Autore: Davide Sechi
18/12/2025

PubMatic, dieci anni di programmatic in Italia tra CTV, dati e intelligenza artificiale

Dall’evoluzione dell’advertising alla crescita della connected tv, fino all’impatto dell’intelligenza artificiale generativa e agentica: il mercato dei media cambia rapidamente e richiede innovazione continua, rispetto della privacy e capacità di adattamento. Le parole di Cristian Coccia, VP Semea del Gruppo

PubMatic, dieci anni  di programmatic in Italia tra CTV, dati  e intelligenza artificiale

Cristian Coccia

Non c’è dubbio che negli ultimi vent’anni il mercato della pubblicità digitale abbia vissuto una trasformazione progressiva e straordinaria. Si è passati da un panorama frammentato a un ecosistema programmatico sempre più automatizzato, trasparente e guidato dai dati. In Italia, PubMatic celebra dieci anni di presenza sul territorio, accompagnando editori e advertiser in questa evoluzione con soluzioni tecnologiche innovative e un approccio indipendente: dal ruolo dei dati e dell’intelligenza artificiale alle nuove opportunità legate alla connected tv e ai formati immersivi. Ne parliamo con Cristian Coccia, VP Semea di PubMatic (ospite di DailyOnAir - The Sound Of Adv).

Avete festeggiato i primi dieci anni di attività in Italia e nel 2026 celebrerete i vent’anni dalla fondazione. In questo periodo, come è cambiato il mercato nazionale e come PubMatic ha risposto a un’evoluzione così costante?

«Celebriamo i dieci anni di PubMatic in Italia, che rappresentano esattamente metà della vita dell’azienda, fondata in California nel 2006. Il prossimo anno, quindi, festeggeremo i vent’anni. Il mercato italiano è cambiato profondamente, ma va detto che l’ecosistema programmatico, pur con le sue peculiarità locali, è ormai globale. Quando entrai in PubMatic dieci anni fa, il programmatic advertising era già un fenomeno avviato, ma con un livello di sofisticazione che, col senno di poi, possiamo definire solo leggermente più avanzato rispetto a una logica di network. Si stava uscendo dai network di contenuto tradizionali per passare a sistemi in cui si acquistavano spazi tramite aste, ma ancora in modo relativamente semplice e poco articolato. Se acceleriamo fino a oggi, vediamo che il programmatic advertising è diventato un ecosistema pervasivo: non riguarda più solo il web, ma anche le app, la connected tv, il retail media. Il livello di complessità e sofisticazione ha superato qualunque previsione di dieci anni fa e oggi include anche l’intelligenza artificiale generativa. I passi avanti sono stati enormi».

Arriviamo al presente. Nel 2025 cosa è successo di davvero concreto e quali trend possiamo già intravedere per il 2026?

«Il 2025 ha confermato un trend partito qualche anno fa e che ha trovato la sua massima espressione negli Stati Uniti: l’accelerazione del programmatic grazie agli investimenti politici e pubblicitari sulla connected tv. Oggi la CTV è sempre più erogata in modalità programmatica. Parliamo sia delle piattaforme di streaming, Amazon Prime Video, Netflix, Disney+, sia dei grandi broadcaster tradizionali che hanno abbracciato integralmente questo modello. In Europa e in Italia, pensiamo a realtà come Mediaset, MFE e Rai: il programmatic è diventato una componente strutturale. Guardando al 2026, invece, vediamo innestarsi un fenomeno trasversale che sta accelerando tutti i processi industriali e produttivi: l’intelligenza artificiale. Sta cambiando il modo in cui lavoriamo, produciamo e ci relazioniamo con la tecnologia. In PubMatic osserviamo una forte accelerazione dell’adozione dell’intelligenza artificiale generativa e agentica all’interno del programmatic advertising. Questo sarà il trend principale che darà forma all’industria nei prossimi cinque anni, con una spinta significativa già a partire dal prossimo anno».

Parliamo di un orizzonte di cinque anni, ma con un’accelerazione già nel 2026. I risultati più rilevanti li vedremo quindi nel medio-lungo periodo?

«Sì, i risultati più dirompenti saranno nel lungo periodo e porteranno a una vera e propria metamorfosi dell’industria, che oggi facciamo ancora fatica a delineare in modo preciso. Già oggi, però, misuriamo cambiamenti concreti trimestre dopo trimestre. In PubMatic, l’intelligenza artificiale permea i processi di sviluppo delle soluzioni, il debugging del codice, i processi aziendali interni e il modo in cui strutturiamo le piattaforme per i clienti. Le dashboard che mettiamo a disposizione integrano nativamente l’AI: attività che prima richiedevano diversi passaggi manuali oggi vengono semplificate, automatizzate e spesso anticipate dall’intelligenza artificiale. Vorrei soffermarmi su un punto: non parliamo solo di intelligenza artificiale generativa, quella che tutti conosciamo, capace di scrivere testi, tradurre o modificare il tono di voce, ma anche di intelligenza artificiale agentica. Gli agenti AI sono sistemi che, partendo dalla generativa, compiono azioni in autonomia entro un perimetro definito. Nella vita quotidiana li vediamo già: filtri automatici nelle email, gestione dell’agenda, pianificazione di viaggi o acquisti. Nel mondo del programmatic, questo significa affrontare il tema del troubleshooting, uno dei principali punti di frizione del settore. Oggi un’intelligenza artificiale è in grado di analizzare il problema, comprenderlo e attivare agenti che intervengano autonomamente per risolverlo».

Che clima si percepisce nel mercato? C’è ottimismo o anche disorientamento?

«Direi che c’è un mix di sensazioni. Non tutti i comparti avanzano alla stessa velocità e in alcuni casi c’è disorientamento. Tuttavia, il mio outlook rimane positivo: credo che questo nuovo paradigma tecnologico sarà un grande supporto per l’intera media industry».

Con la sua esperienza pluriennale, cosa trova ancora entusiasmante nella pubblicità digitale? Oggi si sente dire, per esempio, che l’influencer marketing sia già “morto”, nonostante la sua crescita…

«La pubblicità digitale continua a evolvere e a reinventarsi. Ogni volta che si annuncia la “morte” di un formato o di un canale, in realtà assistiamo a una sua trasformazione. Ciò che resta entusiasmante è proprio questa capacità di adattamento, guidata dalla tecnologia, dai dati e oggi dall’intelligenza artificiale. È un settore che continua a sorprendere e a offrire nuove opportunità per chi è disposto a innovare. La pubblicità, anche quando parliamo di mezzi tradizionali come la carta stampata, oggi passa inevitabilmente dal digitale. Se viene sviluppata secondo i principi del ‘Privacy by Design’, nel pieno rispetto del consumatore, diventa uno strumento estremamente potente per tutti gli operatori della filiera dell’industria dei media. È potente per i brand, che hanno la necessità di ingaggiare i propri consumatori in modo efficace e produttivo, offrendo loro un’esperienza di comunicazione rilevante. Ed è altrettanto potente per i produttori di contenuti, che possono valorizzare le proprie audience: persone reali che fruiscono e interagiscono con i contenuti all’interno di una determinata property. Quanto più il digitale riesce a creare un match preciso tra il profilo del consumatore e i valori del brand, tanto maggiore è il successo per tutti gli attori coinvolti. La direzione è chiaramente questa, ed è un’evoluzione positiva. Se poi, mi chiedete cosa mantenga viva la mia passione per questo lavoro, ed è davvero una delle domande più importanti, ti racconto un aneddoto. La cosa più noiosa che abbia fatto nei miei dieci anni in PubMatic è stato un corso sul valore dell’attitudine al cambiamento. Un corso mattutino, molto teorico, con tanto di compiti a casa. Eppure è stato uno dei più formativi. Mi ha insegnato che nell’industria digitale non puoi permetterti di stare fermo o di adagiarti su una zona di comfort. Il cambiamento va abbracciato e deve diventare parte del tuo DNA e dei tuoi comportamenti quotidiani. Credo di aver cambiato lavoro molte più volte di quante siano state le volte in cui ho cambiato ruolo in PubMatic: ho aperto nuovi mercati, lanciato nuove soluzioni, ma soprattutto ho reinventato il mio modo di lavorare. Attraverso l’empatia con il mio team, ho cercato di portare tutti a bordo di una missione comune, sapendo dove volevamo arrivare ma costruendo la strada passo dopo passo, con agilità e capacità di adattamento. È questo che continua a tenermi motivato, curioso e, permettetemi il termine, ancora molto ‘acceso’».