Autore: Redazione
28/02/2022

Body positivity e universo social, Ipsos e Onim ne svelano opportunità e problematiche

Social change, diversity e inclusion, temi delicati che si muovono con estrema naturalezza e, ovviamente, con non pochi rischi sulle piattaforme web. Ne abbiamo parlato con Matteo Pogliani founder di ONIM e Claudia Ballerini Branding Lead and Market Strategy & Understanding

Body positivity e universo social, Ipsos e Onim ne svelano opportunità e problematiche

I social network oggi sono una vera e propria agorà virtuale dove si dibattono e discutono i temi più sensibili della nostra attualità. Il cosiddetto “social change” e le battaglie di diversity e inclusion trovano terreno fertile proprio nel mondo dei like, share, reel e attraverso la voce più o meno autorevole di influencer e creator. Consapevole di ciò, la società di ricerche di mercato Ipsos (https://www.ipsos.com/it-it), in collaborazione con l’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing (Onim) (https://www.onim.it/) di cui è partner, ha realizzato la prima indagine in Italia focalizzata sul tema della Body Positivity e il ruolo di influencer e creator. Lo studio, presentato in anteprima lo scorso 9 febbraio, ha fatto emergere spunti interessanti non solo per addetti ai lavori, ma in generale per gli osservatori più attenti al costume della nostra società.

Influencer e responsabilità

Soprattutto a seguito della pandemia, i social sono diventati sempre di più uno strumento di relazione, intrattenimento, ma anche un mezzo in cui discutere di temi sociali. Ha acquistato un’attenzione crescente, infatti, il contenuto e un senso di responsabilità a esso legato. Sempre di più quindi, l’influencer è chiamato a dire la sua con cognizione di causa essendo in prima persona esposto ad un pubblico esigente che chiede serietà e sincerità. Ma qual è il ruolo dell’influencer in merito alla Body Positivity? Lo ha illustrato Claudia Ballerini di Ipsos, sottolineando come il tema trovi il suo luogo elettivo di discussione proprio sui social network (87%) a differenza di altri topic contemporanei come la sostenibilità o la lotta all’omotransfobia che vengono dibattuti di frequente anche su media più tradizionali. Importante notare inoltre, come siano soprattutto le donne ad animare il dibattito: il 65% delle intervistate, infatti, dichiara che la Body Positivity ha un peso rilevante all’interno dell’universo social.

Coscienza sociale e sfera individuale

Un dibattito che si rivela anche come conflitto interiore. Grazie alla tecnica Metaphor, una metodologia Ipsos che legge le opinioni dal punto di vista comportamentale (behavioral), si è riusciti a intercettare il mood e le emozioni degli interlocutori sul tema, andando oltre la dichiarazione razionale. Una tecnica che utilizza un set di immagini metaforiche, ha messo in luce una dicotomia. Da un lato, la coscienza sociale che accoglie il movimento come una rivoluzione i cui valori sono condivisibili e positivi, dall’altro, la sfera individuale che riflette la percezione di sé stessi e del proprio corpo che ancora ambisce alla bellezza stereotipata. Una duplicità che si risolve nell’accettazione del conflitto: entrambe le dimensioni possono coesistere ed essere gestite. Il tema è delicato e le scelte di comunicazione da parte di influencer e aziende devono essere il più possibile etiche nel loro stesso interesse. Gli influencer sono legittimati a parlare di Body Positivity? Secondo l’80% del campione intervistato da Ipsos (che diventa 90% se si isolano solo gli individui appartenenti alla GenZ) sì, ma a patto che lo facciano nel modo giusto: dimostrando autenticità e coerenza con il loro stile di vita. Pena la perdita di credibilità e la conseguente perdita di follower. Abbiamo incontrato Matteo Pogliani founder di ONIM e Claudia Ballerini Branding Lead and Market Strategy & Understanding che ci hanno chiarito alcuni punti.

Body Positive: un tema inclusivo, delicato; quanto, alla luce delle voci, del trambusto social, dei pericoli insiti nel non aderire a un movimento di pensiero collettivo, viene abbracciato dai marchi sul fronte della comunicazione? Chi si è già adeguato?

Matteo Pogliani: «Gli utenti e, di conseguenza, mercato e brand sono sempre più focalizzati su temi sociali, tematiche che quindi negli anni sono entrate con crescente rilevanza nella loro comunicazione. Se è innegabile come inizialmente non sempre a tale spinta seguisse una reale e sentita volontà, è altrettanto vero che l’orientamento verso questi topic sia diventato un reale pillar nelle attività di brand. Assistiamo, per fortuna, sempre meno a situazioni di washing, non solo per consapevolezza, quanto perché sono tanti i marchi ad essersi scottati. Ovvio non per tutti il tema viene vissuto allo stesso modo: ogni brand ha una storia e delle caratteristiche differenti ed è quindi doveroso avere un approccio diverso, ma ancor di più una velocità differente. Per i brand è infatti fondamentale riuscire a integrare in modo reale e credibile temi come la body positivity, comprendendo la via più giusta per fare questo, senza forzature o eccessi che porterebbero con sé una narrazione non coerente e quindi criticità. Sono molti gli esempi da citare: da Dove e AW Lab presenti all’evento, a Intimissimi, Zalando, Gillette sino a brand dal percepito collettivo di enorme portata come Nike, Adidas che stanno lavorando molto in tal senso».

Che tipologia di influencer, e quali nomi celebri, si stanno battendo su questo fronte?

Matteo Pogliani: «L'attenzione verso tematiche più “complesse” sta sicuramente crescendo. Una crescita dovuta sicuramente al contesto, alle caratteristiche di canale, ma anche ad una maggiore consapevolezza di ruolo di creator e influencer. A sposare questi topic è un target sempre più trasversale: si va dai micro influencer sino alle celeb. Se pensiamo persino una figura come Chiara Ferragni si è esposta in tal senso, prima, in seguito alle polemiche scattate su un post che la ritraeva con un completo intimo durante una collaborazione con Intimissimi, poi diventando parte centrale di un evento dedicato sempre a cura di Intimissimi. Un momento di confronto che ha visto coinvolte alcune delle creator più note a livello italiano come Lodovica Comello, Daniela Collu, Katia Follesa. Basti poi pensare a Cristina Fogazzi, alias l’Estetista Cinica, che ha fatto del racconto della body positivity e dell’accettazione di sé stessi uno dei suoi elementi distintivi, portandola a creare una community strettissima e, addirittura, incrementando fortemente le vendite delle sue linee di prodotti. Sono poi molti i profili che ne hanno fatto punto centrale del loro racconto, avendo l’enorme merito di accompagnare gli utenti in questa tematica spesso difficile da affrontare. Oltre Carlotta Gagna e Laura Brioschi, protagoniste durante l’evento, possiamo citare Belle di faccia (@belledifaccia), Barbara Conte (@lovefashionstyle), Sara Busi (@talkingtomybody), Muriel (@murielxo)».

Le battaglie sociali sono un'arma per scalare le posizioni top influencer? (chi si sta distinguendo in questo senso?)

Matteo Pogliani: «Vista l’attenzione e il crescente volume di discussioni online a riguardo è indubbio che trattare temi sociali possa essere una leva rilevante per posizionarsi e incrementare il proprio consenso e, quindi, seguito. È però altrettanto vero che, come ben dimostrato nel report IPSOS, la coerenza e il percorso fatto a livello social diventano elementi essenziali per contestualizzare e dare credibilità alla trattazione di queste tematiche. Facile introdurle in un piano editoriale, assolutamente complesso farlo in modo concreto, così che sia percepibile dagli utenti. Non sono infatti mancati casi di creator entrati in situazione di crisi per essersi esposti in modo non reale e credibile su tali temi. Azioni fatte esclusivamente per attrarre visibilità e che, quando appurate, possono portare gravi conseguenze sulla reputazione del creator anche se, va detto, il web ha la memoria piuttosto “corta”. Chi, con il giusto approccio, ha saputo iniziare a far diventare questi temi i propri temi ha senza dubbio rafforzato la sua posizione e il legame con l’audience. Una questione non solo “sociale” quanto di maggiore affinità e vicinanza con i follower. Una scelta non per tutti perché i temi sociali spingono spesso a forti polarizzazioni, estremi che vanno saputi gestire al meglio. Basti l’esempio di Fedez, negli ultimi anni spesso portatore di battaglie, ultima quella sul DDL Zan. A tanto sostegno hanno fatto seguito anche una serie di commenti fortemente critici. Credo però che sarà sempre più questa la direzione per creator e influencer: il ritorno al contenuto e ad una narrazione più autentica passa giocoforza dal saper, quando necessario, prendere posizione anche su temi sociali».

Mercato influencer: chi domina (personaggi)? Quali temi sono preponderanti? Quanta vita ha un influencer? Quanto vale oggi il mercato? Quali sono/ saranno i trend? Quali le prossime prospettive?

Matteo Pogliani: «Un mercato, quello italiano, dell’influencer marketing che vale 270 Milioni di euro annui (fonte UPA), una cifra che supera il miliardo se allarghiamo il focus sulla creator economy. Uno scenario di estrema rilevanza quindi e che, stando ai dati del report 2021 ONIM, è in aumento: il 53% dei quasi 500 professionisti intervistati dichiara di voler aumentare il budget dedicato ai progetti con influencer e creator. Una rilevanza accresciuta anche dalla crescita di piattaforme, TikTok e Twitch, totalmente creator centriche in cui i brand, per operare in modo performante, non possono prescindere dalla sinergia con queste figure, posizionate, ma soprattutto capaci di sfruttarle al meglio in termini stilistici e comunicativi. Un fattore che evidenzia una delle evoluzioni più rilevanti degli ultimi anni, accelerata dalla pandemia: il ritorno al centro del contenuto e, conseguentemente, dei creator. Figure note e conosciute non per fama o attività in altri media (tv in primis), ma per l’attività e i contenuti che producono e offrono agli utenti. Un ritorno al passato potremo dire, dove i primi influencer avevano acquisito notorietà e posizionamento proprio sulla base del loro personal branding e dei contenuti (post blog, vlog, ecc). Un cambio radicale che significa più qualità, aderenza allo stile/caratteristiche del media utilizzato e alle esigenze degli utenti. Non a caso intrattenimento e utilità sono oggi pillar fondamentali. Lato trend c’è sicuramente da valutare l’impatto del metaverso, che potrebbe offrire ulteriori opportunità a figure come creator e influencer, ma che, ad oggi, non è ancora chiarissimo come. L'impatto, forte, dei creator virtuali però fa capire che innovazioni in tal senso non possono passare inosservate. Più vicino a noi, sicuramente il crescente approccio editoriale di molti creator e di conseguenti progetti con brand e media (es. podcast di Spotify), progetti di branded content che vanno a massimizzare le capacità di content creation di tali figure. Anche l’affermazione di programmi di remunerazione da parte delle piattaforme social o dei paywall (es. Patreon) è un qualcosa da tenere sotto osservazione e che potrebbe avere impatto sul mercato. Entrate diverse potrebbero “liberare” in parte i creator dalle collaborazioni con i brand, permettendogli un minor approccio commerciale e contenuti più in linea con i desiderata della loro audience».

Quale tra i social media è il più performante verso certi temi/battaglie?

Matteo Pogliani: «Instagram resta un canale di grande rilevanza, soprattutto vista la sua enorme diffusione e penetrazione. Un canale diventato riferimento anche per influencer e creator e che quindi diventa primario per raccontare o ascoltare tematiche spesso anche complesse. Ma nell’ultimo anno TikTok sta guadagnando una forte rilevanza, data sia dalla sua enorme crescita che dall’evoluzione a livello contenutistico a cui abbiamo assistito. Grande risalto a contenuti informativi e molto più “alti” di quello che molti pensano. Un’evoluzione legata sia alle esigenze/preferenze degli utenti che all’algoritmo di TikTok, capace di essere molto più aperto e propositivo rispetto a quello degli altri social e che spesso permette quindi di venire a contatto con utenti e temi diversi. Non a caso TikTok, anche e soprattutto a livello estero, ha sviluppato delle verticalità interessantissime su topic come sostenibilità, mobilità elettrica, diversity e, ovviamente, body positivity».

In cosa consiste la tecnica di ricerca Metaphor, come è stato sviluppato il modello e in quale analisi di mercato lo ritenete più efficace?

Claudia Ballerini: «La ricerca quantitativa tradizionale si basa su risposte molto razionali e spesso si avvale di lunghe liste di attributi. Certamente questo tipo di misurazione è ancora importante, ma non è più sempre sufficiente, in quanto non coglie pienamente i bisogni meno consapevoli delle persone, bisogni non consci che influenzano il loro processo decisionale. Diventa, quindi, fondamentale catturare anche i desideri più profondi e identificare le “scorciatoie mentali” che le persone attuano quando scelgono una marca, un prodotto, un servizio. Metaphor è una soluzione quantitativa di Ipsos, in grado di catturare i bisogni più profondi delle persone, consentendo di identificare quali sono gli elementi che influenzano la scelta di acquisto. Questo approccio utilizza una tecnica proiettiva, usata da anni per ricerche qualitative, che aiuta gli intervistati ad andare oltre la dichiarazione puramente razionale. Chiediamo, infatti, agli intervistati di selezionare fino a cinque immagini per aiutarli a esprimere come si sentono rispetto a una marca, un prodotto o un servizio in una determinata situazione. Abbiamo un set di 150 immagini con un significato metaforico molto forte, che rappresentano molteplici valori: questo set si basa sulle scale di valori sviluppate da psicologi e sociologi del calibro di Milton Rokeach, Steven Reiss e Shalom H. Schwartz, ma è stato arricchito con i valori accertati grazie alla nostra esperienza di ricerca sui bisogni e le motivazioni delle persone. Poiché le persone riconoscono facilmente questi valori nelle immagini che vedono, riescono ad esprimersi in modo più spontaneo e meno controllato. Catturando le reazioni spontanee agli stimoli visivi, gli esperti di marketing possono acquisire una comprensione più profonda di sentimenti, stati d'animo ed esperienze emotive delle persone e prendere decisioni basate sui loro bisogni più profondi. Inoltre, l'uso delle immagini è più coinvolgente per gli intervistati, rispetto alle domande tradizionali, ed è più adeguato alla cultura visiva in cui viviamo oggi. Proprio perché consente di identificare quali elementi influenzano maggiormente il processo decisionale, Metaphor è particolarmente utile per rispondere a tre business question: qual è il posizionamento migliore per la mia marca? Come posso ottimizzare il mio portfolio? Quali sono le opportunità di crescita per il mio brand e, quindi, quali le aree di innovazione?»

Say/Do gap, cosa significa incontrare questo atteggiamento durante una ricerca di mercato?

Claudia Ballerini: «Può capitare di imbattersi nel cosiddetto “say do gap” durante una ricerca di mercato, soprattutto se si parla di tematiche “sensibili”, come per esempio la sostenibilità, la gender equality, la body positivity, ecc. Se pensiamo ai risultati della ricerca sulla body positivity, abbiamo visto che seppur venga dedicato molto spazio al tema sui social e seppur vi sia un grande interesse verso l’argomento, le persone preferiscono condividere contenuti più leggeri. È molto importante raccogliere le informazioni corrette per riuscire a spiegare certi risultati, che apparentemente sembrano essere in contraddizione. Nella ricerca diventa, quindi, fondamentale la stesura del questionario: non servono tante informazioni, ma solo quelle giuste. Ci si può imbattere in dichiarazioni “poco veritiere” anche su argomenti meno nobili: è facile, per esempio, che le persone si dichiarino disposte a spendere per l’acquisto di un prodotto, ma poi di fronte allo scaffale ne scelgano un altro. Sono situazioni che fanno parte della nostra quotidianità, che possono e devono essere gestite. Fortunatamente in Ipsos abbiamo una serie di strumenti che ci consentono di ridurre al minimo questi casi. Le Metaphor, di cui vi ho parlato prima, ne sono un esempio, ma ne abbiamo molti altri. Oggi usiamo spesso anche la misurazione passiva, che integriamo con la ricerca tradizionale: l’eye tracking, il facial coding, la GSR (Galvanic Skin Response), l’IRT (Implicit Reaction Time) e altro ancora. Sottolineo, però, la parola “integrare”, perché l’utilizzo di questi tipi di strumenti da soli, senza la ricerca tradizionale, non risolve i dubbi e al contrario ne può generare moltissimi. L’ultima tessera del puzzle la mettono i ricercatori: l’analisi e l’interpretazione dei dati fanno, infatti, la differenza, danno valore alla ricerca e ci consentono di restituire ai nostri clienti risultati affidabili, sui cui prendere decisioni in tutta tranquillità».

Qual è il valore dell'analisi dei social network per IPSOS? Come è andata la partnership con ONIM?

Claudia Ballerini: «La nostra mission è fornire informazioni affidabili per comprendere società, mercati e persone: da qui nasce il nostro interesse anche verso i social network. Conosciamo tutti l’importanza del canale social oggi e sappiamo che i social network sono l’amplificatore della voce di persone e brand, sono un contenitore che vede la produzione di milioni di contenuti ogni minuto. Per questo è fondamentale per noi capire quale sia il comportamento e la percezione delle persone nei confronti della comunicazione social e quale ruolo attribuiscono a influencer, creator e brand. Per quanto riguarda la nostra partnership con ONIM, siamo assolutamente molto contenti. Come comunicato in occasione del nostro ingresso in ONIM, crediamo molto in questo progetto e nella pluralità degli attori coinvolti, perché pensiamo che ciascuno possa dare il proprio contributo. Proprio in questo primo evento sul ruolo di influencer e creator in ambito body positivity, abbiamo dimostrato che la complementarità delle nostre competenze porta, senza dubbio, valore al progetto dell’Osservatorio, che ha l’obiettivo di fare cultura e migliorare la conoscenza e l’utilizzo dell’influencer marketing. Ringrazio Matteo Pogliani e il suo team, perché è stato veramente un piacere lavorare insieme… un piacere così grande che stiamo già parlando di nuovi progetti».