Autore: Redazione
29/11/2018

Kellogg’s punta i piedi sugli influencer e abbandona i compensi basati sulla reach

Spaventata dall’engagement falsificato o acquistato e dalla scarsa capacità delle agenzie a supporto di questo tipo di marketing, la company sta studiando nuove modalità per scegliere le personalità più adatte ai suoi obiettivi. Una di queste è la visual-recognition

Kellogg’s punta i piedi sugli influencer e abbandona i compensi basati sulla reach

I recenti discorsi sulla genuinità dell’engagement raccolto dagli influencer, sollevato, ad esempio, in Italia da Rolling Stones con il “caso Ferragni”, hanno insinuato il dubbio in alcuni brand, tra cui Kellogg’s. La società ha deciso di smettere di decretare il pagamento di un influencer attraverso la metrica della reach, ma di scavare più a fondo nei dati di audience di queste personalità social al fine di scoprire le performance dei post prodotti prima che essi abbiano ricevuto investimenti pubblicitari. Questi dati, rivela Joseph Harper, social media lead di Kellogg’s in UK e Irlanda, comprendono tone of voice, stile con cui sono stati sviluppati i contenuti e demografiche dei follower. Dettagli che stanno diventando parametri fondamentali per la scelta degli influenti all’interno di Kellogg’s. Agenzie poco affidabili Anche le agenzie a cui l’azienda ha affidato il compito di tenere le relazioni con gli influencer hanno avuto esperienze fraudolente, ha dichiarato Harper, che ha fatto pressione sulle stesse strutture per ottenere dati, metriche e report dai creator. “Un’agenzia con cui abbiamo lavorato ha detto che la campagna è stata un successo perché ha generato grandi quantità di commenti, ma quando siamo andati a fondo nello studio del report abbiamo capito che l’influencer assunto per il lavoro è solamente andato su WhatsApp e ha chiesto nei gruppi di influencer di produrre commenti”, ha affermato ancora Harper. “Alcune agenzie tra quelle che ci hanno aiutato a gestire le personalità social hanno avuto una curva di crescita molto veloce, e non hanno fatto molta pratica nella gestione dei grossi clienti. Abbiamo dovuto dunque applicare forti pressioni su di loro”. Dopo l’analisi di un altro report, il manager ha scoperto che il 70% dei 20.000 follower che gli influencer dichiaravano non erano nemmeno cittadini britannici. E dunque erano fuori dal target richiesto. Questo non vuole essere un chiaro esempio di frode, ma dimostra quanto gli advertiser siano stati esposti al pagamento per una reach diversa da quella richiesta. Il cambio di paradigma “Non compriamo più ads sui social media basandoci sulla reach, perché questo è un parametro facilmente falsificabile. Siamo cercando invece di considerare solamente parametri di vanity e di tenere conto del sentiment dei post, oltre che dei diversi tipi di conversazione attorno ad essi”. La company sta concentrando il suo focus sulla ricerca di influencer che siano utilizzatori genuini del brand e dei suoi prodotti. Per farlo, la società sta lavorando con agenzie che propongono una tecnologia creata appositamente per trovare questo tipo di personalità. I piani per l’anno prossimo prevedono l’utilizzo dell’image recognition per trovare tra i post già pubblicati quelli che contengono prodotti del brand. Ma queste prospettive sono ancora in fase di sviluppo, e ad oggi gli influencer stanno avendo dei problemi a produrre contenuti che siano congruenti con le linee guida stipulate dal brand. Ma l’influencer marketing, se fatto bene ha un ottimo bilancio tra costi e ricavi, grazie ad una produzione molto meno costosa di quella richiesta da un’agenzia per lo sviluppo di un’inserzione. Specialmente su formati sofisticati come Instagram Stories. Tutto sta nel trovare quelli giusti.