Autore: Redazione
15/11/2023

UNA: la spese pubblicitaria 2023 a +3%, con l’Experiential Market sfiora i 13 miliardi di euro

Presentate le nuove previsioni dell’associazione guidata da Davide Arduini; il sistema è solido, l’anno prossimo crescita prevista tra il 2,5% e il 2,9%.

UNA: la spese pubblicitaria 2023 a +3%, con l’Experiential Market sfiora i 13 miliardi di euro

Davide Arduini, Presidente di UNA

UNA rivede al rialzo le previsioni sugli andamenti della spesa pubblicità nel 2023. Si è tenuto ieri, a Milano, ‘Comunicare Domani’, il convegno annuale organizzato dall’associazione delle Aziende della Comunicazione, durante il quale è stato presentato un aggiornamento delle stime degli investimenti media per la fine dell’anno in corso e una prima previsione sul 2024. Nonostante la vulnerabilità in termini macroeconomici sia a livello globale sia locale, una crescita del PIL contenuta e il calo dell’inflazione non ancora ai livelli sperati, il settore pubblicitario si dimostra solido e nel 2023 si stima che raggiunga un valore di 8.903 milioni, con una crescita del 3% rispetto al 2022. Lo scorso giugno il Centro Studi UNA e UNA Media Hub avevano indicato una forbice tra il +1,8% e il +2,4%. Complessivamente, nonostante gli aspetti controversi dello scenario socioeconomico e geopolitico, in Italia i consumatori sembrano mantenere una certa serenità, anche se alcuni timori, dal reddito insufficiente ai ritmi di vita sempre più frenetici che non consentono di godersi la quotidianità, continuano a essere presenti. Da cosa è dato questo miglioramento? «Da un quarto trimestre che va particolarmente bene – spiega Federica Setti, Portavoce di Media Hub -, da un digital performante sostenuto dai GAMT (Google, Amazon, Meta e TikTok, ndr), ma anche da tutto il resto del mercato, e da un tv in ripresa, per la quale abbiamo indicato una chiusura in crescita dello 0,5% contro l’andamento negativo stimato lo scorso giugno».

Il 2024

E nel 2024? Si navigherà a vista anche se le previsioni sono positive, e infatti il Media Hub indica un andamento tra il +2,5% e il +2,9%. L’anno a venire, infatti, sarà caratterizzato dagli eventi sportivi, come gli Europei di calcio in Germania, le Olimpiadi in Francia, oltre al ritorno di investimenti derivanti da settori storici, tra i quali l’auto, l’FMCG, il turismo e il mercato media/editoria. Tuttavia, continua a esserci una discreta preoccupazione per l’instabilità geo-politica ed economica. «I mercati sono vulnerabili – continua Setti -.  In area UE si prevede un PIL a +0,7%, così come i consumi, In Italia, se il PIL dovrebbe crescere dello 0,9%, i consumi sono flat al +0,5%». I consumatori si dicono ‘felici’ ma allo stesso tempo crescono i timori e frustrazioni. Sul fronte dei mezzi si assiste a un crescente fervore sia da parte del mercato sia da parte dei consumatori che spendono parecchio tempo (oltre 9 ore) su tanti e diversi media.

Andamenti dei mezzi

I principali key driver del mercato pubblicitario sono la televisione e il digital, che insieme valgono l’85% del mercato. Necessario sottolineare che lo studio condotto sulla tv va riletto sulla base dell’Advanced TV, rappresentata dalle componenti addressable e on demand dei broadcaster, gli streamer e i player digitali da CTV, e che vale 381 milioni di euro, con una crescita pari al 29%. La televisione lineare (comprensiva anche del calcio sulle piattaforme DAZN e Prime Video), invece, vale 3,3 miliardi di euro con una crescita pari allo 0,5%. Le due componenti portano la tv a una valorizzazione totale di 3,6 miliardi di euro con una crescita del 2,8% rispetto allo scorso anno. Per quanto concerne la radio, il mercato torna ai livelli pre-pandemia, con un valore di 400 milioni di euro e una crescita del 4% rispetto al 2022. Analogo discorso per l’out of home, che chiude l’anno con un valore di mercato pari a 450 milioni e una crescita dell’11,9%. 

Experiential market

In uno scenario dove i confini dei media si fanno via via più sfumati, il Media Hub di UNA ha avvertito la necessità di attualizzare la sua analisi sull’intera filiera della comunicazione alla luce del ‘media blending’ e ha monitorato tutte le attività non convenzionali (sponsorizzazioni, eventi, branded content, influencer marketing) e le ha raccolte sotto il cappello di ‘Experiential Market’, cresciuto del 10,3%, raggiungendo un valore pari a 3,7 miliardi di euro. Secondo i risultati del Media Hub, il mercato della comunicazione raggiunge quindi un valore complessivo di quasi 13 miliardi di euro (12,6 miliardi), di cui 8,9 miliardi (70%) sono generati dai media classici e 3,7 miliardi (30%) generati dall’Experiential Market. “Grazie al lavoro del team di Media Hub, in questa edizione abbiamo dato una fotografia più attuale al mercato televisivo e digitale allargando il nostro sguardo attraverso la lettura dell’Advanced TV, nonché con la valorizzazione dell’Experiential Market, che una volta chiamavamo ‘below the line’ con la stima dei mercati relativi a sponsorizzazioni, eventi, branded content e influencer marketing: ovvero i luoghi dove vanno i soldi degli investitori e che non sono i mezzi tradizionali», spiega ancora Setti.

La paura del futuro

Il tema dell’evento di quest’anno è ‘Il futuro non è più quello di una volta’. Parlando di trend, e di futuro, bisogna tenere conto del tempo che stiamo vivendo, un tempo di cambiamento anche per il mondo della comunicazione, ha detto il Presidente di UNA, Davide Arduini. L’economia post pandemica subisce il Mona Lisa Effect, da qualsiasi lato la guardi ha sempre un aspetto diverso, e comunque è difficile inquadrarla da vicino. E poi c’è la resilienza dei consumatori, delle aziende, dei cittadini in generale. Dopo il 2020 le aziende hanno capito che ci deve essere collaborazione, i consumatori chiedono ai brand di fare “qualcosa di più”. Ambiente e sostenibilità sono temi imprescindibili, ma la sostenibilità ha un costo. I consumatori sono ‘intorpiditi’, il fatto di essere ogni giorno sottoposti a decine di migliaia di messaggi pubblicitari crea confusione, dobbiamo cercare di fare comunicazione efficace. E infine ‘disruption’: i comunicatori hanno l’obbligo di occuparsi di questa complessità. Il giornalista e ‘futurologo’ Roberto Paura ha affrontato il tema delle preoccupazioni delle persone, tra l’eco-ansia, quella per futuro economico (il 51% degli italiani pensa che le proprie aspirazioni si siano ridotte dopo lo scoppio del covid), e per il lavoro. Il futuro spaventa nel 49% dei casi, o si pensa di non poterlo cambiare (51%): se però il futuro non si può cambiare non ci appartiene. Quindi, chi lo possiede? USA e Russia, se parliamo di possibili guerre nucleari; Cina, e India, se affrontiamo il nodo del cambiamento climatico, perché hanno trend di inquinamento in ampia crescita, mentre Europa e Usa stanno riducendo le emissioni ma, in proporzione, molto meno. Un altro tema è quello della ricchezza globale concentrata nelle mani dell’1% della popolazione mondiale. Inoltre, la ricchezza è nelle mani delle generazioni più anziane, i boomer sono 10 volte più ricchi dei millennials. La concentrazione dei ricavi tecnologici nelle mani di pochi big di internet fa sì che siano queste ultime a determinare il futuro tecnologico (e non solo) di tutti. Massimo Temporelli, presidente e co-founder di The FabLab, ha tracciato un quadro di come la tecnologia impatta sull’immaginazione e come l’uomo può approfittarne per valorizzare proprio la sua unicità. Stefania Siani (CEO e CCO Serviceplan Italy e Presidente ADCI) ha esaminato l’impatto della intelligenza artificiale a partire dalla lettera-monito sui pericoli intrinsechi della intelligenza artificiale (firmata, tra le altre personalità, da Elon Musk), che chiedeva l’interruzione dell’allenamento dell’AI generativa, a cui ha risposto il filosofo Luciano Floridi dicendo che un mercato da miliardi di dollari non si sarebbe fermato su base volontaristica. Gli scenari possibili di impatto dell’AI sul lavoro sono: automazione completa, miglioramento performance, bolla di nessun impatto; l’opinione dominante è che si verifichi il secondo scenario. E per la comunicazione? Il report Forrester dice che si perderà il 7,5% delle professioni creative entro il 2030. Goldman Sachs dice che il 26% delle settore art, design, enternainment, sport e media è esposto, ma solo il 7% sarà sostituito dall’AI. Accenture indica che il marketing è esposto per il 26% sulle competenze linguistiche per cui l’AI sarà un supporto. In questo quadro si inserisce l’AI Act che però ha scelto una narrativa ‘di paura’, adottando la categoria del rischio (di cui la UE classifica quattro livelli): questa paura da cosa è generata? Forse dipende dalla parola ‘intelligenza’ che è una capacità umana, se la attribuiamo a qualcosa di non umano scatta l’antagonismo. Forse sarebbe il caso di fare un rebranding; rifacendosi a Jacques Lacan l’intelligenza artificiale potrebbe essere considerata qualcosa di ‘altro da noi’ ma bisognerebbe evitare di renderla estranea, mancante all’uomo. Per Siani è molto importante trovare le parole giuste per descrivere un futuro che non faccia paura. Per questo Art Director’s Club ha premiato con il Grand Prix il progetto firmato da Auge per Translated, perché ha messo l’uomo al centro per sviluppare una narrativa ai più legata alle opportunità (Nothing translate a human like a human). Un approccio che dovrebbe essere utilizzato per raccontare l’AI. Davide Boscacci (CCO Accenture Song) sottolinea come sia necessario alzare l’asticella delle competenze creative per offrire un valore aggiunto mentre il lavoro ‘sporco’ lo farà l’AI. I brand dovranno essere le nuove ‘star’ – dato che le star sono diventate dei brand -, per entrare nella mente del consumatore e la creatività dovrà essere una ‘hit’. Tre gli indicatori della creatività come ‘hit’: essere ‘entertaining’, ‘meaningful’, ‘core’ (essere al centro del business).

 

Scarica la presentazione