La terza via del video advertising si chiama Video Native Ads
Video native is the next king, e sia concessionarie sia editori devono attrezzarsi con tecnologie adeguate affinché i loro modelli di business reggano lo shift d’investimenti. Lo hanno spiegato ieri a Iab Cristina Pianura di Prime Real Time e Paolo Velluto di Triboo Media
Perché trattare un tema del genere? Iniziamo con i numeri. Il native nel 2016 vale già oltre 16 miliardi di dollari. Quindi è ora che concessionarie ed editori si preparino a gestire le loro risorse in un comparto che, senza dubbio, rappresenta il futuro della pubblicità. Un intervento quello di Cristina Pianura, managing director Prime Real Time e Paolo Velluto, chief sales officer Triboo Media, ieri allo IAB Seminar Video che ha messo a confronto due facce della stessa medaglia: editore da un lato, piattaforma dall’altro. Prime è un’azienda trend setter nata nel 2013 che ha contribuito alla diffusione del programmatic advertising, da qualche anno parte del Gruppo Triboo Media e da poco tempo anche concessionario esclusivo di una tecnologia leader mondiale nel native advertising creata da “Sharetrough” azienda californiana considerata pioniera del native per per come loconosciamo oggi. Il native adv è la categoria pubblicitaria che presenta oggi le maggiori opportunità di crescita e sviluppo nei prossimi cinque anni. Ma qual è il motivo? Dipende soprattutto dalla diffusione sempre più capillare di smartphone e device mobili. «Lo smartphone è il primo e fondamentale media personale e intimo, e ogni modello di business che insiste su una dimensione personale ha ovviamente bisogno di keyword e di una modalità di gestione assolutamente innovativa, quanto più il prodotto è personale, quanto più la comunicazione deve essere integrata in esso» commenta Cristina Pianura. La stessa continua poi spiegando come, attualmente, l’unico formato in grado di gestire questa innovazione sia il ‘feed ads’ che rappresenta una delle categorie pubblicitarie più diffuse e che, già oggi, ha di fatto superato gli investimenti pubblicitari di tutto ciò che non rientra nella sfera del native, chiaramente grazie ai social media. Come dimostrato anche dai forecast si tratta di un processo irreversibile, poiché stiamo assistendo ad uno switch di pianificazione dalla display tradizionale a formati native che non si fermerà. Ovviamente all’interno del native la componente video avrà un peso sempre maggiore, già nel 2017 si stima che gli investimenti in formati native saranno superati notevolmente da quelli in video native. «È normale che assistendo a questo poderoso shift di investimenti in pubblicità su una modalità sostanzialmente nuova e su un formato che obiettivamente ancora non esiste o quasi nell’ambito dell’offerta pubblicitaria editoriale tradizionale dobbiamo inevitabilmente attrezzarci con una tecnologia adeguata, come editori e come concessionarie, perché il nostro modello di business deve reggere e monetizzare» commenta ancora Pianura.
L’importanza dei feed ads
I fedd ads sono una soluzione pubblicitaria che viene considerata come una delle forme di comunicazione più influente per il futuro. Perché i feed per definizione vengono “letti” e non semplicemente “guardati” e, come anche le neuroscienze dimostrano, la lettura attiva delle mappe semantiche nella mente delle persone che facilitano tutta una serie di associazioni di una famiglia di concetti che conseguentemente vengono poi associate anche al brand. È, dunque, una soluzione che si basa sul testo e le keyword contenute in essi, nei titoli, il logo presente nel feed, i sottotitoli a volte presenti nei video e così via, rappresentano un’esperienza integrata per l’utente, che permette di sviluppare engagement con il brand e che sono anche parte integrante del video nel momento in cui il feed ospita e genera, appunto, una video experience. E non solo, è una soluzione che permette anche di andare oltre il classico 15/30’’ ma di sviluppare una video narrazione assolutamente ricca di contenuti senza limitazioni perché non invasiva. «L’opportunità di poter gestire video native integrati all’interno di un contesto editoriale che non sia intrusivo e non sfregi i siti degli editori è sostanzialmente la nuova frontiera del video advertising» conclude Pianura.
Come si monetizzano audience e inventory?
Triboo Media ha creato un prodotto che genera impression vendibili su 17 brand editoriali e oltre 250 siti in concessione e quindi consente di raggiungere una market reach del 50% sul panorama digital italiano. Quindi come si può monetizzare? «Si può pianificare in ottica off network, si possono pianificare contenuti in ottica vertical, fino ad arrivare poi al singolo editore che viene associato al brand» specifica Paolo Velluto. «Questo passa da un concetto fondamentale, ossia quello di poter garantire all’utente la fruizione di contenuti di qualità ma soprattutto ‘smart’ quindi di facile fruizione» continua. Gli utenti, oggi, sono costantemente alla ricerca di contenuti video e ovviamente gli advertiser stanno seguendo questa scia, ma come si può creare una sinergia tra utenti advertiser ed editori? È importante la capacità dell’editore di creare attività multichannel e crossplatform senza dimenticare il posizionamento premium del formato pubblicitario, soprattutto in ottica mobile dove , da sempre, il posizionamento rappresenta un problema. «Secondo Zenith gli investimenti in video aumenteranno del 20% nei prossimi tre anni, quindi se li andremo a integrare con le potenzialità del native riusciremo a creare dei KPI fondamentali per gli advertiser cosa che la tecnologia di ShareTrough già consente di fare», conclude Velluto.