La Web Tax si è arenata:la reazione di IAB Italia
Approvata lo scorso 21 marzo in commissione europea consiste in una tassa continentale del 3% imputabile alle aziende con un fatturato globale superiore a 750 milioni di euro e un europeo sopra i 50 milioni
La Web Tax era stata presentata in Commissione Europea lo scorso 21 marzo e mirava a generare un’imposta europea sul fatturato dei giganti dell’online. Avrebbe dovuto aggirarsi attorno al 3% dei ricavi dalla vendita di spazi pubblicitari, della cessione dei dati e delle attività di intermediazione tra utenti e business, ma solo alle società con un fatturato globale superiore a 750 milioni di euro e un europeo sopra i 50 milioni. Bruxelles attendeva i suoi 5 miliardi all’anno di nuove entrate, ma improvvisamente la legge è stata messa in stand by. Manca l’unanimità sulla sua introduzione da parte di tutti gli stati dell’UE. In Italia la nuova normativa è stata annunciata, ma poi messa da parte: l’Osservatorio sui conti pubblici diretto da Carlo Cottarelli indicava che per rendere effettiva la tassa “sarebbe necessario il decreto entro fine luglio, visto che le disposizioni si applicano a partire dal sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale” si legge su repubblica.it. Cosa che, probabilmente, non succederà.
La reazione di IAB
“Come associazione, che rappresenta oltre 180 aziende tra i più importanti operatori della pubblicità online sia a livello nazionale che mondiale – ha dichiarato Carlo Noseda, Presidente di IAB - constatiamo con grande disappunto come la Web Tax annunciata dal Governo e approvata dal Senato - con un obiettivo di gettito già fissato a 150 milioni per quest'anno e 600 milioni per il prossimo - si sia completamente arenata, in attesa di un’azione comune europea, riportandoci, di fatto, al punto di partenza. Da mesi sosteniamo e ci appelliamo al Governo perché senza una 'nuova' web tax le imprese italiane del digitale sono destinate a sparire. Nella situazione attuale si rischia di accentuare ulteriormente la disparità fiscale tra i colossi del web e le aziende tricolore che operano nell’advertising online. L’equità fiscale è uno dei punti cruciali su cui si gioca la crescita dell’intero comparto, un comparto che genera un indotto di oltre 89 miliardi di euro con più di 675 mila posti di lavoro. Un valore che negli anni ha proseguito a crescere in maniera sostanziale, ma che rischia di arrestarsi proprio per l’attuale iniquità fiscale che pesa esclusivamente sulle nostre imprese”. “Il settore del digitale - ha continuato Noseda - ha ancora enormi spazi di crescita, ma è necessario che questo sviluppo venga normato in modo chiaro, condiviso e successivamente venga rispettato da tutti gli interlocutori. IAB auspica che si arrivi quanto prima all’attuazione di progetto annunciato e rimane altresì a disposizione per lavorare con le istituzioni e tutti gli stakeholder per focalizzare il decreto attuativo alle reali situazioni di abuso e disarmonia concorrenziale.”