Autore: Redazione
03/12/2025

Attention Economy: come misurare l’attenzione degli utenti nelle campagne pubblicitarie digitali

Da curiosità da approfondire a risorsa cruciale nel digital marketing, con influenze dirette su strategie, investimenti e misurazione dei contenuti

Attention Economy: come misurare l’attenzione degli utenti nelle campagne pubblicitarie digitali

Simone Chizzali

di Simone Chizzali, CEO di Adasta

Negli ultimi anni, complice l’impetuosa accelerazione dei processi di digitalizzazione e la conseguente saturazione degli ambienti online, la capacità di attenzione di ciascun utente si è imposta come una tematica centrale all’interno del digital marketing. Si tratta del cosiddetto modello dell’Attention Economy, dove l’attenzione umana emerge come una risorsa produttiva cruciale, posizionandosi accanto ai pilastri classici dell’economia quali la terra, il lavoro e il capitale. I dati parlano chiaro: a livello globale gli utenti dedicano in media 2 ore e 21 minuti al giorno ai soli social media. Un dato che, pur rimanendo alto, ha subìto una leggera contrazione annua del -1.3% e che segnala la crescente frammentazione del tempo online, che ha reso i consumatori sempre più selettivi. Questo cambio di comportamento online porta gli investitori a concentrare le proprie risorse su ambienti percepiti come ad “alta intensità attentiva”, incrementando la pressione competitiva e rendendo ancora più strategica la misurazione qualitativa dell’attenzione. L’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano evidenzia come il tempo dedicato ai contenuti video online continui a crescere, sostenuto dal successo dei formati brevi e dalle piattaforme verticali.

Investimenti digitali

Le aziende, consapevoli di questa importante trasformazione, stanno quindi progressivamente adeguando i propri modelli di business per comprendere al meglio come ottimizzare la propria presenza digitale in un contesto dominato da un’ipertrofia informativa, che si riflette direttamente anche nei budget per i servizi di marketing: la spesa globale in Digital Advertising ha raggiunto i 442,6 miliardi di dollari, pari al 70% della spesa complessiva in attività di ADV. Solo in Italia, ha raggiunto i 5,5 miliardi di euro nel 2024, con una crescita del +56% nella spesa destinata al Mobile Advertising, +23% alle attività di Advance/Connected TV e +18% nel Video Advertising. Se da un lato gli investimenti pubblicitari rimangono una strada ineludibile per emergere in un panorama sovraffollato; dall’altro, l’urgenza di sviluppare contenuti unici e realmente significativi, capaci non solo di essere visti, ma di generare un’attenzione attiva risulta altrettanto indispensabile. In sintesi, non solo catturare la visione, ma mantenerla, considerando che il 31.3% degli utenti Internet utilizza ad blocker per almeno una parte delle proprie attività online. In questo scenario, la capacità di misurare tale attenzione diventa una leva fondamentale per valutare il valore reale degli investimenti sui media e, più in generale, per assicurare la sostenibilità delle strategie digitali nel medio-lungo periodo.

Misurazione avanzata

Tra i principali strumenti che attualmente sono presenti sul mercato ne emergono principalmente tre. Le analisi di viewability verificano se un annuncio è effettivamente visibile: secondo gli standard del Media Rating Council, un banner viene considerato visualizzato quando almeno il 50% dei suoi pixel rimane visibile per almeno un secondo. I sistemi di attention tracking - basati sull’intelligenza artificiale - vanno oltre, monitorando come gli utenti interagiscono realmente con i contenuti. Andando a rilevare dimensioni come quella dell’eye-tracking e dell’analisi comportamentale, questi strumenti misurano il tempo effettivo di permanenza dello sguardo, la profondità di scorrimento, distinguendo tra attenzione attiva e passiva. Infine, le metodologie di predictive attention sfruttano modelli di machine learning per stimare, prima della pubblicazione, la capacità di un contenuto di generare attenzione. Attraverso l’analisi di campagne pregresse, questi algoritmi identificano i pattern visivi e narrativi che performano meglio, permettendo di ottimizzare gli annunci in fase di progettazione.

Ruolo dell’AI

L’implementazione di questi strumenti di misurazione è oggi fortemente influenzata dalla diffusione dell’intelligenza artificiale generativa. Alimentata dai cosiddetti large language models, l’AI sta trasformando in profondità il settore dell’advertising, con diversi pro e contro. Laddove abilita nuove forme di personalizzazione dei contenuti, l’intelligenza artificiale solleva, allo stesso tempo, interrogativi circa la trasparenza dei processi di valutazione e la tutela della privacy. In questo senso, le aziende, pur consapevoli delle opportunità dell’intelligenza artificiale nel miglioramento dell’efficacia delle campagne, stanno manifestando una crescente sensibilità verso i rischi derivanti da un uso improprio dei dati biometrici e comportamentali, adottando strumenti di governance più rigorosi.

Conoscenza e adozione

Nelle campagne pubblicitarie digitali, la risposta delle imprese alla complessità dell’attention economy si declina in una crescente propensione a investire in tecnologie di misurazione avanzata, sebbene permangano delle mancanze in termini di digital literacy. Le statistiche indicano come il 73% degli investitori pubblicitari conosca poco il tema dell’attention metrics e solo il 10% non ne abbia mai sentito parlare. Inoltre, il 10% conosce bene le modalità di misurazione, mentre il 69% ne ha una conoscenza limitata e il 21% non ne conosce alcuna metodologia. Nonostante queste criticità che investono il modello organizzativo aziendale, la maggior parte delle imprese italiane, comprese le PMI, stanno perseguendo un approccio orientato all’efficienza. Da questo punto di vista, i segnali sono incoraggianti. Secondo il report realizzato da IAB Europe, l’interesse verso le attention metrics è in forte accelerazione: il 37% degli advertiser le utilizza per la pianificazione, il 56% per l’ottimizzazione media e il 75% per misurare l’efficacia delle campagne. Misurare l’attenzione significa, nel complesso, evitare sprechi di impression; ottimizzare i costi; e, infine, migliorare la qualità dell’esperienza utente. Al tempo stesso, cresce l’adozione di dashboard integrate che combinano dati comportamentali, metriche di esposizione e indicatori di engagement qualitativo, restituendo una visione più completa della performance creativa.

Quadro normativo

Tale evoluzione va anche declinata alla luce della funzione regolatoria svolta dal quadro normativo. Il diritto assume quindi un ruolo sempre più centrale nel tentare di definire un equilibrio tra innovazione tecnologica, tutela degli utenti e trasparenza delle metriche. Ad esempio, le normative europee sulla privacy, come il GDPR e il Digital Services Act, stabiliscono dei limiti chiari nell’utilizzo dei dati sensibili, incidendo direttamente sui modelli di misurazione dell’attenzione basati su tecniche di eye-tracking, emotion detection o analisi predittive del comportamento. Parallelamente, l’AI Act introduce criteri stringenti per l’impiego dell’intelligenza artificiale nei processi automatizzati, imponendo maggiori responsabilità ai fornitori di tecnologie di advertising che intendono utilizzare modelli di profilazione avanzati. In sostanza, sia il livello tecnologico sia quello normativo procedono di pari passo verso la definizione di un nuovo paradigma dell’advertising digitale. Un modello basato non più sulla quantità delle esposizioni, ma sulla qualità dell’attenzione generata. Motivo per cui l’attention economy non rappresenta dunque una semplice evoluzione delle metriche di performance, ma un cambiamento più profondo, strutturale, che coinvolge il modo stesso in cui i marchi concepiscono la relazione con le proprie audiences. L’impegno dei prossimi anni consisterà nel trasformare le tecnologie di misurazione in strumenti realmente operativi, capaci di orientare le strategie creative, migliorare la pertinenza dei messaggi e contribuire a un ecosistema digitale più sostenibile.