Autore: Redazione
14/10/2020

MUSA, la svolta digital talent tra musica, energia e creatività

Luca Seminerio racconta il cambio di marcia della sua struttura, con un focus sempre più marcato sul cliente: «Tra branded content e campagne di influencer marketing, punteremo sempre su qualcosa di unico»

MUSA, la svolta digital talent tra musica, energia e creatività

Luca Seminerio

Si dice in giro che Luca Seminerio sia refrattario alle pause, per non parlare delle vacanze. È sempre lì, che pensa, rimugina, progetta, con il poster di Archimede Pitagorico che gli guarda e protegge le spalle. Ogni momento è buono per essere rivoltato, anche da cima a fondo, perché no?! La nave va e mai più si fermerà, a vele spiegate, con vento sempre favorevole, ma nulla, Seminerio avverte un movimento negativo, forse è un bullone non ben avvitato, una saldatura che non è andata così a buon fine in prua, come avevano millantato quelli del cantiere. In realtà, le cose non stanno andando male, il più delle volte, ma potrebbero andare meglio, procedono bene, ma con una piccola giravolta si sfiorerebbe il capolavoro. Sfiorare, mai raggiungere, altrimenti che gusto ci sarebbe? C’era una volta Areaconcerti, più che una società, un modo di vivere la musica dal vivo in maniera popolare, aperta a tutti eppure, allo stesso tempo, personalizzata. Una visione ricca di suggestioni social, prima dell’avvento dei social, con il coinvolgimento creativo e mai passivo di tutti, dagli attori sul palco, a quelli dietro le quinte, dai tifosi agli sponsor, tutti, e nessuno escluso, pronti a proporre e a offrire qualcosa per rendere più saporita la grande torta del divertimento. E dietro tutto, la mente sempre sveglia, vigile, attiva nel creare nuovi traguardi, abbellimenti, coreografie, effetti speciali di Luca Seminerio. Che sul finire dello scorso anno ha smesso quasi di dormire. Chi gli stava più vicino ha capito subito: stava per cambiare tutto, e stavolta in maniera radicale. E mentre pensieri e parole scorrevano ininterrottamente, ecco piombare sulle nostre teste la famigerata pandemia che tutto porta via. A quel punto, Seminerio ha messo un punto, ha scelto i caratteri, i colori, ha perfezionato la strategia, e ha chiamato il tutto MUSA. Sentori di musica, non poteva essere altrimenti, ma anche palesi richiami alla mitologia classica, alle muse figlie di Zeus, protettrici dei canti e dei balli e magari anche di tutti noi. Ci stiamo sbagliando ragazzi? Per non incorrere in voli pindarici e in precipizi conseguenti, abbiamo pensato bene di chiedere lumi direttamente all’ideatore, Luca Seminerio, proprio lui.

Una rivoluzione, con lo zampino del Covid?

«Non proprio. La pandemia ha sicuramente accelerato un processo che però era ormai giunto a maturazione e aveva fatto la sua prima comparsa qualche anno fa. Le basi di partenza sono da ricercare nelle nostre attività digital, nei progetti branded, siamo soci OBE, non dimentichiamolo. Il rebranding è stato pensato e ripensato per oltre sei mesi».

MUSA, su sfondo giallo, cosa significa?

«È un colore che simboleggia la creatività, l’energia. Il nome mantiene in sé l’elemento musica, ma richiama anche suggestioni classiche, c’è ambizione e concretezza. Una realtà sempre più digital oriented e talent centrica. In fondo, siamo sempre noi, ma siamo anche più freschi, diretti verso un mondo nuovo, laddove la comunicazione classica non avrà più spazio, da qui ai prossimi cinque anni».

Che è un qualcosa che dice da tempo, una sorta di conto alla rovescia

«Cosa è successo durante l’emergenza? Chiara Ferragni e Fedez hanno promosso una raccolta solidale e l’hanno fatto, con enorme riscontro, sui social. I media tradizionali son lì che cercano di acchiappare gli ultimi spiragli, raccontano, sono presenti, ma non hanno più appeal, perché la vera scena ormai la disegnano i digital talent. Fedez oggi ha più di 11 milioni di follower, c’è forse qualche media/testata che può anche solo sognare di avere un simile seguito? Se a questo associ l’e-commerce, ormai dominante, le potenzialità diventano enormi».

MUSA cosa regalerà a questo nuovo scenario?

«MUSA firmerà contenuti creativi, si muoverà tra branded content e campagne di influencer marketing, punterà sempre su qualcosa di unico, differente e a giudicarci sarà il target di riferimento. Un processo che richiama quello delle antiche pubblicità, con le figure dei testimonial, la fiducia che ispiravano e che portava l’utente a scegliere quel brand piuttosto che un altro. Oggi quel mondo non c’è più. Oggi c’è il Talent».

I media tradizionali però sono sempre presenti e, anche se indeboliti, pongono il loro aut aut. La tv viene ancora considerata un approdo vantaggioso, o no?

«Il content marketing vale 500 milioni all’anno, la pubblicità sui media tradizionali circa 5 miliardi. Una differenza non da poco, ma le quote di mercato si stanno modificando ogni anno, una tendenza che non può essere fermata. Dopo tutto, l’Italia è tra i principali Paesi per utilizzo di social, eppure soffre, come spesso accade, di qualche ritardo. Il canale dei Talent è qualcosa di reale, sta diventando una industry. Questa è la realtà di MUSA, che costruirà ponti creativi tra brand e agenzie, impegnandosi a scovare ogni volta valori comuni tra le parti».

Poi, un bel giorno, torneremo anche ad abbracciarci

«Certo, e noi ci saremo. L’unione tra le due dimensioni rappresenta un completamento reciproco. A quel punto ci sarà un’impennata del settori eventi e MUSA sarà pronta, sempre con la musica in primo piano».

Suggestioni, emozioni, capacità identificative, per voi cosa vuol dire musica?

«Un qualcosa di estremamente dinamico, liquido, una fonte di possibilità creative, di emotività, di pathos, al di là dei singoli generi. E oggi, la musica è diventata ancora più democratica: tutti possono provarci, ma rimane chi se lo merita. Per MUSA è un argomento talmente importante che andremo a insegnarlo».

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In che senso?

«Ho accettato di organizzare un corso di specializzazione per conto dello IED, un corso su musica, marketing e branding. Ho messo su una squadra di 20 docenti, composta da esperti, operatori dell’industria e dei settori trattati. Saranno 90 le ore di studio e specializzazione. Il tutto partirà a marzo del 2021. Ci saranno esperti di booking, e quindi di tutto quello che fa sponsoring in festival e concerti; a.d. di case discografiche per capire come ci si debba muovere, con tutte le leve della promozione; si parlerà di talent management e dei percorsi strategico creativi di un brand. Un approccio molto marketing oriented, ma piuttosto singolare, unico».

Ma se anche la prossima estate dovessimo trovarci nella situazione attuale?

«Allora per tutto il settore eventi sarebbero guai seri. Stiamo parlando di un ambito che in Italia vale 500 milioni, anzi valeva mezzo miliardo, adesso quanto?  Venti milioni? Sono 400.000 le persone impegnate lavorativamente. Una situazione gravissima, a cui però la politica non sembra prestare la giusta attenzione».

Torniamo a MUSA e al punto di partenza, ossia le fondamenta rese solide da Areaconcerti. Quali sono i progetti e i numeri dai quali partite?

«Possiamo contare su clienti prestigiosi, numeri uno dei loro settori: per citarne alcuni, Coca-Cola, Tuborg, Postepay. Veniamo da un anno, il 2019, di grandi successi, chiuso con un fatturato di 5,5 milioni. Siamo all’opera nel fashion, con Fred Perry, con un format molto particolare dedicato all’apertura dello store in Porta Ticinese a Milano. Lavoriamo con PhotoSì, marchio che trasforma le emozioni in prodotti personalizzati. Siamo abbastanza completi: beverage, tecnologico con Google, moda con Colmar, oltre che con il citato Fred Perry, bancario con PostePay. E poi cosmetici, automotive, tutto pane per i nostri denti».

E qualcosa che invece non avete mai affrontato e che vi piacerebbe incontrare?

«L’energia rinnovabile, ma anche le campagne sociali, settori che rappresenterebbero delle vere sfide per la nostra creatività».