Di nuovo sul terreno di gioco, ma con tante novità: Vero Volley racconta lo sport mondiale che cambia
Mentre il business degli eventi legati alle discipline ha superato i 200 miliardi di ricavi globali, l’industry vive una fase rivoluzionaria, tra innovazione tecnologiche, sostenibilità e inedite forme di spettacolo, come racconta Gianpaolo Martire, responsabile marketing del consorzio che domina la scena della pallavolo, non solo italiana

Gianpaolo Martire
“Lo sport è l’unico spettacolo che, per quante volte tu lo veda, non sai mai come andrà a finire”, diceva lo storico sceneggiatore e drammaturgo statunitense Neil Simon; parole che risultano più che mai attuali, considerata la portata non solo affettiva, grazie agli appassionati presenti in tutto il mondo, ma anche economica dell’industria sportiva che vede nell’asset degli eventi un mercato estremamente ricco oltre che in grande evoluzione. Conferme in merito giungono da una serie di ricerche condotte sulle principali testate internazionali del settore da Espresso Communication per conto della società pallavolistica Vero Volley e, nello specifico, dal portale economico Zion Market Research. Nel dettaglio, la business unit globale dei cosiddetti “sport event”, dopo aver chiuso il 2023 superando ampiamente i 200 miliardi di euro di ricavi, crescerà a un ritmo senza precedenti in vista dei prossimi anni. Ne parliamo con il responsabile marketing di Vero Volley Gianpaolo Martire (ospite di DailyOnAir - The Sound Of Adv).
Il mercato degli eventi sportivi: come si è evoluto nell’ultimo decennio e su quali basi?
«Molto è cambiato per via del fattore covid, che ha rappresentato un vero e proprio spartiacque. Conclusasi l’esperienza pandemica si è manifestato il progressivo ritorno dello spazio live e il creare ulteriori esperienze all’interno degli eventi è stato necessario per spingere le persone che fino a poco prima avevano manifestato timore o magari si erano solo impigrite. Un mercato che si è evoluto di pari passo con il mondo, tra streaming, innovazioni tecnologiche, digitalizzazione, personalizzazione, globalizzazione; pensiamo alla NBA che va in Europa, ai tour che vedono le società di calcio frequentare i Paesi arabi, alla NFL che invade il Brasile. E poi qualcosa è mutato anche nel tempo di consumo, tra la famigerata mancanza di attenzione e la priorità data al second screen, occorre creare situazioni, momenti di interesse rinnovato per la dimensione live, per un pubblico che deve essere riabituato».
Quali sono oggi i trend principali?
«Si parla spesso di diversità e inclusione, di eventi sostenibili, di tendenze tecnologiche, di AI e dei suoi utilizzi. Il podcast è un mezzo in forte espansione che si sposa bene con la dimensione del racconto sportivo. E poi ci sono gli sport femminili, tra calcio, basket, volley, che in Italia vive la sua golden age, tra nazionale e competizioni per club. E ancora: novità sul fronte marketing, il total video, i reel, gli short, l’affidarsi ai content creator, che non devono essere per forza influencer sportivi».
L’Italia rispetto al resto del mondo: a che punto siamo, cosa ci distingue e cosa ci attende?
«Il nostro Paese rappresenta un ecosistema variegato, ricco di protagonisti, eppure l’indice di sportività, ossia il numero di giorni in cui si fa attività fisica, ci vede molto indietro: si pensi alla differenza con gli Stati Uniti, in cui la media è 200 giorni, mentre noi arriviamo a fatica ai 95. Lo sport è legato all’entusiasmo che provoca ma è anche uno strumento di ritorno sociale, il cosiddetto social ROI, che comprende la salute, l’allontanamento dalle straìde e dalle dipendenze. Fare sport aiuta la crescita della società, per ogni euro investito ce ne sono quattro guadagnati a livello sociale. Dal punto di vista sportivo-organizzativo-competitivo, l’Italia è in pole position, come dimostrano le Finals ATP di sede a Torino, come pure le imminenti olimpiadi invernali, gli ori olimpici recenti, il successo del volley. Primeggiamo nel calcio, nella scherma, nella pallanuoto, nella pallavolo; il motociclismo è un fenomeno tipicamente italiano, il tennis che, grazie a Sinner, vive una grande momento, lo sci femminile. Siamo un po’ indietro sul fronte dell’impiantistica, quella di base soprattutto, e sono poche le arene che possono competere per soddisfare il fan su tutta la catena di servizi».
Si sente dire sempre più spesso in giro che le generazioni più giovani stiano perdendo via via interesse: cosa c’è di vero e come si può porre rimedio?
«La pratica sportiva dovrebbe essere vista, in ottica governativa, come un costo scaricabile, come se fosse una medicina. E se le normative sono importanti, il tema è soprattutto culturale. Lo sport è passione, meraviglia, occorre partire da questi punti fermi, ma serve anche l’apporto di professionisti competenti, per riportare entusiasmo nella pratica e per valorizzare il concetto che vede lo sport come un modo per migliorare la qualità della vita delle persone».
Eventi live rispetto ai sempre più pubblicizzati highlights: due mondi separati o si può trovare un ‘accordo’?
«Si tratta di due fruizioni diverse: possiamo concordare sul fatto che la visione di una partita intera da casa possa essere ostaggio di un deficit di attenzione che crea disamore e disinteresse, ma l’highlights dovrebbe essere considerato e utilizzato come uno strumento in più per convincere l’utente a spostare la visione in una dimensione live».
Il ricorso allo spettacolo oltre il match rischia alla fin fine di snaturare lo spirito dello sport?
«Se si parte dalle basi, dall’educazione, dai valori, la spettacolarizzazione accresce la base di praticanti. Avere uno spettacolo rappresenta uno strumento in più di coinvolgimento, un’attività in più ma solo se la base è sana. Ci sono esempi come l’half time show del Super Bowl, in cui si va per vedere il cantante ma anche per ammirare gli spot adv costruiti per l’occasione. E ancora: il Kentucky Derby, una gara di cavalli che diventa una sfilata di moda e influencer. Tutte situazioni che potrebbero allontanarci dal focus sportivo ma, ripeto, se ci sono basi solide si tratta di elementi che arricchiscono, che ti fanno uscire di casa; senza contare, dal punto di vista sales & marketing, l’attrattiva esercitata su possibili sponsor diversi dall’ambito sportivo».
Sport e innovazione: arricchimento o ostacolo? Come rientra nel discorso l’intelligenza artificiale?
«L’AI rappresenta una grande opportunità, tra rischi e vantaggi; ha un vastissimo impiego, pensiamo allo studio dei carichi di lavoro di un atleta che aiuta a prevenire gli infortuni, a tarare allenamenti diversi. E poi le nuove modalità di scouting, che soprattutto in America sono un punto fermo. La possibilità di accedere al dato in tempo reale avvantaggia anche in relazione ai metodi di allenamento, per cambiare strategia in corsa, per aggiornare, per capire se funziona o meno. Sul tema spettacolo pensiamo alla realtà aumentata, al gaming… Riguardo marketing e vendite, CRM e creazione di contenuti, sempre con l’ausilio dell’occhio umano, l’AI permette grandi produzioni in sempre minor tempo».
Quanto conta tutto ciò che ruota attorno alla sostenibilità e come sfruttarla?
«È un fine, potrebbe essere un mezzo, non deve essere solo ambientale, ma nello sport deve essere trattata a 360°, e richiamo il già citato social ROI. Esiste una sostenibilità sociale, di territorio, è un veicolo straordinario per creare correlazioni di rete. E poi, sostenibilità dal punto di vista educativo, per creare nuovi modelli comportamentali. Di certo, non bisogna entrare nel loop della falsa sostenibilità solo per riempire una casella».
Pallavolo: come cresce la partecipazione e come opera Vero Volley?
«Il volley è un grande contenitore, molto sottovalutato, sin troppo associato alla palestra. Nle mondo vanta oltre un miliardo di tifosi, è tra i cinque sport più seguiti a livello globale. In Italia è al terzo posto per numero di tesserati, dopo il tennis e il calcio, ed è la disciplina più diffusa tra le ragazze, non solo nel nostro Paese ma in tutta Europa. La nostra scuola di allenatori è eccezionale, la più citata e richiesta e le nostre squadre sono ai primi posti. Oltre dieci milioni di persone in Italia, oggi come oggi, interagiscono online sul tema. I praticanti sono circa un milione e mezzo. Vero Volley è nato nel 2008, e da subito ha lavorato sul fatto che le grandi squadre siano un mezzo e non un fine, che possano lavorare su un progetto sociale, per far sì che chi pratica, ma anche chi segue, acquisisca abilità nella vita non solo nella dimensione sportiva. La squadra maschile, la Mint Vero Volley Monza è tra le prime, è arrivata ai quarti di finale di Champions; nel team femminile, la Numia Vero Volley di Milano, militano le campionesse olimpiche, tra le quali Paola Egonu. Possiamo contare su 1.550 tesserati, e lavoriamo a dieci progetti sociali che toccano i maggiori disagi giovanili».