Autore: Redazione
20/05/2016

Il 75% dei brand non crede nei centri media

Nel panel “What do clients really want?” del Festival of Media di Roma, i manager di Philips, MasterCard, Boehringer-Ingelheim e Volvo discutono sulla relazione tra aziende e agenzie media

Il 75% dei brand non crede nei centri media

Brand e agenzie media hanno un rapporto strano, o almeno così sembra nel panel “What do clients really want?” tenuto da Matt Green, global media & global digital marketing della World Federation of Advertisers, Sital Banerjee, senior director e global head of media di Philips, Ben Jankowski, global media head di MasterCard, Mark Butterfield, head of global media di Boehringer-Ingelheim, e Fiona Lam, head of media and investment di Volvo al Festival of Media di Roma. Sembra non esserci troppa fiducia tra I due anelli della catena pubblicitaria, tanto che uno studio della WFA evidenzia che il 92% del campione crede che le ad fraud siano colpa della struttura e dei sistemi in uso nell’ecosistema dei digital media e l’87% delle aziende ritiene di esser preoccupata dalla scarsa trasparenza e dalle frodi sui media digitali e nel programmatic. Non solo, il 75% dei brand non crede che le agenzie media abbiano piena comprensione del panorama tecnologico, né siano in grado di dare consigli imparziali. Infatti, il campione conviene integralmente nella necessità di avere partnership esterne per sfruttare efficacemente l’ecosistema. Il problema non è livello dei servizi che i centri media forniscono, ma sono i servizi stessi a dover cambiare. È evidente che ci sia un problema da risolvere. «È stato deludente per noi scoprire che la maggior parte dell’engagement proviene dalla Scandinavia, mentre il resto del mondo non è quasi per niente coinvolto. Ma crediamo ancora nelle agenzie. Abbiamo visto tantissime novità in settori come il nostro (automotive), ma secondo me molte agenzie non hanno ancora capito come cogliere le opportunità che ci sono sul mercato. Avranno capito il nostro business? Hanno in mente quali saranno i nostri orizzonti? Tutto cambia molto velocemente, bisogna essere bravi a non perdere terreno», dichiara subito Lam. «Io credo che sia importante che la transformation continui, ma non bisogna chiudersi nessuna strada. I partner esterni sono fondamentali per garantire una trasparenza imparziale», aggiunge Banerjee, ma «bisogna rallentare e render chiaro questo processo di trasformazione se si vuole evitare di fare confusione», risponde Butterfield. Banerjee ricollega immediatamente il discorso al business, «transformation e transaction devono andare di pari passo, ma abbiamo bisogno di support anche in altre aree per riuscire a incrementare le vendite». I centri media sono ancora utili? Alcuni top brand internazionali hanno cominciato un percorso di internalizzazione dei servizi offerti dai centri media, ma non tutti sono convinti che questa sia la strada migliore da intraprendere. «Dipende dalle dimensione del business a cui ci si riferisce, ma i centri media rivestono un ruolo chiave per i brand. Noi abbiamo da poco cominciato a gestire le nostre campagne social internamente», confessa Banerjee, e poi «portarsi queste capacità in casa significherebbe ristrutturare molti processi e in tempi brevissimi» fa eco Lam. «Il discorso di fondo è che i brand che internalizzano queste operazioni cercano più controllo sui processi, ma non è affatto facile sostituirsi ai centri media», sottolinea Banerjee. Le agenzie media potrebbero avere anche un ruolo importante nella transformation, «Sanno dove vogliamo arrivare, conoscono i nostri obiettivi, ma non hanno ancora compreso appieno la tecnologia», spiega Banerjee. Anche a livello di supporto, i brand chiedono di più: «I customer insight possono aiutarci ad avanzare ipotesi sui clienti e pianificare meglio il futuro. Sarebbe molto utile ricevere report accurati», chiede Lam, «servirebbe anche più chiarezza sull’allocazione dei budget. Spendiamo molto sulle audience ma non sappiamo con certezza se e come riusciamo a raggiungerle», conclude Banerjee.