Autore: Silvia Antonini
01/07/2024

To Changing Art: come rendere possibile la transizione digitale nell’arte

Incontro con Roberto Ongaro, fondatore e Direttore di una realtà che si propone come galleria, punto di incontro e marketplace e, soprattutto, come hub culturale che vuole creare nuove modalità di comunicazione

To Changing Art: come rendere possibile la transizione digitale nell’arte

Roberto Ongaro

Qual è il vostro rapporto con l’arte? 

Diciamo che nel mondo artistico, in particolare quello delle arti figurative, viene catalogato come un settore per pochi eletti. O meglio, veniva, fino a un po’ di tempo fa: ora il legame con ambiti se vogliamo più prosaici sta diventano sempre più frequente. Noi qui parliamo di comunicazione: per esempio, grazie alla tecnologia e agli NFT, i prodotti artistici diventano uno strumento di marketing. Ma se ci rivolgiamo al mondo della musica, quest’ultima sta diventando un vero e proprio mezzo di comunicazione, ricercato dagli investitori pubblicitari, per la sua capacità di unire pubblici molto ampi e motivati.

Ne parliamo con Roberto Ongaro (ospite di DailyOnAir - The Sound Of Adv), fondatore e direttore di To Changing Art, una realtà che si occupa di arte: una galleria, sicuramente, ma anche punto di incontro e marketplace e, soprattutto, un hub culturale che vuole creare nuove modalità per comunicare l’arte, cercando appunto di superarne l’aspetto elitario. Ongaro ha una esperienza lavorativa che nel 1981 inizia presso la SPER (concessionaria allora del Gruppo L’Espresso/Repubblica) dove è stato direttore programmi e iniziative speciali. E adesso è anche organizzatore e produttore di Eolie Music Fest (a Salina, Panarea e Lipari dal 4 al 7 luglio), evento giunto alla seconda edizione e che raccoglie numerosi partner e sponsor.

Cominciamo proprio dalla fine e parliamo di Eolie Music Fest, al quale hanno aderito aziende di primaria importanza; come nasce questo passaggio dall’arte figurativa alla musica, e come sta crescendo il settore musicale come mezzo di comunicazione?

«Ho preso in mano la produzione dell’Eolie Music Fest quest’anno, l’anno scorso sono stato coinvolto l’anno scorso da Samuel (il frontman dei Subsonica, ndr) e da chi si occupava della parte commerciale. Come brand, To Changing Art nasce poco prima della pandemia, però il percorso del legame tra arti diverse io lo pratico dagli anni ‘80. Produciamo performance e opere globali totalmente incentrate sulla logica della ‘combine art’, che mettono assieme forme di espressione diversa. Quello della musica è un ‘gioco’ molto divertente. Premetto che nasco dalla radio e quindi dalla musica, che però nel mondo arte viene vissuta come elemento di natura secondaria; io invece credo che la musica sia una componente fondamentale, soprattutto della ‘combine art’, e quella che permette il flusso e l’impatto di comunicazione più diretto, semplice e importante. Le aziende si stanno avvicinando sempre di più, perché hanno capito che è uno strumento funzionale al comunicare, veicola emotività, messaggi, contenuti. Da mio punto di vista, la musica è un elemento cardine, discriminante: e io credo che nel futuro avrà sempre un trend un crescita, che non vuol dire solo partecipare alle grandi manifestazioni con stand o interazioni, ma utilizzarla come leva di marketing e comunicazione».

A proposito di comunicazione, attraverso la piattaforma Mooore avete realizzato un progetto dedicato alla GenZ all’interno del festival. Di cosa si tratta?

«Mooore è una piattaforma in lancio, che si sta avvicinando al mercato. È un software custom che assembla tre codici completamente diversi: marketplace, mag, e una sorta di agorà per far incontrare offerta e richiesta, dedicata completamente alla GenZ e tratta il lifestyle. Siamo partiti con l’abbigliamento ma in realtà la musica è il cardine di questa piattaforma, e in quest’ottica abbiamo iniziato una collaborazione con i con i ragazzi di SchoolVision, una associazione nata a Torino che ha creato una disputa online tra licei torinesi che poi si conclude con una finale nei palazzetti e trova un’adesione molto alta. Ora sono sbarcati a Genova, Milano e Firenze, e dall’anno prossimo li aiuteremo ad ampliare il loro raggio d’azione sul territorio. Poiché il codice della musica all’interno di questa generazione è un linguaggio trasversale che li aiuta a dialogare tra di loro e con il mondo, abbiamo cavalcato il contest, i cui vincitori andranno al festival e si esibiranno on the road. Ma abbiamo fatto di più: nell’attesa del festival abbiamo lanciato un contest totalmente elettronico, diretto da Samuel: il vincitore del progetto realizzerà un EP prodotto da noi e sarà ospite sul palco dell’Eolie Music Test. Si può dire, quindi, che Moore è la piattaforma che porta sul palco dell’Eolie Music Festival la Generazione Zeta musicale».

Ma la piattaforma ha anche un obiettivo di marketing?

«Si stanno aprendo i primi rapporti, come ho detto siamo in fase di lancio, ci sono marche che si stanno affacciando. Questa è una piattaforma che vivrà di marketplace, sponsorship ed eventi e quindi le aziende entrano ed entreranno rivolgendosi direttamente alla community, e dialogheranno con loro. Abbiamo trattative aperte importanti nell’area del beverage, dell’hi-fi; c’è molto interesse da parte delle aziende»


Torniamo a To Changing Arts: si può parlare di arte come mezzo di comunicazione di massa? Cosa intendete per transizione digitale dell’arte?

«Non intendiamo tanto NFT o elementi di questo tipo, che sono sicuramente strumenti interessanti utilizzati anche dal mondo della comunicazione. To Changing Art significa che l’arte è strumento di cambiamento, nel mondo del comunicare è quel prodotto che traccia il solco dove tutti gli altri si inseriscono. Da molto tempo l’arte non è più strumento per pochi, ma deve esserle per molti, aprire le porte a una fruizione più ampia possibile. La logica di farla interagire con il mondo digitale è quella di rendere all’interno nell’architettura di un progetto artistico di rendere la parte digitale una componente strutturale. Non è lavorare sull’elaborazione elettronica dell’immagine, ma rendere la parte digitale una componente della vita dell’opera, una sua parte integrante. La transizione digitale nell’arte è una compenetrazione dei due mondi, che attualmente ancora non si vede spesso».

Quali sono i vostri obiettivi per il 2024?

«Noi abbiamo una doppia anima, una è To Changing Art dedicata alla produzione di format proprietari, tra cui l’Eolie Music Fest con il quale abbiamo importato la parte artistica all’interno di un festival che è un prodotto di nicchia, con un’esplosione di artisticità nel mondo della musica. La cosa affascinante di questo festival è porta gli artisti fuori dal loro ambiente naturale; per esempio, i concerti si svolgono sull’acqua e si fruiscono dall’acqua, infatti il pubblico arriva attraverso le imbarcazioni. La decontestualizzazione apre la mente dell’artista e lo fa performare in modo diverso, in una maniera molto calda ed empatica. Siamo riusciti a portare a bordo quest’anno, con un lavoro iniziato lo scorso settembre, oltre 20 aziende, come, tra gli altri, Bolton, Armani, Swatch, Pernod Ricard, che si sono ritagliati degli spazi sono tanto di sponsorizzazione quanto di appropriazione culturale. Per esempio Swatch sarà presente con una propria barca che porta tre artisti dell’Art Peace Hotel di Shangai, l’hub artistico da loro finanziato e sostenuto, che realizzeranno performance in sinergia con i musicisti. Tutti i brand partecipano con una grande attenzione all’interazione del lessico. Questo è il nostro obiettivo: vogliamo cercare di mettere a disposizione le leve dell’arte in un linguaggio fruibile da chiunque, mettendole dentro il mondo della comunicazione di massa».