Autore: Redazione
06/11/2020

WeGroup, quando l’evento in rete diventa un’emozione

La storia della factory, debuttante in questo 2020, esperta nella costruzione di convention aziendali in formato digitale. Sorta dall’esperienza di due agenzie che hanno unito le forze, studia per aprirsi anche a progetti verso l’esterno. Il racconto di Stefano Borsani, insieme ad Alberto Rosati, fondatore del marchio

WeGroup, quando l’evento in rete diventa un’emozione

Stefano Borsani

Chi l’avrebbe mai detto? Una domanda divenuta ormai una semi constatazione, a due passi dal dato di fatto, ben lontana dalle solite frasi fatte, una conferma dei risvolti quasi apocalittici di un anno senza precedenti. Uno stupore che attraversa e infilza miriadi di settori, interessi, della nostra quotidianità. Per esempio: che tutto il mondo che ruota attorno agli eventi sia di fronte a un bivio non è ormai un mistero. A un certo punto, ha cominciato a farsi largo l’idea di incontri collettivi in chiave online. Beh, perché no?! Avranno pensato in molti. Lo streaming esiste ormai da chissà quanto tempo, mandiamo l’invito e via, tutto a posto. Ovviamente non è stato così e non lo è ancora e non lo sarà neanche a breve. Ma perché una visione di questo genere si trasformi in un progetto e poi in un trend e poi assuma le sembianze di una prassi occorre organizzare la macchina per bene, oliarla e renderla differente ed efficiente. Un’idea che è balenata nella mente di Stefano Borsani e Alberto Rosati i quali, dalle esperienze ancora in essere delle due agenzie di comunicazione Quindicizerotre e Eurekalab, hanno unito forze e propositi per fondare WeGroup, factory milanese specializzata in eventi digitali.

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In 10.000 per Stanhome

L’ultimo successo comunicato è legato alla convention realizzata per Stanhome: circa 10.000 venditori che si sono ritrovati online per un evento da ricordare. Novanta minuti, con interventi live e pre-registrati. Uno spazio digitale libero, aperto, per la propria community di venditori. Un evento ricco di spunti, di esperienze, di realizzazioni dei propri sogni lavorativi, il tutto facendo leva su una sapienza tecnologica dai risvolti per così dire emozionali. Che sia questo il segreto pere rendere l’evento online un qualcosa di estremamente naturale? Lo abbiamo chiesto a Stefano Borsani, uno dei due founder di WeGroup.

Gli incontri online non sono appannaggio di questo anno a dir poco stravagante, allora cosa è cambiato o cosa sta mutando nel segmento?

«Prima di tutto non siamo di fronte a un approccio basico stile Zoom, che tra l’altro ha preso definitivamente piede, per ovvi motivi proprio quest’anno, ma di qualcosa di molto più elaborato. Certo, le lamentele non sono mancate e sono ancora presenti, udibili: fine dei rapporti umani, dell’interazione fisica… Ne siamo tutti consapevoli, ma occorre costruire un’alternativa, seria, ben congegnata, che porti a dei risultati».

Cosa offre WeGroup nella costruzione di un evento digitale?

«Il concept, tutti i materiali digitali, supporto ai contentuti, la revisione degli speech, la cura della fase teaser, quella del reclutamento degli spettatori, è attiva nel pre, durante e nel post, perché alla fine misura tutti i risultati, i dati, i numeri. Dal punto di vista produttivo, possiamo contare su due sedi, una in via Pastrengo, ed è quella creativa, l’altra al Base, ed è quella operativa, con un team che si occupa delle riprese video».

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Alberto Rosati

 

Che tipo di eventi curate?

«Attualmente siamo specializzati nella costruzione e realizzazione di incontri aziendali, le cosiddette convention che vedono protagonista la forza vendita. Si tratta di appuntamenti che possono essere suddivisi su tre livelli: basico, un meeting, con persone collegate e un livello minimo di regia; un evento web allargato, con assenza di relatori e un’interazione digitale; un appuntamento che possa inglobare le due realtà su menzionate, con la presenza di un pubblico, dell’elemento live, dello spettacolo, con riprese in diretta streaming. Abbiamo una banda capace di coprire 50.00 persone. Il resto è una questione di contenuti e noi ci siamo, in entrambi casi».

Ma un giorno dovremmo tonare alla normalità…

«Certo, ma crediamo che quella attuale sarà anche la direzione del futuro. Un po’ lo stesso discorso che si fa per lo smartworking. Piaccia o meno, si tratta di situazioni lavorative che hanno degli indubbi vantaggi, non foss’altro per quel che concerne la libertà personale. Un vero e proprio cambiamento di mentalità maturato negli ultimi mesi. Un anno fa, di questi giorni, pochi avrebbero pensato alla video call, oggi è il primo tasto a essere premuto».

Quali sono i settori con i quali avete più confidenza?

«Abbiamo una clientela piuttosto trasversale. Stiamo lavorando con Campari, Oakley di Luxottica, Lindt, Artsana, Bocconi, con il ramo farmaceutico in generale. Di fatto non esiste un settore che non abbia l’esigenza di comunicare con la propria forza vendita».

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E l’evento “esterno”, ricolto a un pubblico magari di appassionati?

«Ci stiamo preparando e in futuro dovremmo aprirci in tal senso. Potremmo iniziare con la musica, potendo contrare sull’esperienza e sui contatti del mio socio Alberto Rosati. Non si può però negare che in Italia, e non si tratta certo dell’unico esempio, si viaggi con qualche anno di ritardo. Simili operazioni all’estero, non solo negli Strati Uniti, sono già di attualità».

Una curiosità, che forse potrebbe essere invece un elemento fondamentale: l’evento in streaming ha una durata consigliata?

«Certo: non dovrebbe andare oltre l’ora e mezzo. In caso contrario dovrebbe essere splittato in più giornate. E questo anche se i temi essere pregnanti e lo spettacolo memorabile. Il livello di attenzione di fronte a uno schermo, nel chiuso della propria casa, è minimo rispetto a un’esperienza live che ci vede partecipi in un luogo esterno, contornati da altre persone».

Quindi occorre essere più creativi per operare in rete?

«Assolutamente sì. Occorre creare situazioni che non invoglino a disconnettersi, a distrarsi. Occorre offrire un altro grado di emozionalità per evitare i possibili stacchi».

Quali sono i vostri obiettivi?

«Avere la possibilità di creare progetti di grande qualità, che implichino grandi skills creative. Al momento, un evento corposo comporta un mese e più di lavoro e noi riusciamo a farne 2-3 per volta. Volgiamo diventare ancora più performanti e offrire emozioni».