L’innovazione è un fatto culturale: i tragitti in perenne prospettiva, tra arte e digital, di MEET
Dalle prime suggestioni degli anni 80, alla nascita della Rete, al nuovo secolo a bordo del format Meet The Media Guru fino alla partnership con Fondazione Cariplo e alla costruzione di un centro permanente e immersivo. Il racconto della protagonista, la founder Maria Grazia Mattei
Maria Grazia Mattei
Leggere l’innovazione, capirla e saperla spiegare. Letteralmente stretti d’assedio da device, idee, prospettive che si fanno reali in un batter d’occhio, verrebbe quasi voglia di farsi avanti, alzare la mano e assicurare tutti i presenti di avere la soluzione a portata di mano. Certezze mosse da una realtà tecnologica che cambia di continuo e che sembra procedere di pari passo con il nostro respiro. Ovviamente, non è così semplice, occorre una visione meno istintiva, maturata con l’esperienza, la stessa che ha portato Maria Grazia Mattei, critica d’arte, a lanciarsi nel futuro, quando lo stesso sembrava legato quasi esclusivamente alla letteratura fantascientifica. In un’intuizione, che fa rima con passione, che ha portato Mattei ha creare delle vere e proprie esperienze di condivisione, culminate prima nel format MEET The Media Guru e poi nella costruzione di una situazione permanente in cui far confluire le mille suggestioni della modernità cangiante, ossia Meet: il centro in cui arte e tecnologia creano una nuova dimensione, una realtà inedita in cui tutti potranno vivere esperienze irripetibili. MEET vuole contribuire a colmare il divario digitale italiano nella convinzione che l’innovazione sia un fatto culturale, prima ancora che tecnologico. Un organismo fisico e virtuale che comunica idee, che mette in contatto persone attraverso percorsi espositivi, conferenze workshop, masterclass e servizi creativi dedicati alle opportunità espressive e culturali del digitale. È un media al cui interno pulsano contenuti diffusi ovunque: un fluire continuo di idee e persone. A raccontarcelo la protagonista principale, la fondatrice Maria Grazia Mattei (protagonista della puntata di DailyOnAir - The Sound Of Adv presente su questo numero).
Come nasce e con quali obiettivi l’esperienza di Meet?
Il progetto nasce da MEET the Media Guru, iniziativa sorta nel 2005 che ha portato a Milano oltre 300 personaggi del mondo dell’innovazione digitale, tra questi anche big del cinema come Francis Ford Coppola; un format nomade, andato in scena a Palazzo Reale come pure in Triennale o nel Palazzo della Scienza in cui si è discusso di temi legati al digitale, ma non nella sua dimensione tecnologica bensì in quella culturale, lavorativa, legata agli stili di vita, ai comportamenti, un qualcosa che si è sviluppato progressivamente su basi e regole diverse rispetto al passato. Stiamo parlando di un qualcosa che 18 anni fa non era scontato, di un’attività svoltasi in luoghi che poco o nulla avevano ospitato temi e discussioni di tal genere. Guru continua nella sua missione, non è tramontato. Sulla scorta di quell’esperienza, nel 2014 ci mettemmo in contatto con la Fondazione Cariplo per creare una situazione che fosse permanente e che portasse alla ribalta riflessioni con il contributo, ancora una volta, di personaggi prestigiosi, puntando l’accento sulla cultura che si stava delineando. In Italia mancava un luogo di riferimento che offrisse momenti di scambio e di confronto pubblico.
Le origini di tutto però sono ancora antecedenti…
«Proprio così: ho cominciato a lavorare sul tema addirittura nel 1986, con Network Planetario, a Venezia, provando a capire e a mettere insieme tutto quello che si poteva fare con arte e digitale. In Italia erano presenti piccole avanguardie che mi hanno permesso di sbriciare nel mondo e capire che molto stava cambiando, tra arte, media e tecnologia. Un’esperienza determinante che non va dimenticata e, infatti, produrremo una retrospettiva al Meet nel 2024, per raccontare la scena italiana che si muoveva a livello internazionale, però sul serio, fisicamente, visto negli anni 80 non c’era internet e si era molto isolati. Scoprimmo così che all’estero c’erano fior fiore di manifestazioni, mentre in Italia noi eravamo più legati all’estemporaneità».
All’inizio degli anni ‘90 lo scenario cambia
«Nel 1992 fa la sua comparsa il web, tutto si ridefinisce e da lì comincio a concretizzare quella che può essere definita una missione. Mancava un punto di riferimento nazionale quale poi è diventato MEET. Nel corso del 2018 abbiamo creato l’impresa sociale, in Piazza Oberdan, all’interno del palazzo acquistato da Fondazione Cariplo. Uno spazio storico, con limiti strutturali per l’arte digitale, che non vuol dire proiettare immagini ma immergersi, uno dei temi/parametri sul quale è stato costruito MEET, con Carlo Ratti. Abbiamo puntato sull’immersività: con MEET puoi avere uno spazio interconnesso in ogni punto, virtuale e fisico allo stesso tempo, anche sul fronte dei contenuti. È, insomma, un luogo di esperienze e incontri, non una mostra di carattere classico».
Quali sono i punti focali?
«Il focus è sulla cultura digitale, su tutto quello che di nuovo ed espressivo sia possibile fare, dal Metaverso all’immersività audiovisiva; una digital experience utile per comunicare in maniera diversa e per raggiungere emotivamente le persone. L’arte è al centro ed è intesa come creatività. Arte digitale, che vuol dire narrare il nuovo per creare dei cambiamenti percettivi ed emotivi; non è uno slogan, ma un modo differente di coinvolgimento».
Intanto il progresso non attende e i cambiamenti sono all’ordine del giorno, soprattutto nell’ultimo, famigerato triennio. Come l’avete vissuto?
«È indubbio che dal 2020 a oggi abbiamo assistito a una forte accelerazione digitale, con la direzione virtuale che ha preso il sopravvento. L’obiettivo è creare un mondo coinvolgente, non si tratta solo di facilitazioni comunicative, di agevolazioni nel vedersi e sentirsi, oggi l’innovazione è creare un esperienza. MEET ha creato un modello per avere dei riferimenti, dei punti di appoggio, per capire dove stiamo andando, per anticipare le nuove traiettorie; è un raccordo necessario per orientarsi, alla cui base c’è la storia e la voglia di guardare sempre avanti. Niente nasce all’improvviso, niente è slegato».
Prossimi step?
«A maggio lanceremo una nuova esperienza con l’ausilio di un movimento globale che si chiama “Dada Perspective”, e discuteremo di crypto arte, di blockchain, di tutto quello che si sta muovendo nella nuova industry digitale. Sarà un vero e proprio laboratorio. Sarà presente il team fondatore, con cui vareremo un percorso narrativo e laboratoriale, che si ciberà della partecipazione diretta del pubblico. A fine giugno sarà la volta di un meeting internazionale europeo in cui presenteremo il nuovo Atlante dell’arte digitale».
Come intendete promuovere le prossime sortite di MEET?
«Nell’ultimo biennio ci siamo mostrati, ma siamo ben consci che ora occorra una adeguata strategia di comunicazione, con iniziative focalizzate su un target sempre più giovane. Il citato meeting ci aiuterà a capire meglio le necessità, i tragitti, le modalità utili per catturare l’attenzione».