Tutte le sfumature dell’adv: dal real time all’AI, i percorsi di Quantcast
La società tecnologica americana fa il punto della situazione sul mercato globale, con uno sguardo alla situazione italiana, tra scelte innovative, nuove consapevolezze tecnolgiche e il dilemma cookieless. Le parole di Amit Kotecha, chief marketing officer del gruppo
Amit Kotecha
Tra entusiasmi e smarrimenti, il pianeta cangiante e sempre più multiforme dell’advertising attende, ormai giorno per giorno, la nuova soluzione che potrebbe, chissà, aprire risvolti mai considerati o magari rivoluzionare totalmente il mercato. Il tema però rimane delicato e la politica dei piccoli passi sta defininendo un’intera stagione, in barba alla costante produzione di innovazioni che, nelk breve volgere di un lustro, hanno trasportato non solo il mrecato, ma l’intera esistenza su territory che parevano, fino a poco tempo fa, imparentati con la fiction. Quantcast, società tecnologica americana, prosegue senza remore il proprio percorso, viaggia tramite i suoi addetti nel mondo e racconta di un’attualità che guarda con costanza il futuro, come ci racconta Amit Kotecha, chief marketing officer del Gruppo.
Con il lancio di Quantcast Measure nel 2006 siete stati l’azienda che per prima ha offerto uno strumento di misurazione dell’audience a livello globale attraverso il machine learning: come funziona e quanto è diventato basilare per le aziende?
«Quantcast Measure ha rappresentato un’innovazione pionieristica per la misurazione dell’audience perché operava senza affidarsi ai panel. Le soluzioni tradizionali, all’epoca, dipendevano, infatti, proprio dai panel per valutare il comportamento delle audience: si monitorava uno specifico gruppo di individui di varie fasce demografiche, se ne analizzava l’attività online e i dati venivano utilizzati per le deduzioni sulla popolazione più ampia. Un approccio aggregato che comportava spesso numerose supposizioni e generava dati che diventavano rapidamente obsoleti. Grazie a Quantcast Measure, invece, la misurazione si basava finalmente sul comportamento in tempo reale dell’utente. Un metodo che, allora come oggi, consente agli insight di Quantcast di evolvere insieme al cliente finale, così da fornire ai marketer informazioni sempre più tempestive e rilevanti; da qui il successo della soluzione che oggi viene utilizzata da oltre 100 milioni di siti al mondo per ottenere informazioni di valore dettagliate sulle proprie audience ai fini di ricerca e pianificazione strategica. Tale conoscenza permette agli editori di segmentarle, comprenderle e venderle direttamente a inserzionisti e agenzie».
Gli advertiser devono comprendere e anticipare il pubblico: come si muove Quantcast in questo senso?
«Considerando che ogni individuo ha un comportamento unico, per noi è essenziale poterne individuare le varie sfumature. Le persone tendono a ricordare inserzioni che le colpiscono e a ignorare quelle che non hanno sortito alcun effetto. Sfortunatamente, molta della pubblicità odierna finisce nella categoria degli annunci ritenuti irrilevanti. È un problema che deriva dalla forte dipendenza dai cookie e dai dati di terze parti che negli ultimi vent’anni ha caratterizzato la raccolta di insight e la targhettizzazione da parte del nostro settore. I dati, infatti, sono spesso aggregati e raramente aggiornati. Consideriamo l’esempio di un brand automotive intenzionato a targhettizzare acquirenti di SUV in-market: se utilizzasse dati di terze parti probabilmente raggiungerebbe la stessa audience identificata dai competitor o, addirittura, potrebbe rischiare di mostrare l’inserzione a chi ha già acquistato il veicolo, penalizzando sia l’advertiser che il consumatore. Quantcast mira a trovare nuove audience ed esporle all’annuncio pubblicitario nel momento più adatto, non utilizzando dati di terze parti o esclusivamente cookie di terzi, ma avvalendosi del dataset proprietario e di tecniche di machine learning in grado di assicurare ai clienti risultati di alto livello».
Quali sono i veri benefici che gli advertiser ottengono dall’integrare l’utilizzo di IA tra i loro marketing tools?
«I vantaggi dell’integrazione dell’intelligenza artificiale sono estremamente significativi. Basti pensare, innanzitutto, alle sue capacità di elaborazione di notevoli volumi di dati: un compito che, considerata la mole di informazioni, supera le possibilità umane e diventa fondamentale per il raggiungimento di insight preziosi per le campagne. L’AI trasforma i dati in strategie azionabili, ottimizza il targeting, personalizza gli annunci e prevede persino il comportamento dei consumatori. Un altro beneficio chiave riguarda l’efficientamento, un aspetto che favorisce in particolare i team più piccolo, grazie all’automazione delle attività che richiedono più tempo, come i test A/B, la gestione dei bias e la segmentazione del pubblico, l’intelligenza artificiale consente ai professionisti di concentrarsi sulle decisioni strategiche e creative. In poche parole, l’IA permette di ottenere di più con meno risorse e meno sforzi».
L’utilizzo dei vari language models quali novità porterà? Come vedete il futuro della pubblicità?
«Negli ultimi anni i large language model hanno trasformato il mondo del marketing, soprattutto favorendo velocità e creatività nella fase di generazione delle idee. È importante, però, riconoscere che il loro vero potenziale dipende, in ultima analisi, dalle competenze umane. Per sfruttare al meglio gli strumenti, è necessario inserirli nel workflow e creare i giusti prompt, solo così si riescono a conseguire risultati significativi e specifici, piuttosto che risposte generiche. Sebbene i LLM siano straordinariamente efficienti, è, quindi, il marketer dietro la tastiera il responsabile dell’autenticità».
L’uomo e la macchina eccellono in perfetta armonia, ci può raccontare di più?
«Quantcast sfrutta l’unione tra la potenza del machine learning e l’intuizione umana per ottimizzare la pubblicità e ottenere performance più elevate. IA e machine learning sono i pilastri fondanti dell’azienda fin dalla sua nascita, oltre 15 anni fa, e al centro di continue ottimizzazioni ed evoluzioni volte al perfezionamento dei nostri modelli per lo sviluppo e la prosperità del digital advertising. Grazie al know-how e all’esperienza acquisiti e maturati negli anni, oggi riusciamo a garantire una collaborazione di successo tra marketer e macchine caratterizzata da efficienza e risultati realmente significative; un traguardo di cui siamo molto fieri che certifica ulteriormente la nostra convinzione di un possibile e vincente equilibrio tra le capacità della tecnologia e la creatività della mente umana. Con l’acquisizione e l’analisi rapida di dati da oltre 100 milioni di destinazioni online, riusciamo a mettere a disposizione degli advertiser gli strumenti giusti per dedicarsi, con il sostegno di dati azionabili, alle decisioni strategiche».
Saving time, ossia crescita esponenziale di guadagni, un concetto molto attraente per i vostri clienti, come lo presentate?
«Impegnandoci a ottimizzare ogni aspetto possibile della nostra DSP, Quantcast Advertising Platform. Applicando machine learning e intelligenza artificiale a quanti più aspetti possibili della piattaforma, riduciamo in modo significativo il tempo che i marketer dedicano alla gestione delle campagne, anche fino a dimezzarlo, pur ottenendo un impressionante aumento del 44% delle conversioni dei clienti. A differenza degli esseri umani, infatti, che semplicemente non possiedono le abilità per operare su così larga scala, l’IA è estremamente performante nell’ottimizzazione continua».
Cosa si intende con il concetto ‘internet democratized content distribution’?
«Tradizionalmente la distribuzione di contenuti, news, musica, video o altro, è sempre stata in mano a poche grandi organizzazioni, come reti televisive, editori, etichette discografiche: entità che, come guardiani, detenevano il potere di determinare quali contenuti avrebbero raggiunto il pubblico. Con l’avvento di internet la dinamica è profondamente cambiata: la condivisione di contenuti online, e quindi a un ampio pubblico, è diventata una possibilità alla portata di tutti e il web si è nel frattempo trasformato nella principale fonte di notizie, comunicazione, intrattenimento e molto altro per oltre cinque miliardi di persone. Il peccato originale del web, però, è stato quello di alimentare negli utenti la convinzione della sua gratuità. I contenuti di alta qualità, in realtà, sono frutto di duro lavoro e spesso dedizione genuina, ma a volte anche sangue, sudore e lacrime, di creator, giornalisti, storyteller. E il modello economico che li sostiene si basa sull’advertising e la tecnologia pubblicitaria è la spina dorsale della sostenibilità finanziaria di quasi tutti i siti a cui ci affidiamo ogni giorno».
Capitolo cookieless: le ultime notizie dal vostro punto di vista?
«La deprecazione dei cookie è inevitabile, anche se il “come” accadrà potrebbe essere diverso da quello che ci si aspettava qualche mese fa. La notizia del dietrofront di Google (che non sorprende, visto il continuo dibattito con le autorità di regolamentazione) ha rappresentato sicuramente un motivo di sollievo per molte aziende anche se quello della misurazione resta un tema ampiamente dibattuto all’interno dell’industry. Il nostro punto di vista è comunque sempre stato diverso: l’approccio che abbiamo deciso di adottare consiste, infatti, nell’analisi delle conversioni e nella creazione di modelli basati sul tipo di consumatori che convertono. Integrando la soluzione di misurazione nella nostra piattaforma, possiamo raggiungere le audience ovunque, indipendentemente dal fatto che usino o meno i cookie».
Come va il business di Quantcast nel nostro Paese e come vi muovete sul mercato italiano?
«L’attività di Quantcast in Italia continua a registrare una crescita costante, trainata dalla richiesta da parte del mercato di soluzioni sempre più innovative e dalla nostra capacità di rispondere all’esigenza con puntualità ed eccellenza. Un valido esempio è il successo nella nostra soluzione per connected tv che, in linea con il nostro approccio omnicanale, consente alle aziende italiane di raggiungere l’audience su ogni schermo, dal più grande al più piccolo. Un altro impatto positivo sul business in Italia deriva dalla recente scelta di eliminare ogni barriera di accesso alla nostra DSP, per rendere così disponibili le tecnologie di Quantcast a inserzionisti e agenzie di ogni dimensione, tra cui anche marketer e realtà indipendenti intenzionate a potenziare le campagne online. Ci stiamo, infine, concentrando sempre più sull’approccio full-funnel, focalizzandoci anche sulle attività branding per raggiungere il consumatore indipendentemente dallo stadio del funnel in cui si trova, il che ci permette, parallelamente, di ampliare e differenziare le categorie merceologiche a cui ci rivolgiamo».