui stiamo consolidando l’uscita». È così, senza incertezze, che il presidente di UPA, Lorenzo Sassoli de Bianchi, giudica la decisione dell’Inghilterra di uscire dalla Comunità Europea. «Una decisione - spiega a DailyMedia - che i suoi abitanti hanno preso legittimamente ma in assenza di una capacità da parte dei corpi intermedi e dei partiti di gestire una problematica così delicata che è stata invece travolta da una delle purtroppo sempre più diffuse folate populiste che attraversano il nostro Continente. Certo, alle spalle c’è stata e c’è l’incapacità, da parte degli organismi UE, di gestire i flussi migratori, che espone l’Europa a rischi di ondate di rabbia crescenti e di frammentazione in tante isole separate l’una dalle altre. Non a caso l’Olanda potrebbe avviare iniziative analoghe, mentre Scozia e Irlanda del Nord vorrebbero andare in direzione opposta rispetto all’Inghilterra. Tra l’altro, parlando proprio di quest’ultimo Paese, bisognerà vedere che penalizzazioni comporterà la Brexit per quelle imprese, compresi alcuni dei principali giganti del digitale, che proprio là hanno la loro sede fiscale per approfittare delle relative agevolazioni instaurate per favorire l’economia locale. Di sicuro c’è, intanto, che il quadro generale è tornato a complicarsi, con un ritorno all’incertezza che sembrava in fase di superamento. Il nuovo scenario porterà a un rallentamento delle decisioni da parte delle imprese, anche negli altri mercati. Nel nostro non dovrebbero esserci ripercussioni a breve sugli investimenti, ma vedremo che influenze ci saranno sul debito pubblico da una parte e sui consumi dall’altra. Per ora, comunque, confermo la stima di una crescita della pubblicità del 3%, ma in una cornice ora molto più incerta».
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Cosa ne pensa della notizia del Brexit?
«Personalmente la notizia mi ha colto di sorpresa, a differenza dei colleghi e amici inglesi che nelle ultime settimane mi hanno manifestato più volte la loro preoccupazione che il Brexit si concretizzasse. Il voto britannico porterà a delle conseguenze e a delle considerazioni principalmente su tre livelli: politico, economico e socio-culturale».
La dimensione politica
«Quella politica, a mio avviso, è la dimensione più preoccupante, perché la Brexit indebolisce il progetto europeo. Un segnale forte che rischia di generare un effetto a catena, che peraltro non dovrebbe toccare l’Italia, perché nel nostro Paese i referendum riguardanti questioni di politica sovranazionale non sono ammessi. Il voto è risultato del perpetuarsi di una instabilità economica e politica che viviamo da ormai otto anni. E che in Italia è ancor più accentuata».
La dimensione economico-finanziaria
«Sul fronte economico bisogna distinguere tra finanza ed economia reale: sul primo versante stiamo assistendo a una reazione incontrollata e assurda. Nulla è cambiato rispetto a otto anni fa, questo aspetto è totalmente scollegato dalla realtà. In questo senso tra i vari scenari, emerge la possibilità che la finanza londinese si sposti in altri Paesi Ue. Dal punto di vista economico - e quindi pubblicitario - non mi aspetto chissà quale rivoluzione, anche se ci sono alcuni segnali di incertezza, per la maggior parte dovuti all’elemento politico. Cerchiamo di inquadrare la realtà concreta. Il comparto automotive inglese è molto forte: ci sono compagnie giapponesi produttrici in Inghilterra che potrebbero spostarsi in altri territori. Tutto questo avrà ripercussione su salari e consumi. Un altro tema è quello dell’import/export: vedremo fino a che punto la Gran Bretagna sceglierà in modo autonomo la bilancia commerciale: qui il rischio è che paesi esportatori verso l’Uk possano essere penalizzati».
La dimensione pubblicitaria
«Per quanto riguarda la comunicazione pubblicitaria, non vedo invece conseguenze dirette: a livello internazionale stimiamo che la perdita per l’UK sia di 1 miliardo di sterline da qui al 2030, una cifra comunque ridotta, assimilabile alla spesa annuale di un top spender. In sintesi il pericolo deriva dalle conseguenze indirette: instabilità politica, dislocamento posti lavoro, contrazione export potrebbero inficiare sul contesto economico. Ripeto: l’evoluzione politica potrebbe impattare sull’economia e quindi sul mondo pubblicitario».
La dimensione socio-culturale
«Nell’ultimo periodo abbiamo visto un’Italia divisa, un fatto largamente condiviso dalla gran parte della popolazione europea, che invece ha sempre visto la Gran Bretagna come un Paese all’avanguardia non solo in campo culturale ma anche della pubblicità digitale. Per esempio in Uk, il digitale è il mezzo leader per spesa pubblicitaria e i target sono sempre sembrati avanzati agli occhi degli inserzionisti. Oggi ci rendiamo conto che non è tutto oro quel che luccica e che la mentalità dei britannici è di chiusura nei confronti del progetto europeo. Una tendenza che ha dei risvolti sulla comunicazione e i suoi linguaggi. L’investitore pubblicitario che punta alla Gran Bretagna ha chiaro a chi comunica?».