Spotify racconta le sue strategie e presenta la ricerca Audio 2016 di TNS
La piattaforma abbraccia la radio e ne riconosce la complementarietà. Ma la sua potenza digitale è forte, grazie al successo immediato dei prodotti, del targeting basato sulle attività degli utenti e di tecnologie come il programmatic audio. La parola a Luca Daher, sales director
Spotify traccia una nuova panoramica del mercato audio, presentando i risultati di una nuova ricerca condotta da TNS, player mondiale nelle ricerche di mercato, che misura la reach e la qualità del pubblico della versione gratuita di Spotify, supportata dagli annunci pubblicitari, paragonata a quella di una radio commerciale. Rispetto allo studio dello scorso anno, è stata utilizzata una metodologia di tipo misto per includere i respondent online e offline. TNS 2.0 ha coinvolto dieci paesi in tutta Europa, compresa l’Italia in cui il campione ha riguardato più di 2.000 fan di musica di età compresa tra 15 e 64 anni. risultati mostrano come, in un mercato in continua evoluzione, Spotify continui a fornire una reach incrementale alle principali stazioni radio, con una particolare efficacia nella fascia di età 15-34. Questo dimostra il forte cambiamento delle abitudini di ascolto e di interazione degli utenti con le piattaforme di intrattenimento.
Le principali evidenze
Ecco i punti principali scaturiti dalla ricerca: nel 2016, Spotify ha raggiunto ogni settimana il 15% degli italiani tra i 15 e i 64 anni, aggiungendo una reach incrementale a tutte le stazioni e network radiofonici. Spotify aggiunge il 9% al 16% della reach incrementale delle 15 stazioni radio più rilevanti in Italia tra gli ascoltatori nella fascia 15-64. La reach unica è ancora più alta nella fascia 15-34. Rispetto alle radio, gli ascoltatori di Spotify comprendono i consumatori amanti dello shopping e pionieri, molto più propensi ad acquistare prodotti nuovi e innovativi. L’ascolto della radio avviene soprattutto di mattina, per diminuire nel corso della giornata. Al contrario, l’ascolto di Spotify è costante durante tutta la giornata, con un picco in serata. Questo evidenzia come gli investimenti su Spotify completino quelli radio per gli investitori audio.
Luca Daher
Radio, tipologia di ascoltatori, pubblicità e programmatic: la parola al Luca Daher, sales director
DailyNet ha approfondito l’argomento con il sales director dell’azienda Luca Daher, che ha fatto anche il punto sulle strategie dell’azienda.
Come si integrano radio e Spotify?
Spotify e radio condividono sia la tipologia di contenuti sia il formato pubblicitario. Il nostro utente medio ha una fruizione che si aggira intorno alle 3 ore, circa lo stesso tempo che gli ascoltatori dedicano alla radio. La nostra ricerca è nata due anni fa come progetto all’interno di Spotify, un anno fa abbiamo fatto la prima wave nazionale e, quest’anno, i nostri inserzionisti ci hanno chiesto di ripeterla perchè hanno iniziato a riconoscere una complementarietà, all’interno del loro budget pubblicitario, tra il canale radio e Spotify. La radio è ascoltata per il 58% del tempo nel tragitto casa-lavoro, mentre Spotify ha una fruizione più omogenea e si sviluppa su una maggiore varietà di occasioni. Per quanto riguarda noi, l’ascolto in momenti diversi e durante le attività più varie è centrale nell’elaborazione della nostra offerta commerciale. Abbiamo delle playlist pensate per attività precise, che sono riprodotte da particolari fasce della popolazione. La predisposizione al messaggio pubblicitario, l’attenzione e l’input per l’interazione con le ads beneficiano molto di momenti di ascolto e delle audience a cui si rivolgono. Noi comunque vediamo i mezzi come complementari, tanto che ci siamo messi a disposizione di alcuni nostri clienti dandogli supporto nel calcolare il valore incrementale che possiamo aggiungere al loro planning radio, ovvero l’utenza aggiuntiva, ed esclusiva, che possiamo portargli.
Nella ricerca si parla di ascoltatori “amanti dello shopping e pionieri, più propensi ad acquistare prodotti nuovi e innovativi”. Come lo avete scoperto?
Ricerca fatta da TNS, che ha preso un campione superiore a 60.000 persone per valutare come le persone si avvicinino al momento dell’acquisto. Abbiamo voluto fare un confronto tra gli intervistati della nostra ricerca, di cui comunque TNS è partner, e i dati emersi dalla loro, per avere un riscontro esterno ai dati che abbiamo ottenuto. È emerso che i nostri utenti, avendo una certa confidenza nell’utilizzo di internet, sono predisposti all’acquisto online. All’interno di Spotify si trova una concentrazione maggiore di “early adopter”, che a loro volta si dividono tra “pioneer”, ovvero quelli che comprano perché si ritengono competenti nella scelta di un nuovo prodotto, e gli “shopaholic”, cioè coloro che “devono” avere l’oggetto all’ultimo grido.
Quanto è importante l’interazione con playlist dedicate ad attività specifiche?
Crediamo che il comportamento umano sia una proxy più affidabile, rispetto al cookie, come elemento di estrazione dati. Dal momento che gli utenti dichiarano attraverso le playlist qual è l’attività che compiono, mettiamo a disposizione dei nostri partner gli strumenti per valutare qual è il momento migliore per raggiunge lo specifico user. Una possibilità che si riflette su tutta la suite di prodotti che abbiamo portato sul mercato.
Tra questi c’è il programmatic audio…
È stato lanciato a cavallo dell’estate a livello globale. Per noi il programmatic è un canale di acquisto delle soluzioni che già abbiamo, e abbiamo deciso di aprire anche alla vendita del formato audio con le possibilità di target basate su dati e azioni degli utenti. Sono positivamente sorpreso da come questo strumento sia stato accolto dai clienti. L’interesse dimostrato è stato molto forte e così anche l’adozione. A differenza dei Paesi anglosassoni, in Italia siamo l’unico operatore che è partito così bene con questa soluzione. In mercati come quello americano ci sono altri servizi che offrono in programmatic la loro inventory audio, e anche i network radio sono molto più presenti. Molti partner e trading desk sono venuti a chiedere informazioni, siamo già partiti con delle campagne a luglio e agosto.
Avete raggiunto 100 milioni di iscritti e 40 milioni di abbonati. Come crescete in Italia? E quanto è importante la misurazione crossmedia?
È fondamentale. Anche nella ricerca abbiamo evidenziato il fatto che mentre la radio è un mezzo che spinge a interazioni con altri device, il 40% dell’ascolto di Spotify avviene con un contemporaneo utilizzo del dispositivo. Per l’inserzionista è importante perché se l’utente ritiene che il messaggio sia interessante il passaggio alla ricerca di informazioni in rete è immediato. Non possiamo comunicare dati per country ma siamo molto soddisfatti della crescita costante, sia lato free sia premium. Negli ultimi anni abbiamo visto aumentare anche il contributo che abbiamo dato al settore della musica. Per noi è importante accompagnare gli utenti con la musica, e che Spotify diventi il primo posto a cui pensino quando vogliono ascoltare una canzone.
E a livello pubblicitario?
La raccolta nel 2016 sta andando molto bene, la crescita è molto forte rispetto all’anno precedente e in un mercato un po’ sfittico siamo orgogliosi dei risultati che abbiamo ottenuto. Avendo lanciato tanti prodotti era lecito aspettarsi questo livello di crescita, ma stiamo andando meglio delle aspettative.
Si sente parlare sempre più spesso di podcast e branded podcast. Offrite già questa possibilità?
Stiamo lavorando a tutti i possibili sviluppi affini al core della nostra piattaforma e siamo attenti a quello che sta succedendo sul mercato. Abbiamo lanciato i podcast sulla piattaforma nell’ultimo anno, ma non ho evidenze di nuovi lanci di prodotto nei prossimi mesi. Ne abbiamo già lanciati diversi quest’anno e dobbiamo aspettare che il mercato li digerisca.
Avete novità in cantiere?
Stiamo lavorando su dei prodotti che usciranno nel 2017, ma negli ultimi 12 mesi abbiamo lanciato formati video nativi, programmatic, a cui abbiamo aggiunto display, video e audio, creato targetizzazioni in base ad ascolto e fruizione e prodotto la ricerca per consolidare l’attività della pianificazione audio legata al sistema radio. Il mercato ha già avuto un certo numero di novità da digerire. Lato consumer, abbiamo lanciato proprio ieri (due giorni fa) “Daily mix”, ovvero una playlist che mette insieme proposte musicali di Spotify alla musica che la piattaforma valuta vicina ai gusti dell’utente. Aspetteremo qualche mese prima di proporre novità. L’attività del q4 sarà molto legata allo sviluppo del programmatic e della complementarietà con la radio.
Come avete vissuto gli interessi di giganti come Google, Apple e Amazon verso lo streaming musicale?
Questi tre colossi ovviamente hanno un grosso potere nel mondo digitale, ma da quando hanno iniziato a parlare di streaming hanno spostato l’attenzione sul segmento e questo ha giovato anche a noi, che abbiamo registrato una buona crescita.
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