Autore: Redazione
13/07/2016

Cosa sono e come funzionano gli ad server - seconda parte

Con il secondo atto dell’episodio sul tema degli ad server la rubrica Paolommatic va in vacanza. Ci rivediamo a settembre

Cosa sono e come funzionano gli ad server - seconda parte

Il programmatic advertising è diventato un elemento imprescindibile per chi opera nell’industry della pubblicità digitale. E non solo in questa: l’ecosistema attorno all’advertising sta diventando sempre più complesso ma i dati e gli strumenti forniti da questa modalità di compravendita offrono una opportunità unica per aumentare la qualità della comunicazione, erogare annunci a target interessati, diminuire la dispersione e rendere così più efficienti le proprie campagne. Per questo DailyNet ha deciso di lanciare Paolommatic, la rubrica a cura dell’esperto sul tema Paolo Serra che indaga i vari trend del programmatic advertising. Oggi vi proponiamo il secondo capitolo del settimo appuntamento, Cosa sono e in che modo funzionano gli ad server - Parte 2. Con questa uscita si chiude per la pausa estiva il prezioso contributo di Paolo Serra sulla tematica del programmatic.   Per leggere la versione completa, comprensiva anche della prima parte, di questo episodio della rubrica Paolommatic clicca qui.    

Paolo Serra

Appassionato di nuove sfide per far crescere le imprese con l’obiettivo di contribuire ad aumentarne i ricavi. Si dedica al serach engine marketing dal 1999 lavorando con le principali agenzie internazionali. In seguito allarga le conoscenze al mondo del programmatic advertising diventandone uno dei maggiori esperti italiani tanto da aver aperto un sito dedicato all’argomento ormai punto di riferimento per tutti gli addetti ai lavori.  

Cosa sono e in che modo funzionano gli ad server

Articolo a cura di Paolo Serra
paolo-serra-300x230-300x230-8
Paolo Serra

Tradizionalmente, il processo di vendita dell'inventory da parte degli editori avveniva in modo diretto. Negli ultimi anni a questo metodo si sono aggiunti sistemi automatizzati che sgravano l'editore dal cercare inserzionisti per gli spazi di minor interesse. Grazie all'avvento del programmatic, però, queste metodologie sono in procinto di diventare un ricordo del passato. Ma perché un editore dovrebbe cambiare? Dopo Direct Orders e Programmatic Direct, l’analisi nel dettaglio delle metodologie, con vantaggi e svantaggi, prosegue con Private Marketplaces e Open Auction (RTB).

Private Marketplace

Sono resi possibili dalla tecnologia OpenRTB, nota anche come "ID Deal", che consente all'editore di vendere la propria inventory non in un asta aperta a tutti, ma solo a degli inserzionisti selezionati tramite invito. Dato che l'ID Deal è una componente standard di tutte le SSP, gli editori che già ne hanno una possono sfruttare questa tecnologia senza dover introdurre un nuovo fornitore.

Nei private marketplace ci sono generalmente due tipi di offerte a cui un inserzionista può partecipare: private auctions e preferred deals. Un preferred deal è quando un singolo acquirente fa un accordo con un editore bypassando qualsiasi tipo di asta per battere la concorrenza, prima che l'asta venga aperta. Alcuni inserzionisti preferiscono questo tipo di acquisto per garantirsi visibilità e un prezzo fisso. Nel private auction invece si concorre con altri inserzionisti all'acquisto della stessa inventory, con tutto ciò che questo comporta.

Vantaggi

1) Inventory "Premium": per l'editore rappresenta un modo per valorizzare meglio i propri spazi premium sia in termini di prezzi sia come inserzionisti selezionati.

2) Targeting potente: Si può usare tutta la potenza delle campagne in programmatic con targeting e personalizzazioni forniti dalle DMP.

3) Relazione umana: per certi versi si mantiene un rapporto umano uno-a-uno fra inserzionisti ed editori, la costruzione di un tale rapporto può rivelarsi vantaggiosa nel tempo.

Svantaggi

1) Quasi-automatizzata: benché si eviti molto lavoro manuale, si ha però bisogno del contatto fra le parti per partecipare all'asta e negoziare.

2) Non garantito: un grave inconveniente è l'impossibilità di garantire realmente la prenotazione degli spazi dell'inventario in anticipo. Questo è dovuto al fatto che le campagne non vengono eseguite direttamente dal server dell'editore, ma dalla SSP. Di conseguenza, i volumi di impression non possono essere riservati.

3) Adozione limitata: proprio come nel programmatic direct, è una metodologia poco diffusa.

4) Prezzi: i prezzi sono più alti che nell'asta aperta, ma abbastanza ragionevoli, e avrebbe senso se gli editori utilizzassero di più questa modalità di vendita.

Grazie ai private marketplace, gli editori hanno un maggior grado di controllo sulla qualità degli inserzionisti che acquistano il loro inventario e possono non svendere gli spazi a prezzi stracciati, mentre gli inserzionisti possono godere dei vantaggi del programmatic.

Open Auction (RTB)

Come suggerisce il nome, l'open market è alimentato dal protocollo OpenRTB ed è stato il caso d'uso originale su cui è stato sviluppato lo standard. Permette agli editori di vendere l'invenduto in un'asta pubblica, dando accesso praticamente a qualsiasi inserzionista per fare delle offerte. Questo permette agli editori di tappare i buchi.

Il sistema si basa sul second-price auction, cioè il miglior offerente paga solo 0,01 dollari più del secondo più alto offerente. Questo crea un mercato molto efficiente, in quanto gli inserzionisti sono liberi di fare un'offerta, basandosi sui propri conti, e verificare se è sufficiente per superare le altre. Ma aggiunge anche una grande incertezza per tutte le parti, dal momento che molte cose diventano imprevedibili in un ambiente così dinamico. Molti editori per questo motivo collegano l'inventory venduta in questo modo agli spazi peggiori della pagina o come ultima scelta dell'ad server.

Vantaggi

1) Automazione completa: la forza dell'open market è che non richiede alcuna interazione umana per lanciare una campagna. Un inserzionista può creare e lanciare una campagna utilizzando una DSP e, salvo eventuali complicazioni tecniche, non avrà bisogno di parlare con un essere umano.

2) Massima reach: un'altra caratteristica è che si può raggiungere migliaia di editori con un solo click.

3) Targeting su dati: Si può sfruttare alla massima potenza il programmatic grazie alla più ampia possibilità di visibilità mai realizzata.

4) Prezzi: una delle differenze più notevoli tra RTB e altri sistemi è il passaggio da prezzi all'ingrosso (CPM) all'acquisto di singole impression (eCPM). Dal momento che gli inserzionisti pagano solo per le impression che corrispondono ai loro criteri specifici, come target di riferimento o spesa pubblicitaria, lo spreco è ridotto al minimo.

5) Altamente accessibile: nel mondo dei media buying, può essere difficile ottenere l'attenzione di un editore senza avere "peso" e tasche profonde. Con l’RTB, tuttavia, gli editori possono effettivamente soddisfare gli inserzionisti più piccoli, in sostanza, consentendo a quelli di tutte le dimensioni di partecipare all'acquisto della loro inventory.

Svantaggi

1) Nessun contatto umano: avere rapporti diretti con gli editori fa parte di una strategia vantaggiosa per molte aziende. Ma con RTB, non c'è praticamente alcun contatto tra l'inserzionista e l'editore.

2) Priorità più bassa: a causa del modo in cui la maggior parte degli editori implementano la tecnologia RTB nei loro ad serving, le campagne che vengono servite hanno quasi sempre la priorità più bassa.

3) Visibilità imprevedibile: avere la priorità più bassa ha un'altra conseguenza, quella dell’imprevedibilità. A causa della struttura dell'asta di RTB, vi è la possibilità di essere superati da un inserzionista concorrente o comunque che gli spazi siano occupati da pubblicità acquistate con altri sistemi che hanno una priorità maggiore.

Non c'è dubbio che l'asta aperta in open market sia stata una manna per gli inserzionisti negli ultimi anni, ma si porta dietro anche una bassa valorizzazione dell'inventory. Sarà la sfida del futuro saper combinare i vari sistemi per offrire il miglior servizio al giusto prezzo.