Kioene: va on air con Absoluta e Adtelier e incrementa del 28% il budget quest’anno
Campagna omnichannel fino al 6 aprile. Campagna integrata sui valori del brand e la consapevolezza

Albino Tonazzo in un frame dello spot
Kioene è on air con una campagna omnichannel fino al 6 aprile. Lo spot sulle principali reti televisive italiane (Mediaset, Discovery e Sky) è affiancato da una campagna digital (con passaggi sulle piattaforme Netflix, RaiPlay e PrimeVideo), ma è anche stata anticipata da una campagna Out of Home con affissioni presenti nella città di Milano e passaggi sulla carta stampata con riviste specializzate soprattutto di cucina e del gusto. A pianificare la campagna è Adtelier con la parte creativa affidata e prodotta da Absoluta per la tv, mentre l’OOH è stata ideata da Al.ta Cucina. Il titolo dello spot “Il futuro è nella nostra terra” viene rappresentato nei due formati da 30” e in un 15” e mette in risalto i valori, la passione e la sperimentazione di Kioene, ma anche le scelte consapevoli dei consumatori. La narrazione emotiva mette le persone al centro dell’azione, oltre ai prodotti. Così, mentre Albino Tonazzo (Amministratore unico di Kioene e protagonista dello spot) inizia il suo percorso, in un paesaggio agricolo, ideando il primo burger vegetale, una consumatrice calata nel contesto urbano di un supermercato scopre il prodotto del marchio Kioene e decide di prepararlo per sé e per la sua famiglia, vivendo un momento di convivialità. Una storia italiana iniziata 30 anni fa. “Non cercarla sui libri ma gustala a tavola”, recita lo spot.
Il digital e l’influencer marketing
Non poteva mancare, ovviamente, la campagna digital che coinvolge un parterre di una settantina di content creator, soprattutto micro influencer (ma anche nano e qualche macro), tra cui si sono avvicendati Sarah Joyce (alias @Joysonfire su Instagram), Ruben Bondi (@cucinaconruben) o Stella Menna (@unastellaincucina) con la collaborazione di vari nutrizionisti e dietisti. Tutti con spiccato orientamento vegan food. D’altronde lo dice il nome stesso: vai a cercare sul vocabolario la parola kioene pensando che sia di origine greca e invece scopri che ha radici nelle antiche culture orientali, il “Ki” è il nome dell’energia interiore del singolo individuo, la “O” rappresenta il cerchio simbolo di armonia universale, “Ene” è l’energia del pianeta che racchiude anche quella di tutti i suoi abitanti.
I numeri
Lasciato alle spalle il complesso periodo 2020/2022, a causa del Covid e dell’inflazione, la chiusura di bilancio 2024 è a 67 milioni di euro rispetto ai 53 milioni dell’anno precedente, con un incremento del 28%. Stesse virtuose percentuali d’incidenza per gli investimenti in comunicazione e marketing che nel 2025 prevede una capacità di spesa in crescita del 28%. Nel 2024 - fonte AQX Nielsen - lo spending crossmediale è stato 1.996 (000€) +48% vs 2023. “Il nostro è un target evoluto e più che altro metropolitano, che ha un concetto di benessere olistico”, spiega Cristian Modolo, Direttore marketing di Kioene.
Un po’ di storia
Pionieri nella categoria delle proteine vegetali, un po’ ambasciatori e un po’ capitani d’industria di un filone merceologico che oggi veleggia con il favore dell’aumentata consapevolezza ma che un tempo negli anni Ottanta del secolo scorso, non era affatto scontato. Promotori della diffusione di una dieta mediterranea, veg o green, come la si vuol chiamare, in anni in cui cominciava a farsi largo la cultura delle medicine alternative, la pranoterapia e la cultura orientale. Al 1985 risale la prima struttura commerciale del nuovo approccio Kioene, ma l’azienda ha più di 130 anni di storia. Tanto che la famiglia padovana proprietaria della società, oggi, è arrivata alla quinta generazione. Macellatori della carne, in origine, la famiglia Tonazzo. La svolta arriva proprio a metà degli anni Ottanta. Storia (poi divenuta leggenda) racconta che Albino Tonazzo, durante un viaggio d’affari, in Brasile, per cercare nuovi business, visita una fazenda dove una lunga fila di camion sta portando foraggio per gli animali. Anima curiosa quell’Albino Tonazzo che comincia a chiedere e a informarsi sugli allevamenti intensivi. Scopre così che ci vogliono 12 proteine vegetali per alimentarne una di animale. Uno sbilanciamento troppo evidente. “Qualcosa non torna nell’equilibrio della natura”, comincia a pensare Albino. Da lì alla folgorazione sulla via di Damasco il passo è breve. Così, oggi l’azienda è inconfutabile punto di riferimento del settore green e vegano.